di
Sara Bettoni
Il 1° dicembre è la Giornata della lotta all’Aids. L’appello ai test e alla prevenzione. «Con i farmaci chi è sieropositivo può condurre una vita normale. Ma scoprire tardi il contagio rende più difficile gestire l’infezione»
Il dato più preoccupante riguarda le diagnosi tardive. Il 60% dei 449 nuovi casi lombardi di Hiv dell’ultimo anno è stato scoperto tardi. Con un doppio svantaggio: il paziente farà più fatica a tenere a bada le conseguenze dell’infezione e negli anni di sieropositività «nascosta» ha contribuito alla circolazione del virus.
A fare il quadro dell’epidemia è l’Istitituto superiore di sanità con il Centro operativo Aids in occasione del 1° dicembre, Giornata mondiale della lotta alla malattia simbolo degli anni ‘80 ma che ancora oggi circola soprattutto nella provincia di Milano, che con Firenze e Roma registra la più alta incidenza. Il virus dell’immunodeficienza umana (Hiv), ricordiamo, si trasmette tramite rapporti sessuali non protetti o sangue infetto. Indebolisce l’organismo e il sistema immunitario fino a renderli vulnerabili ad altri virus, batteri e funghi, quindi ad altre malattie. Si parla di Aids quando le difese sono ormai bassissime e la patologia conclamata.
In quasi mezzo secolo di storia dell’epidemia molto è cambiato. Ci sono farmaci in grado di controllare l’infezione e di bloccare la trasmissione dell’Hiv. Chi inizia a curarsi precocemente ha una aspettativa di vita simile a chi non ha contratto l’infezione. E da un paio d’anni in Italia è disponibile gratuitamente la PrEP, una profilassi che permette alle persone con comportamenti a rischio di evitare l’infezione. Eppure i contagi continuano e le diagnosi tardive aumentano. «Dobbiamo fare di più – dice Andrea Gori, direttore del dipartimento di Malattie infettive al Sacco e presidente di Anlaids Lombardia -. Tutti quelli che hanno una sessualità attiva si devono testare spesso».
Se la comunità Lgbtqia+ oggi è più attenta al problema, gli eterosessuali lo sono meno, anche di fronte a comportamenti sessuali promiscui. «Non bisogna vergognarsi di fare il test, si può comprare anche in farmacia – continua Gori -. E va fatto precocemente, non alla comparsa dei sintomi». Il direttore ricorda poi la possibilità della PrEP. «Non è solo una profilassi, ma un percorso di prevenzione che prevede un approccio specialistico e multidisciplinare. Un’occasione di fare prevenzione a 360 gradi». E sono in arrivo formule long-lasting: una iniezione ogni due o sei mesi. «Grazie a test e PrEP in Gran Bretagna le diagnosi tardive sono solo il 10%: la nostra sfida è arrivare agli stessi risultati e ridurre il più possibile il numero delle nuove infezioni».
Vai a tutte le notizie di Milano
Iscriviti alla newsletter di Corriere Milano
30 novembre 2025 ( modifica il 30 novembre 2025 | 09:43)
© RIPRODUZIONE RISERVATA