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La Banca Centrale Europea (BCE) ha dato un parere negativo su un discusso emendamento di Fratelli d’Italia alla legge di bilancio da approvare, in cui si dice che «le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano». La Banca Centrale Europea, che ha competenza esclusiva sulle riserve auree dei paesi dell’euro, ha detto che «non è chiaro quale sia la concreta finalità della proposta», e che «in assenza di spiegazioni sulla finalità» chiede all’Italia di riconsiderarla.

Il parere della BCE è un po’ una conferma del pasticcio istituzionale creato dall’emendamento. L’aveva presentato il senatore Lucio Malan senza consultare la BCE nonostante fosse una materia di sua competenza, e riprendendo anche una vecchia battaglia della destra italiana risalente ai tempi in cui Fratelli d’Italia aveva posizioni antieuro. L’emendamento ha completato quasi tutti i passaggi per arrivare in discussione in aula, ma ora è assai probabile che per evitare dissidi con l’Europa il governo lo ritirerà.

L’emendamento è comunque solo simbolico, perché di fatto l’oro è già dello Stato italiano e a disposizione per gli interessi della popolazione italiana. Ma sul piano politico richiama velatamente una vecchia idea sul fatto che l’oro della Banca d’Italia (comunque un’istituzione pubblica, benché indipendente dalla politica) dovrebbe essere a disposizione del governo: il principio alla base è che il governo di un paese rappresenterebbe in maniera più compiuta il «popolo italiano» rispetto a un organismo non eletto.

Le riserve auree sono uno strumento che le banche centrali usano in caso di crisi finanziarie o valutarie, per mantenere la stabilità della moneta. In questo senso è già al servizio degli interessi del popolo italiano, anche se solo per le situazioni di emergenza. Ma se potesse davvero spendere le riserve auree dello Stato italiano, il governo potrebbe teoricamente impiegarle per cose ordinarie di sua competenza, come abbassare le tasse, o per costruire il ponte sullo Stretto, oppure misure specifiche contro la povertà.

Effettivamente significherebbe poter contare su tanti soldi. La Banca d’Italia è la terza banca centrale al mondo per dimensione della sua riserva d’oro fisico, dopo Stati Uniti e Germania: è pari a 2.452 tonnellate, per un valore complessivo iscritto a bilancio di quasi 200 miliardi di euro (ma il cui valore di mercato è arrivato a 280 miliardi, col prezzo dell’oro in continuo aumento). Per avere una dimensione, è più o meno quanto valgono i fondi dell’intero PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato con fondi europei. Le misure della legge di bilancio di quest’anno valgono invece poco meno di 20 miliardi.

Gran parte degli economisti la considera però una pessima idea perché vendere il patrimonio dello Stato per trovare soldi con cui pagare misure ordinarie darebbe un segnale negativo, quasi di disperazione. E ci sono poi alcuni ostacoli normativi e costituzionali, senza contare il grave scontro istituzionale che si creerebbe con l’Europa. Il parere della BCE, peraltro sollecitato dal governo solo dopo la presentazione dell’emendamento, richiama proprio tutte le previsioni dei trattati europei con cui lo stesso emendamento sarebbe in contrasto.

Da sinistra: la presidente della BCE Christine Lagarde, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, durante il G7 dei ministri dell’Economia a Stresa (ANSA/Jessica Pasqualon)

Significherebbe innanzitutto rinnegare l’indipendenza delle banche centrali, che nella loro concezione moderna sono indipendenti dalla politica proprio a salvaguardia dell’intera economia. Come tutte le banche centrali dei paesi dell’euro, la Banca d’Italia per statuto è indipendente dal governo e dal parlamento: nessuno dei due insomma può obbligarla a cedere il controllo delle sue riserve di oro.

Ma soprattutto significherebbe anche rinnegare il fatto che l’Italia abbia ceduto la sua sovranità monetaria alle istituzioni europee: l’oro italiano non è neanche più solo a servizio della stabilità finanziaria italiana, ma di quella di tutti i paesi che aderiscono all’euro, dato che la Banca d’Italia fa parte del sistema della moneta unica. Significa che è sottoposta alla supervisione della BCE e ai trattati europei, che sono al di sopra delle leggi nazionali e che proibiscono alle banche centrali dei paesi dell’Unione di finanziare direttamente gli Stati membri (e trasferire l’oro sarebbe a tutti gli effetti un finanziamento).

L’emendamento è quindi in contrasto con i trattati europei e con lo statuto del Sistema Europeo delle Banche Centrali, il cosiddetto SEBC, dove peraltro le riserve auree non sono mai trattate usando la questione della “proprietà”, come fa invece l’emendamento di Fratelli d’Italia, ma stabilendo chi può disporne in via esclusiva: solo le banche centrali nazionali possono gestirle per le finalità di politica monetaria della Banca Centrale Europea.

Del resto il ministero dell’Economia aveva già espresso un parere tecnico molto dubbioso sul fatto che l’emendamento fosse in linea con le norme europee, ed è anche per questo che con ogni probabilità verrà ritirato. Il ministro Giancarlo Giorgetti, che è della Lega, potrà peraltro farlo agevolmente addossando la responsabilità alla BCE e al suo parere, e riparandosi così dall’accusa dei colleghi di FdI di aver tradito una loro storica battaglia.

In tutta Europa i partiti più euroscettici soffrono molto i vincoli fra le banche centrali nazionali e la BCE: non è un caso che questa idea di riportare l’oro a disposizione dei governi fosse centrale nei programmi di partiti ed esponenti un tempo favorevoli all’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e dall’euro, come la Lega e Fratelli d’Italia. Tra i suoi più convinti sostenitori c’erano per esempio i leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai, firmatari di diverse iniziative legislative piuttosto bislacche, e nel suo lungo passato da combattiva deputata di opposizione la stessa Giorgia Meloni aveva parlato spesso delle riserve d’oro italiane e della necessità di usarle per i programmi di spesa (oggi, comunque, Bagnai dice cose un po’ diverse sui vincoli di bilancio europei).

– Leggi anche: Che fare con le riserve d’oro italiane che sono negli Stati Uniti