VENEZIA – Due settimane fa Vittorio Sgarbi aveva rivelato a Mara Venier, nel salotto di “Domenica In”, le sue future nozze con Sabrina Colle nella chiesa della Madonna dell’Orto: «Mi sposo a Venezia, perché ci ho vissuto una parte importante della mia vita. È un ritorno in un luogo della memoria e dell’esistenza felice».

Preoccupati per il periodo di difficoltà che sta attraversando, gli amici hanno sorriso al pensiero che il critico d’arte sia in ripresa al punto da aver superato la presunta «allergia al matrimonio», citata tre decenni fa dalla sua difesa nel processo celebrato a San Cassiano per truffa aggravata e continuata nonché falso ai danni dello Stato, poi culminato nella condanna definitiva a 6 mesi e 10 giorni di reclusione più 700mila lire di multa. Una vecchia storia che ora torna improvvisamente d’attualità: venerdì la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso dalla Corte d’appello di Ancona nei confronti della Camera dei deputati, in relazione a un’annosa controversia tra il critico d’arte e un ex consigliere provinciale del Trentino, riguardante anche quell’accusa di finte malattie rimediata ai tempi del suo incarico alla Soprintendenza lagunare.