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Nella Striscia di Gaza sta diventando piuttosto diffuso il lavoro di chi ripara le banconote, che scarseggiano sempre di più. Israele controlla tutti i confini della Striscia e dall’inizio della guerra, oltre due anni fa, blocca od ostacola in molti modi l’ingresso di cibo, medicine e altri beni primari. Tra le altre cose vieta completamente l’ingresso di banconote, che servono alla popolazione palestinese per comprare beni nelle poche attività commerciali ancora funzionanti nella Striscia, dove peraltro i prezzi sono insostenibili per molti.
Nella Striscia di Gaza si usa lo shekel, la valuta israeliana (per convertire da shekel a euro dividere per quattro è una buona approssimazione: 10 shekel per esempio equivalgono a 2,50 euro).
In questi giorni BBC News ha descritto come funziona il processo di riparazione delle banconote. È un’operazione artigianale, in cui vengono usati mezzi basilari: righello, colla e matite colorate per ravvivare le tinte sbiadite. La banconota da 20 shekel è rossa, quella da 50 verde, quella da 100 arancione e quella da 200 blu. Le banconote vengono appoggiate su un ripiano, e la colla spesso applicata a mano. Mahmoud Abd al-Nabi, uno dei riparatori, ha raccontato al sito israeliano Ynet che pulisce le vecchie banconote con acqua e sapone, prima di stenderle ad asciugare al sole.

Le operazioni per riparare una banconota danneggiata, in una foto dello scorso luglio a Gaza (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Israele vieta i trasferimenti di contanti sin dall’inizio della guerra, durante la quale i suoi continui attacchi e bombardamenti hanno distrutto tutti i 56 sportelli bancari della Striscia.
Al momento hanno riaperto cinque banche, ma non è possibile ritirare denaro: solo riattivare i vecchi conti o aprirne di nuovi. Prima della guerra l’80 per cento delle transazioni avveniva in contanti, ma ora che sono introvabili per ritirare i loro salari molte persone devono rivolgersi a cambiavalute o intermediari informali che chiedono commissioni molto alte, fino al 40 per cento.

Sportelli bancari distrutti a Gaza, in una foto dello scorso luglio (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Questa situazione ha reso le banconote ancora in circolazione molto preziose. Quelle danneggiate possono essere rifiutate dai venditori, ed è quindi fondamentale ripararle e mantenerle in buono stato. Oltre a BBC, diversi media internazionali e israeliani hanno descritto il mestiere dei riparatori di banconote, che spesso nelle interviste si attribuiscono una funzione sociale: dicono di chiedere somme modeste per sistemare il denaro usurato, al contrario dei cambiavalute.
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Banconote di shekel usurate, in una foto dello scorso luglio (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Il COGAT, la divisione dell’esercito israeliano che decide chi e cosa può entrare nella Striscia, ha confermato che l’ingresso di denaro in contanti è bloccato per una scelta politica precisa di Israele: il governo di estrema destra del primo ministro Benjamin Netanyahu sostiene che possa essere utilizzato per finanziare Hamas, un’argomentazione che usa anche per giustificare il blocco di moltissimi beni essenziali, dal carburante al cibo e agli strumenti medici.
Peraltro, la questione dei trasferimenti di denaro è una delle molte eluse dal piano di Trump per la fine della guerra e il futuro della Striscia di Gaza.
Durante la guerra si sono diffuse alcune alternative digitali ai contanti, come i pagamenti attraverso le app delle banche. L’Autorità monetaria palestinese, controllata dall’Autorità nazionale palestinese (ANP, l’entità parastatale che governa in modo semiautonomo alcune zone della Cisgiordania), ha messo a punto un sistema per fare transazioni istantanee tra i conti locali, che possono avvenire anche senza connessione internet, attraverso messaggi di testo sui cellulari. La Banca della Palestina, la principale istituzione finanziaria palestinese, ha detto che più di 500mila persone a Gaza usano i suoi e-wallet (portafogli digitali).
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