di
Francesco Battistini
Le accuse di corruzione ai dirigenti più vicini, i licenziamenti, i sondaggi: il leader di Kiev è sotto schiaffo. Riuscirà a svoltare e a uscirne più forte?
DAL NOSTRO INVIATO
KIEV – Non si seppellisce così un presidente? Abbassate le voci e le bandiere, mettete dei fiori nei vostri rancori: a mezzogiorno sulla Maidan, in un corteo di van coi lampeggianti blu, sfila il feretro d’un soldato caduto nel Donetsk. I passanti s’inginocchiano. Il traffico s’ammutolisce e si ferma. I baristi abbassano le musiche e tutti s’alzano dai tavoli. Tace anche il gruppo di donne che ogni sabato mattina grida e chiede dove siano spariti figli e mariti andati al fronte e mai più tornati. La commedia politica lascia spazio alla tragedia vera, per qualche minuto. «Non ci dite niente!», c’è scritto a pennarello su un cartello gialloblù. «Siamo al buio, Zelensky! Accendi qualche luce!». I riflettori del palco restano accesi, sul commediante che si fece presidente. E le colpe del figlioccio non ricadono sul padre della patria.
Ma che Zelensky avremo, si chiede la Cnn poco dopo le dimissioni di Yermak: più forte o più debole, più lucido o più confuso? Basteranno le Mani Pulite di Kiev ad affrontare le sfide, che restano lì dove sono?
Per andare a Washington, Zelensky ha affidato la delegazione a Rustem Umerov. Lo definiscono «il volto pulito», perché già fu chiamato alla Difesa per rimpiazzare il chiacchierato ministro Oleksii Reznikov, ma in realtà è «una decisione sconcertante», scrive il Kyiv Post: la famiglia Umerov, tanto per dire, possiede 8 proprietà di lusso negli Usa e tutte sconosciute al fisco.
Ed era anche a Umerov che Zelensky pensava, quando provò a far passare una legge che limitasse i poteri d’indagine sui suoi collaboratori. Serviva forse una scelta di rottura, è la critica, mentre la rabbia è alle stelle per le mazzette energetiche e la Russia bombarda proprio la rete elettrica. Solo venerdì notte, mentre la casa di Yermak veniva sigillata dall’anticorruzione, circa 600mila ucraini rimanevano al freddo e al gelo per i blackout.
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Esiste un piano riservato per misurare la «quantità di guerra» ancora tollerabile, nel tessuto sociale ucraino, prima che il malcontento e la stanchezza travolgano tutto. Quel livello, parametrato su valori economici e di stress della popolazione, si sta pericolosamente avvicinando, e Zelensky ne è consapevole. Sul terreno, la nebbia è la nemica principale di questi giorni: sta ostacolando la difesa di Pokrovsk, nel Donetsk, e gli aerei faticano a centrare le postazioni nemiche. Il problema ora è che i russi, quando conquistano una cittadina, non occupano più scuole o municipi — trasformandoli in caserme e rischiando di diventare facili obbiettivi —, ma si sparpagliano nelle case abbandonate, nei magazzini, nelle fattorie, spesso mischiandosi ai civili ucraini: individuarli e colpirli, è sempre più complicato.
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Subito dopo il licenziamento di Yermak, Zelensky ha convocato il ministro della Difesa, Denys Shmyhal, e ha deciso di ripartire da qui: cambierà strategia militare, per adattarsi alla nuova realtà sul terreno. «Occorre proteggere meglio le centrali elettriche», dice. E dare più droni (appena acquistati in Gran Bretagna) e più soldi alle brigate combattenti, per calmare il malcontento di truppe stremate, dopo mesi senza licenze, e furiose per le ruberie dei vertici.
«I prossimi giorni — promette Zelensky — definiamo i passi per porre fine alla guerra». Il leader ucraino va domani da Emmanuel Macron, ed è la prima volta senza Yermak. Un’assenza che l’indebolisce, ora che Donald Trump avrebbe pronto un documento sul riconoscimento americano della Crimea e degli altri territori occupati dai russi. Anche gli altri scambi Russia-Usa che scavalcheranno Kiev — sulle terre rare, sul gas, sullo spazio, sugli investimenti americani in Russia, li elenca il Wall Street Journal — impongono scelte più radicali: «Perché puntare su Umerov e non sui nostri diplomatici?», si chiede la stampa ucraina, ricordando che «far negoziare un amico e socio d’affari, da parte di Zelensky, significa imitare Trump che s’affida al compagno di golf Steve Witkoff». Ancora non c’è un nome vero, a riempire la casella di Yermak, ma il presidente ucraino non potrà aspettare troppo a lungo.
L’operazione pulizia può ridare smalto a Zelensky. E qualcuno è ottimista. «Chiamiamolo col suo nome», dice la direttrice del Kyiv Independent, Olga Rudenko: «Questo cambiamento è una buona notizia. Pensateci: una giovane democrazia come l’Ucraina ha istituzioni indipendenti abbastanza forti da indagare sull’uomo più potente del Paese. E si permette di farlo durante la guerra. L’Ucraina non è soltanto un posto sulla mappa, ma un luogo che vive secondo determinati valori e lotta per essi. Oggi li vediamo, questi valori».
30 novembre 2025 ( modifica il 30 novembre 2025 | 09:15)
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