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Quasi due anni dopo la sua vittoria alle primarie, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, che aveva annunciato di voler «travolgere» le correnti interne del partito, si ritrova a dover fare i conti con una nuova grande corrente, un “correntone”: così è stata ribattezzata dai giornali la nuova struttura inaugurata pochi giorni fa a Montepulciano, in provincia di Siena, durante un convegno durato tre giorni (da venerdì a domenica). Più che una nuova corrente, è in effetti un coordinamento tra tre o quattro correnti, che però non intendono sciogliersi: resteranno autonome, ma con l’obiettivo di muoversi in sintonia.

Una è AreaDem, la corrente composta principalmente da ex democristiani, centristi moderati e cattolici, guidata da Dario Franceschini; un’altra è Dems, la corrente di sinistra che fa capo ad Andrea Orlando, nella quale si sono guadagnati un certo spazio i deputati Marco Sarracino e Peppe Provenzano; e poi c’è il gruppo degli ex componenti di Articolo 1, ancora più a sinistra, che si chiama “Compagno è il mondo” e ha come riferimento Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani. Hanno poi aderito anche i “lettiani”, nel senso di seguaci di Enrico Letta, come Anna Ascani e Marco Meloni, riuniti sotto la sigla Crea; e poi Gianni Cuperlo, Debora Serracchiani, Nicola Zingaretti e altri dirigenti di un certo peso.

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Tutte queste aree – tranne quella dei lettiani – hanno sostenuto Schlein al congresso, ma hanno deciso di partecipare a questa iniziativa per dare un segnale di insofferenza alla segretaria. Non per rompere con lei, ma per rivendicare maggiore centralità. Formalmente, infatti, il convegno di Montepulciano è stato convocato per consolidare la maggioranza che appoggia Schlein; di fatto però la creazione di questo coordinamento è anche, e soprattutto, un modo per provare a condizionare alcune scelte della segretaria, e per spronarla, o costringerla, a coinvolgere di più gli organismi direttivi del partito. Quanto a Schlein, anche lei è intervenuta a Montepulciano: lo ha fatto con un discorso che ha accolto solo in minima parte le richieste dei vari capicorrente presenti, e col quale ha in definitiva confermato la sua linea politica.

Per capire queste dinamiche contorte bisogna ripartire dall’inizio. Da quando, cioè, Schlein vinse un po’ a sorpresa le primarie alla fine del congresso, nel febbraio del 2023. Lo fece prospettando un cambiamento radicale, con una proposta parecchio di sinistra, e con l’intenzione di archiviare certe liturgie e certi riti tipici del PD. In realtà, nel corso del tempo, la sua azione da segretaria si è distinta soprattutto per la prudenza, mentre sulla composizione interna del partito Schlein ha tentato di costruire un approccio unitario, per certi versi quasi ecumenico, cercando di evitare che si costruisse il consueto schema per cui chi perde il congresso dà vita a una minoranza interna che critica o incalza chi ha vinto, spesso col tentativo di logorarlo.

Ci è riuscita anche grazie all’accordo che ha subito stretto con Stefano Bonaccini, che era stato il suo sfidante al congresso e che guidava l’ala riformista, quella più moderata. Schlein lo ha fatto eleggere presidente del partito, e questo gioco di sponda tra i due ha fatto sì che si evitassero conflitti tra le due aree principali del partito. Per un po’ ha funzionato, pur con qualche attrito. Poi, a un certo punto, in entrambe le componenti del PD sono nati dei movimenti opposti ma speculari: da un lato la componente riformista guidata tra gli altri da Lorenzo Guerini, Giorgio Gori e Pina Picierno, dall’altra quella di sinistra dei vari Orlando, Speranza, Provenzano, Cuperlo.

I primi chiedevano a Schlein di occuparsi più di crescita, di innovazione, di sicurezza, di essere più decisa nel sostegno militare all’Ucraina e di fare meno concessioni al Movimento 5 Stelle; gli altri di essere più intransigente sulle questioni legate alle disuguaglianze, sulla condanna al governo israeliano e più critica con la Commissione Europea. Ma gli uni e gli altri, sia pur muovendo da premesse diverse, convenivano che questa unità di facciata stesse finendo con l’annacquare un po’ troppo le posizioni di tutti, e che Schlein, per non scontentare nessuno, si stesse votando un po’ all’immobilismo.

E così, più o meno in contemporanea, entrambe le aree hanno deciso di lanciare delle iniziative. A fine ottobre Guerini, Gori e Picierno hanno promosso, partendo da Milano, un ciclo di incontri dell’area riformista, prendendo le distanze da Bonaccini, accusato di essere troppo conciliante con Schlein. Subito dopo s’è mossa anche l’area di maggioranza, annunciando appunto il convegno di Montepulciano.

Come sempre ci sono questioni sia di programma politico, sia di organizzazione interna, sia di tattica. Sul programma politico gli interventi più incisivi a Montepulciano sono stati quelli di Orlando e di Speranza. Hanno chiesto entrambi, pur con toni diversi, di essere più solidali col popolo palestinese, di essere più critici verso gli orientamenti sul riarmo della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, di essere risoluti nell’opporsi alla riforma della legge elettorale proposta da Giorgia Meloni, di battersi con più forza per la redistribuzione della ricchezza.

Insomma, le hanno chiesto di spostarsi più chiaramente a sinistra. E questo sottende un’altra richiesta, più o meno esplicitamente: quella di non cercare a tutti i costi l’unità d’intenti con Bonaccini, ma anzi prendere un po’ le distanze da quell’approccio unitario che fin qui Schlein ha seguito.

Quanto all’organizzazione interna, le è stato chiesto soprattutto di coinvolgere di più i dirigenti del PD, di sfruttare di più le strutture del partito sui territori, di non svilire o aggirare i momenti di confronto previsti dai regolamenti del partito stesso. Per farla breve: l’hanno accusata di decidere troppo da sola, consultandosi coi pochissimi consiglieri di cui lei si fida, e che in molti casi non hanno mai avuto alcun incarico di valore né nel partito né nelle istituzioni. Per questo le hanno chiesto con forza di convocare finalmente un’assemblea nazionale e una conferenza programmatica, che secondo lo statuto va indetta almeno una volta all’anno e che però nel 2025 non si è ancora tenuta.

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Poi ovviamente ci sono le manovre più tattiche, che si intrecciano con le questioni di principio. In sostanza i coordinatori del nuovo “correntone” hanno creato un organismo che, nella misura in cui sostiene Schlein, è anche in grado di condizionarne le scelte. L’accordo proposto è fondamentalmente sintetizzabile così: il “correntone” si propone di sostenere Schlein come leader del PD e di indicarla come candidata presidente del Consiglio alle prossime elezioni, proteggendola da eventuali operazioni ostili interne; in cambio chiede di essere coinvolto nella decisione delle liste elettorali, quando sarà il momento.

Questo è del resto il tema fondamentale di quasi tutte le discussioni interne al PD. Siccome la legge elettorale prevede che a decidere chi va in parlamento sia essenzialmente la segreteria del partito, tutti cercano di ottenere una propria quota, cioè di piazzare dei propri candidati in posizioni utili per essere eletti. Semplificando molto, e banalizzando un po’, funziona così: quando si avvicinano le elezioni, nel PD il prestigio e il potere di un capocorrente si misura proprio sulla base del numero delle persone che riuscirà a far eleggere. È per questo che tutti questi dirigenti cercano di garantirsi spazio e posti nelle liste, e dunque potere.


In tutto questo Schlein, pur riconoscendo ai capicorrente di Montepulciano varie ragioni, ha fatto ben poche concessioni. Ha spiegato che lei si sente figlia di tutte le culture politiche che hanno dato origine al PD, dunque anche di quelle più moderate, e ha ringraziato platealmente Bonaccini per il lavoro che sta svolgendo, ribadendo il valore dell’unità. Ha promesso una maggiore attenzione alle esigenze del PD a livello territoriale e si è invece sbilanciata assai meno sull’allargamento del gruppo dirigente.

Ha anche acconsentito, ma senza essere esplicita, alla convocazione di un’assemblea nazionale tra il 13 e il 14 dicembre, senza tuttavia dare maggiori indicazioni sul senso effettivo dell’incontro. Secondo alcuni dei collaboratori di Schlein, potrebbe anche servire per convocare un congresso anticipato, dal quale la segretaria è convinta di ottenere una riconferma uscendone così rafforzata. Ma è molto più probabile che l’assemblea si limiterà ad avviare un percorso di confronto che potrebbe avere come esito una conferenza programmatica: un modo per ribadire la linea politica della segretaria, dunque, ma accogliendo alcuni degli spunti che arrivano dalle varie aree e dunque consolidando la sua leadership.