Revocare l’immunità di Alessandra Moretti, blindare quella di Elisabetta Gualmini. Sono due decisioni opposte quelle approvate dalla Commissione giuridica (Juri) del Parlamento Europeo per le due eurodeputate del Pd coinvolte nell’inchiesta sul Qatargate. Nel day after dell’ennesimo scandalo corruzione a Bruxelles – che anche questa volta parla italiano, con l’arresto e il rilascio dell’ex ministra Federica Mogherini e l’ambasciatore Stefano Sannino – l’Eurocamera torna a esprimersi sull’inchiesta che tre anni fa aveva terremotato i palazzi del potere comunitario. Il 9 dicembre del 2022 erano stati arrestati l’ex europarlamentare Pd Pier Antonio Panzeri, il suo assistente Francesco Giorgi e la compagna di quest’ultimo Eva Kaili, all’epoca vicepresidente dell’Eurocamera. Successivamente furono coinvolti altri europarlamentari, sempre del gruppo dei socialisti: Andrea Cozzolino, Marc Tarabella e Maria Arena. L’inchiesta ha poi subito vari stop, poi nel marzo scorso la procura federale di Bruxelles ha inoltrato le richiesta di revocare le immunità anche di Moretti e Gualmini, fino a quel momento mai coinvolte ufficialmente nell’inchiesta come indagate. Istanza che nel primo caso è stata approvata con 16 a favore, 7 contrari e un astensione dagli deputati che fanno parte della commissione Juri. Identiche le proporzioni, seppur invertite, nel voto che invece ha salvato Gualmini: 16 hanno respinto la proposta di revocare l’immunità alla parlamentare dem, 7 hanno votatao a favore, uno deputato si è astenuto. La decisione finale sarà comunque presa dalla plenaria del Parlamento Ue.
La relazione
Come ha raccontato Il Fatto Quotidiano, la relazione per chiedere la revoca dell’immunità di entrambe le parlamentari dem è stata preparare da Marcin Sypnwieski dell’Esn (Europa delle Nazioni Sovrane). E sostiene che non ci sarebbe “fumus persecutionis” nei confronti di Moretti e Gualmini. Secondo la relazione “sarebbero stati raccolti diversi tipi di prove concernenti una serie di vantaggi specifici che Alessandra Moretti ha cercato e/o ottenuto”. In cambio, Moretti avrebbe “partecipato a eventi o incontri in cui avrebbe parlato a favore del Qatar dopo aver presumibilmente non solo ricevuto passivamente istruzioni, ma anche attivamente chiesto consigli su quali azioni intraprendere e cosa dire nei suoi interventi”. Non solo. “Avrebbe contattato anche altri deputati, offrendosi di sostituirli durante determinate votazioni sul Qatar”. Dettagli, questi ultimi, non noti finora. L’eurodeputata ha presentato una sorta di memoria difensiva nella quale spiega di non essere mai stata in Marocco, esibendo il passaporto, di non essere mai stata alla Coppa del mondo in Qatar (tutte cose che le sono state addebitate nell’indagine). Inoltre, sostiene che nei voti da sostituta avrebbe votato secondo le indicazioni di S&D (Socialisti e Democratici).
Le accuse a Moretti
Già nel dicembre del 2022, l’ufficio dell’allora assistente di Moretti (in passato collaboratrice di Panzeri) al Palazzo del Parlamento Ue era tra quelli perquisiti dagli investigatori. A fare il nome della deputata italiana era stata la coppia formata da Kaili e Giorgi. Quest’ultimo era stato intercettato il 14 novembre del 2022, il giorno in cui il ministro del Lavoro del Qatar, Ali Bin Samikh Al Marri, doveva essere audito davanti alla commissione Diritti umani al Parlamento Ue. L’ipotesi dell’accusa era che Doha avesse pagato gli italiani per influenzare le decisioni dell’Eurocamera alla vigilia del Mondiale di calcio. Quel giorno Giorgi era al telefono con Panzeri e chiedeva se Marc, cioè l’eurodeputato Tarabella, dovesse parlare. Sì, aveva risposto Panzeri, prima di chiedere: “La tipa è arrivata?”. “Sì, la Moretti arriva”, diceva Giorgi. Secondo quello che ha raccontato Giorgi agli investigatori, Panzeri “aveva pensato di proporre delle domande a Moretti”, che avrebbe poi dovuto farle in aula. L’eurodeputata, però, ha sempre negato tutto. Anche quando a fare il suo nome era Kaili. Durante uno dei tanti interrogatori ai quali è stata sottoposta l’ex vicepresidente del Parlamento Ue, gli inquirenti avevano chiesto se Panzeri pagasse alcuni ex assistenti parlamentari. “No, dopo il 2019, quando non è stato rieletto, cercava di aiutare tutti a trovare lavoro”, aveva risposto Kaili. Quindi gli investigatori avevano continuato: “E poi, al livello sotto, chi era coinvolto?”. Kaili aveva continuato: “Maria Arena, Marc Tarabella, Andrea Cozzolino”. Gli inquirenti allora avevano fatto altri due nomi: “Moretti e Brando Benifei (Pd)?” “Sì”, aveva concluso Kaili. Ma alla domanda “avrebbero potuto beneficiare di regali di Panzeri”, aveva minimizzato: “Posso dirvi che se volevo avere un consiglio nel mondo politico avrei chiesto a Francesco di chiamare Antonio. Io non so se hanno ricevuto dei soldi, potevano viaggiare in Qatar o Marocco, organizzava le missioni di verifica ma penso che la maggior parte erano delle missioni ufficiali, io non sono a conoscenza di regali”. Nel 2020, in effetti, Moretti era stata in visita a Doha, ma quando era esplosa l’inchiesta aveva spiegato pubblicamente di essersi recata a un convegno sull’odio in Rete. Benifei non è mai stato coinvolto formalmente nell’inchiesta. All’epoca aveva smentito qualsiasi addebito.
La posizione di Gualmini
Per quel che riguarda Gualmini, invece, la richiesta della commissione riporta come l’eurodeputata sia accusata di “aver accettato l’influenza della presunta organizzazione criminale per ottenere la carica di vicepresidente del suo gruppo politico nell’ottobre del 2022 e in cambio avrebbe esercitato l’influenza derivante da tale carica all’interno del suo gruppo politico per assecondare gli interessi dell’organizzazione criminale”. E le viene contestato di aver presieduto la riunione del gruppo il 16 novembre 2022: lo scopo era “determinare la posizione” di S&D su un voto relativo ai diritti umani in Qatar. Contestazioni inedite, visto che finora su Gualmini erano emersi solo i messaggi scambiati con Giorgi il 15 novembre 2022, subito dopo l’audizione del ministro del Lavoro di Doha. L’eurodeputata diceva all’ex assistente di Panzeri che “non poteva esporsi di più” ma che sarebbe diventata “più aggressiva con il tempo”. Cosa intendeva dire? “Durante la discussione, ho deciso di non seguire la linea indicata da alcuni deputati europei e Giorgi, sono intervenuta a favore del dibattito in plenaria“, ha sostenuto lei nel libro QatarGate (HarperCollins). L’obiettivo di Giorgi e Panzeri, infatti, era bloccare la votazione in plenaria di una risoluzione critica nei confronti Qatar. “Per questo, dopo la discussione, mi sono sentita in imbarazzo e – per cortesia, avendo da qualche settimana cominciato a ricoprire un incarico nuovo – ho detto a questo Giorgi che non potevo seguire la linea indicata. Confermo inoltre di non essere mai stata coinvolta in questioni relative al Qatar, ai suoi ambasciatori, alle missioni o agli eventi in Qatar. Inoltre non avrei mai immaginato che Francesco Giorgi stesse facendo campagna per quello Stato”.
Che fine ha fatto l’inchiesta?
Dopo gli arresti del dicembre 2022, l’indagine sul Qatargate ha subito vari stop. Nel giugno del 2023 il giudice istruttore Michel Claise si è dimesso per un caso di conflitto d’interesse: suo figlio era socio di Maria Arena, eurodeputata belga che fino a quel momento non era mai finita formalmente sotto inchiesta nonostante comparisse più volte nelle testimonianze e nelle intercettazioni. Poi i legali di Eva Kaili avevano ottenuto l’apertura di un procedimento davanti alla Corte d’appello – previsto dalla legge belga – per valutare se le indagini fossero state condotte in modo legittimo. Gli avvocati contestavano la violazione dell’immunità parlamentare, ma secondo gli inquirenti i soldi trovati a Kaili bastavano per contestare la flagranza di reato che fa decadere le guarentigie degli eletti. A casa di Kaili e Giorgi erano stati trovati 150mila euro, mentre 600mila erano contenuti in una valigia che l’ex eurodeputata aveva affidato a suo padre. Secondo il quotidiano Le Soir, pochi giorni fa a Kaili e Giorgi è stato contestato di aver pagato 100mila euro in contanti come anticipo per una casa. In un primo momento, Giorgi sembrava voler collaborare alle indagini, ma poi nel 2023 ha cambiato versione sostenendo di essere stato costretto a fare alcune dichiarazioni. Pure gli avvocati di Panzeri hanno sostenuto che le dichiarazioni del loro assistito fossero state estorte, ma poi hanno firmato l’accordo di collaborazione con la giustizia belga. A Panzeri erano stati trovati in casa 600mila euro in contanti. L’inchiesta era nata dall’attività del Vsse, i servizi segreti belgi. Anche per questo motivo, l’avvocato di Andrea Cozzolino aveva chiesto un parere alla Commissione permanente per il controllo dei servizi di intelligence e di sicurezza del Belgio (la Commissione R). Il 17 gennaio scorso la Commissione ha ritenuto che i servizi abbiano agito nel rispetto della legislazione e dunque in modo lecito. Da capire se questo parere avrà un peso nelle decisioni della Corte d’Appello di Bruxelles, che dovrà decidere sulla legittimità delle indagini: il procedimento è alle battute finali, le udienze fondamentali sono previste per il mese di dicembre.