Alternative mai esaminate
Le linee guida nazionali per la VIncA, la valutazione di incidenza ambientale, richiedono che, in caso di parere negativo, si proceda alla verifica dell’assenza di opzioni progettuali in grado di ridurre gli impatti sui siti Natura 2000. Per la Corte questo passaggio non risulta eseguito. Il Collegio ricorda che la valutazione delle alternative è un prerequisito essenziale e che i criteri sostanziali imposti dalla direttiva Habitat «non risultano soddisfatti». Né il parere Via né la relazione Iropi dimostrano che siano state esaminate configurazioni differenti dal ponte a campata unica. La Direzione generale Environment, nella nota del 15 settembre, chiedeva chiarimenti su impatti, alternative e misure compensative. La risposta del Mase, arrivata il 15 ottobre, riproduceva i pareri Via 2024 e 2025 «non aggiungendo alcuna ulteriore informazione».
La violazione della direttiva appalti
Il secondo blocco di rilievi è dedicato alla direttiva Appalti 2014/24/Ue, quella cioé che pone una soglia di tolleranza fino a una maggiorazione del 50% dei costi iniziali oltre la quale occorre ripetere la gara. Il Cipess approva un Piano economico-finanziario che include i corrispettivi aggiornati per il Contraente generale, il Project management consultant e il Monitore ambientale. Contratti del 2006, caducati nel 2012 e rimessi in vita dal decreto 35/2023. La Corte rileva che la delibera «non svolge alcuna considerazione in ordine alla procedura di aggiornamento dei costi, con particolare riguardo al compiuto rispetto dei presupposti» dell’articolo 72 della direttiva. Le modifiche introdotte sono considerate sostanziali: il modello di finanziamento è cambiato, dal project financing del 2003 alla copertura integrale con risorse pubbliche; l’aggiornamento dei corrispettivi non è accompagnato da un’istruttoria tecnica dettagliata; la documentazione della Stretto di Messina contiene mere attestazioni di conformità «in assenza di dati finanziari di riferimento». Per la Corte, una trasformazione di questa portata avrebbe potuto «attrarre nuovi operatori» e imponeva una procedura competitiva.
Il nodo Art
Il terzo tema riguarda il ruolo degli organi consultivi e regolatori. È qui che si innesta la questione dell’Autorità di regolazione dei trasporti. Il Cipess, nell’approvare il Pef, «esclude, espressamente, la necessità di acquisire il parere dell’Autorità di regolazione dei trasporti» sul sistema tariffario e sulla classificazione della rete, sostenendo che la Stretto di Messina «gestirà in regime di concessione ex lege tratti di rete classificati come strada extraurbana di categoria B». Una scelta che la Corte giudica non supportata da istruttoria. La mancata acquisizione del parere Art incide sulla solidità del Pef, costruito anche sulla base di uno «studio redatto da una società privata» individuata dalla concessionaria. E si aggiunge alla mancata preventiva acquisizione del parere del Nars, rilevata già in istruttoria. Per il Collegio, ulteriori valutazioni tecniche avrebbero «rafforzato i contenuti» del parere del Comitato scientifico.
I buchi dell’istruttoria
Infine la Corte punta il faro sulla qualità complessiva dell’istruttoria. La documentazione trasmessa dal Dipe è stata giudicata disorganica: l’Ufficio ha riscontrato «l’assenza di taluni atti oggetto di controllo» e la presenza di più versioni dei documenti, «consultabili mediante un collegamento telematico» fornito da SdM. Sono state necessarie verifiche per accertare la «integrità, affidabilità, leggibilità» degli atti stessi. Sul decreto Mit-Mef del 1° agosto, presupposto essenziale perché la delibera producesse effetti, la Corte segnala che «alla data dell’adunanza, non risulta ancora completato il procedimento di controllo preventivo». Un passaggio che sarà chiarito a metà dicembre, con il deposito delle altre osservazioni, quelle sulla concessione tra il ministero e la Stretto di Messina, anche questa respinta.
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