«Ci basta qualche giorno e un oggetto comprato, rispedito al mittente, è di nuovo a disposizione sulla nostra vetrina online». Magazzino Amazon, la frazione più grande del comune di Castelsangiovanni. Un paese dove vivono almeno milletrecento abitanti, in una provincia dove le realtà imprenditoriali più grosse della meccanica arrivano al massimo a trecento dipendenti. Il colosso americano, qua dal 2011, ci apre le porte per mostrare l’ultima novità: il suo primo centro resi in Italia.

Quando ordinate un oggetto e, aprendo il pacchetto, non vi convince, lo spedite indietro. Passerà di qui per forza, a Castello, in questo nuovo reparto, composto da un magazzino di 95mila metri quadrati, più diciotto piani di stoccaggio dell’inventario, per un totale di 260mila metri quadrati.
I 1300 abitanti di questa frazione sarebbero i dipendenti a tempo indeterminato, al quale si aggiungono gli stagionali, molto impegnati in questo periodo dell’anno, tra il Black Friday e il Natale. «Lavoratori che non arrivano da cooperative», ci tengono a rimarcare i rappresentanti dell’azienda, prevenendo gli argomenti più scottanti del mercato del lavoro, soprattutto a Piacenza. Oggi Lina Wertmuller girerebbe un film qua dentro e non in una fabbrica dell’automotive.

L’area è operativa da alcuni mesi, ma ora vive il momento critico dell’anno: dopo le abbuffate di acquisti per Black Friday e Natale, si registra il picco dei resi, «ma i numeri degli acquisti e dei resi non li possiamo dare», precisano i rappresentanti del colosso americano.
A guidarci nel tour aziendale è Fabio Procopio, general manager, genitori calabresi ma nato e cresciuto tra Arcore e Lesmo, in Brianza. Vive a Stradella, da nove anni è in Amazon. Nel tour di presentazione del nuovo reparto si scusa per i tanti inglesismi che governano i processi interni. D’altronde Amazon, creata dall’immaginazione di Jeff Bezos, è statunitense, nata a Seattle, la città messa a ferro e fuoco dai movimenti contro la globalizzazione nel 1999, proprio quando l’azienda muoveva i primi passi nell’e-commerce con la vendita di libri.

Niente numeri, ma Amazon precisa che «la percentuale di reso è stabile durante l’anno e aumenta in inverno solo perché si registra un picco di acquisti». I due oggetti più restituiti? «Oggetti elettronici e abbigliamento, quest’ultimo a causa delle taglie, ma no, anche qua niente percentuali rispetto al totale dei prodotti».
L’azienda cerca di fornire sempre più informazioni sui prodotti, per evitare incomprensioni. «I clienti devono avere le info necessarie per evitare i resi». E ora c’è anche l’intelligenza artificiale. «Ad esempio al cliente viene suggerito che quel prodotto è stato reso frequentemente. Un modo per dirgli di prestare attenzione a quello che sceglie, in base alle recensioni e ai resi. Sono strumenti che aiutano i clienti a fare gli acquisti più consapevolmente». “Virtual Try On” fa inoltre vedere come ti stanno occhiali da sole o sneakers.

Immaginiamo che ci siano clienti che abusano del servizio clienti, restituendo a ripetizione oggetti dopo averli già usati. Ma il fenomeno viene minimizzato da Amazon: «ci sono meccanismi che si attivano in caso di frode».
E prima di istituire qua a Castello il primo centro resi d’Italia, come faceva Amazon a gestire queste situazioni? «L’attività era sparpagliata su più siti, alcuni mesi fa si è deciso di convogliare qui il servizio. Centralizzare a Castelsangiovanni significa riempire i camion in maniera più efficiente e seguire meglio il cliente nella fase di rimborso».

Entriamo nel centro resi quando sta finendo un turno di lavoro. Gli impianti audio trasmettono informazioni ai lavoratori sulla sicurezza. Siamo circondati da scatoloni imballati e da ceste dove vengono infilati i prodotti restituiti. Questi vanno controllati dai lavoratori e movimentati nel magazzino.

Il prodotto restituito è subito scansionato, per capire la problematica. Così arriva nella cella successiva. A seconda della tipologia del prodotto e del problema passa a una diversa linea specializzata.

Una ragazza, ad esempio, sistema uno zainetto. Controlla se ci sono macchie o danneggiamenti. Il prodotto è come nuovo, quindi viene richiuso e verrà rimesso sul mercato “da nuovo”.

«La stragrande maggioranza dei prodotti supera il controllo – puntualizza Procopio – e viene rivenduto come nuovo. Quelli elettronici invece vengono sottoposto a controlli specifici.
Suleyman, ad esempio, è alle prese con un videogioco della Nintendo. La schedina che gli passa tra le mani è funzionante. «Ma non gioco eh, scarico e guardo soltanto», scherza spiegando la sua attività. Il computer gli fa domande e, in base alle risposte che inserisce, gli viene suggerita la destinazione del prodotto. «Questi operatori sono più formati di altri», spiega il general manager.

Un altro ragazzo passa in rassegna i cellulari. Anche qua il sistema gli chiede di ispezionare in un certo modo il prodotto, poi la valutazione è dell’operatore. In una gabbia, invece, un addetto testa i droni, per vedere se, rispediti qua a Castello, volano ancora.

Poi, dopo queste operazioni, nel centro è in azione l’unico braccio robotico che, rapidamente, smista i resi, ormai tornati a essere prodotti in commercio a tutti gli effetti.

Quando i prodotti non sono rivendibili come nuovi, passano al mercato di Amazon di seconda mano. Qualche oggetto elettronico da Castello può essere anche spedito al centro Amazon di Novara. Così come alcuni resi di grandi dimensioni vengono inviati a Vercelli. L’opzione meno amata dall’azienda, per ragioni economiche, è ovviamente il riciclo, ma una parte non più vendibile viene destinata a enti terzi per attività di recupero.

Il general manager è consapevole dei problemi di una routine lavorativa troppo monotona. «I dipendenti si scambiano il posto su tre processi, per rendere meno noioso il lavoro. Non è un lavoro eccitante, lo sappiamo, è giusto variare un po’. Però in quest’area sono più contenti perché devono giudicare i prodotti, sono più attivi rispetto ad altre mansioni». 
L’azienda ci tiene a specificare che la retribuzione d’ingresso è 1866 euro per quattordici mensilità, l’8% in più di quanto previsto dal contratto della logistica. «Dal 2020 la retribuzione è salita del 20% e il turn over dei dipendenti è sotto l’uno per cento».

Il personale verrà spazzato via dall’automazione? «Rende più efficiente il lavoro – risponde il general manager – ma non c’è un dualismo. Non c’è meno forza lavoro qui a causa dell’automazione. La tecnologia ridurrà ulteriormente il carico di lavoro dei dipendenti, si occuperanno di mansioni di maggiore qualità».

Procopio rimarca la grande attenzione nei confronti della sicurezza. «Ad esempio il braccio meccanico è ben protetto da una gabbia», quando pesca i prodotti dal rullo per infilarli nei cesti nessuno si può avvicinare, ma se succedesse comunque il braccio si arresterebbe.

Guardando al futuro, ci si chiede se davvero un giorno vedremo i droni consegnare pacchi al nostro civico di casa? «Stiamo effettuando test a Chieti, con Enac (l’ente nazionale per l’aviazione), c’è tutta una regolamentazione da studiare e approfondire, ma alcuni test di spedizione ai clienti sono già stati fatti».
Poi, si prova l’estremo tentativo ma, col sorriso, Procopio tiene duro. «Mi continuate a chiedere “quanti prodotti passano qui al giorno e quanti sono resi”, ma no, non cedo, non ve lo dico».
