Puntuale come i saldi di fine stagione, in Abruzzo arriva la polemica sulla data del 3 gennaio: per Confesercenti “Depotenzia le vendite natalizie”

Fatti salvi i tradizionali pacchi sotto l’albero, che comunque ci saranno, il rischio che alcuni aaquisti vengano posticipati attendere effettivamente c’è. Non è facile spendere soldi per qualcosa che  meno di venti giorni dopo costerà molto meno. Per questo la Fismo-Confesercenti torna a sollecitare lo spostamento della data di inizio delle svendite invernali.

«La data di avvio dei saldi di fine stagione va spostata almeno di 20-25 giorni. – affermano coordinatori abruzzesi di Fismo Confesercenti Franco Menna e Marina Dolci – Le nostre imprese non reggono più questo sistema, e il Black Friday lo dimostra. Avremmo voluto lo spostamento dei saldi e la loro durata, ma le Regioni hanno deciso di continuare con il primo sabato perché la concorrenza dell’e-commerce non ha nessuna regola da rispettare. Chiediamo alla Regione Abruzzo di farsi portavoce di un rinvio strutturale dell’avvio dei saldi e di una proposta di regolamentazione europea del commercio».

Le associazioni di categoria Confesercenti e Fismo, che riunisce i negozi indipendenti del settore moda e calzature, aggiungono che molte attività non stanno aderendo al Black Friday:

“Il weekend del Black Friday, al quale molte piccole attività non stanno aderendo e per la prima volta lo stanno anche pubblicamente manifestando, dimostra che è necessario riformare le regole delle promozioni e dei saldi, perché libero mercato non vuol dire far west ma concorrenza all’interno di regole chiare e valide per tutti. Invece siamo in anarchia e chi ci rimette è la piccola impresa italiana. La Fismo-Confesercenti ha sempre chiesto il rinvio dell’avvio dei saldi: farli partire a gennaio vuol dire nei fatti depotenziare le vendite di Natale, che per molti negozi rappresentano anche il 30 per cento del fatturato annuo, e che ora sono compresse fra il Black Friday e i saldi, riducendo all’osso la marginalità delle imprese costringendone molte alla chiusura forzata, come avvenuto già per 140 mila negozi negli ultimi dieci anni in tutta Italia, in gran parte negozi di abbigliamento e calzature. Bisogna riformare questi strumenti sapendo che ora la concorrenza non arriva più solo dalla grande distribuzione e dalle regioni limitrofe, ma anche dal web e da altri Paesi europei, ma le piccole imprese italiane sono certamente le più esposte e quelle meno tutelate dal proprio sistema di regole: è necessario un intervento strutturale. Si parta ora dalla data di avvio dei saldi».