Nel suo nuovo album, Nuje, Gigi D’Alessio mette al centro ciò che per lui conta davvero: la realtà, ma non quella filtrata dai social. Il disco, in uscita il 28 novembre (e dal 19 dicembre anche in vinile), nasce da una riflessione: «Contiene storie di amori vissuti e amori tormentati, di amore per la vita e amore per se stessi». E da qui parte una critica ai tempi in cui viviamo: «Viviamo in un’epoca in cui siamo proiettati verso il materialismo, la gente vuol dimostrare cose non vere, fa vedere che sta alle Maldive, quando invece si trova a Riccione. Perché? Perché ci siamo fatti usare dai social, anziché essere noi a usarli. La soglia massima dell’attenzione è di 10 secondi, stiamo tutti lì a scrollare e quindi vediamo una vita fake, non più la real life. Invece Nuje è la vita reale».

In un mondo in cui tutto sembra esagerato o costruito, Gigi D’Alessio sente forte la responsabilità del proprio mestiere: «Siamo degli amplificatori e abbiamo l’obbligo di raccontare quanta più vita reale possibile». Una responsabilità che, secondo lui, riguarda soprattutto le nuove generazioni: «Spesso nelle canzoni sento esternare cose brutte, dire: “Mio padre mi picchiava, non avevamo la luce”, quando invece era tutta gente perbene. Si parla di violenza, soldi, macchine, fucili… Ma credo che proprio questi ragazzi, forse più di noi, abbiano l’obbligo di trasferire i veri valori della vita, perché un ragazzino, a 10 o 12 anni, ha il mito di quel tipo di supereroe, che è tutto tranne che un supereroe. Credo che siamo abbastanza stufi di sentire raccontare ‘ste cose violente nelle canzoni e mi piacerebbe che si ascoltassero più canzoni sui valori che sulla violenza».

Una posizione che non riguarda solo la musica: «Diranno “Gigi sei vecchio”, ma no, nessuno è vecchio. Si tratta di dove vogliamo andare. Secondo me molti di questi racconti sono fake perché è diventata una moda. Ma musica e valori non sono una moda. Vediamo tanta violenza in giro e a me fa paura, il branco che colpisce un ragazzino, i selfie dopo aver commesso cose inaudite. Credo che l’unica lama che entra dentro ma non ferisce sia la musica».

Il dialogo con i giovani artisti lo incuriosisce e lo stimola: «Ho voluto capire, studiare, molti usano l’autotune come semplice effetto, ma altri ne hanno proprio l’esigenza per questioni di intonazione. Permette di non fare sforzi, ma non è che dobbiamo demonizzare quelli che vogliono usarlo, è un effetto, va bene, lo usano in tutto il mondo. Ho provato pure io a usarlo, ma a me non s’attaccava proprio. Però siamo noi che ci dobbiamo adattare ai tempi, nei nostri figli l’autotune è già incorporato».

E quando si parla di artisti emergenti, Gigi D’Alessio chiede ai ragazzi di «capire anche la musica, non solo il computer», di non rinunciare allo studio, così da essere in grado «di cantare sia con l’autotune sia senza».

Questa è una fase della sua vita in cui l’artista, che ha sei figli e quattro nipoti, si sente sereno e grato: «Non rimpiango nulla di quel che ho fatto, sono felice, circondato dall’amore dei miei figli, da una donna che mi ama e che io amo (l’attuale compagna Denise Esposito, ndr), da tanto affetto. Sono orgoglioso di tutto e nessuno mi ha mai regalato nulla. Per noi napoletani una volta la dogana non era a Chiasso, ma a Caianello. Oggi vedere la lingua napoletana così evoluta e suonata da radio e tv è motivo di grande soddisfazione».