Luca Vergoni, il protagonista dell’Orfeo di Virgilio Villoresi, si racconta a Vogue Italia: «Spero che le persone tornino a meravigliarsi»
Il mito di Orfeo ed Euridice è la storia d’amore sofferto per eccellenza, molto prima che Shakespeare scrivesse Romeo e Giulietta. E nella sua opera prima, presentata al Festival di Venezia 2025, il regista, artista e animatore Virgilio Villoresi riprende il viaggio nell’Aldilà del cantore innamorato e lo traspone su pellicola lasciandosi guidare dal Poema a fumetti di Dino Buzzati. Pubblicato nel 1969, il romanzo grafico recupera le versioni di Virgilio e Ovidio per trasformarle in una storia moderna.
Ma l’Orfeo di Villoresi – al cinema dal 27 novembre – è una narrazione metafisica tra le più coraggiose e visionarie del cinema italiano contemporaneo.
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Orfeo, di cosa parla il film di Virgilio Villoresi
Realizzata dopo anni di lavori nella moda, cortometraggi, pubblicità e video musicali, l’opera oltrepassa la semplice creazione cinematografica: sperimenta, ibrida linguaggi, apre riflessioni. Attraverso un mix di tecniche d’epoca – stop motion, live action, illustrazione animata – e continui rimandi letterari e figurativi, Villoresi rilegge il mito e lo ambienta in una Milano degli anni Sessanta fatta di labirinti, mondi sotterranei e crocevia di danze, in cui ogni fotogramma diventa un dipinto vivo.
Il risultato è un affresco artigianale curato in ogni minimo dettaglio: le riprese sono durate due anni e mezzo e l’intero progetto è stato girato in pellicola. In questo spazio senza tempo si muovono Orfeo, un pianista, interpretato da Luca Vergoni, ed Eura, una ballerina, a cui dà volto Giulia Maenza. I due protagonisti attraversano il presente e l’Aldilà con uno sguardo incosciente, aprendo allo spettatore un mondo dove perdita e rivelazione si confondono, e i confini tra reale e immaginario sbiadiscono.