di
Francesco Battistini

L’inviato Usa torna da Mosca senza i risultati sperati e cambia programma Addio graduale ma definitivo dell’Europa: l’importazione di Gnl finirà entro il 31 dicembre 2026 e mentre lo stop ai gasdotti scatterà il 30 settembre 2027.

DAL NOSTRO INVIATO 
KIEV Discutere di che? Nessuno lo dice, tutti lo sanno: il fallimento delle cinque ore al Cremlino ha avuto un effetto domino. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky traccheggiava fra Dublino e Parigi, pronto a fiondarsi a Bruxelles per incontrare la delegazione americana di ritorno da Mosca. All’aeroporto moscovita di Vnukovo, martedì notte, l’inviato trumpiano Steve Witkoff era già salito sul suo jet privato Bombardier a lungo raggio, destinazione Belgio, a bordo anche il genero del presidente americano, Jared Kushner. La sala dell’incontro in area Nato era già pronta, i riassunti dei colloqui con Vladimir Putin, pure. Poi, qualcosa. O qualcuno. Da Washington. Con un ordine perentorio: «L’incontro di Bruxelles è annullato», il perché non si sa

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov sostiene che «non sarebbe corretto» dire che Putin ha respinto la bozza del piano, ma non smentisce l’esito negativo del colloquio. Witkoff è ridecollato per l’America. Zelensky è saltato sul primo aereo per la Polonia, dove l’aspettava la solita colonna di jeep verso Kiev. Poche parole, deluse: «Come sempre, l’Ucraina lavorerà in modo costruttivo per una vera pace. Attendo con ansia un nuovo rapporto sui risultati degli incontri odierni in Europa». 



















































La riunione scendeva di livello, niente Usa, solo i consiglieri per la sicurezza europei. E per l’Ucraina ancora lui, Rustem Umerov, il sostituto last minute di Andry Yermak, affiancato dal generale Andry Hnatov che è il capo di stato maggiore ucraino. Un vertice informativo, niente di più: i negoziati di pace, il sostegno militare, la pressione economica su Mosca, la gestione degli asset russi congelati. 

Intanto però un risultato l’Europa l’ha portato a casa, l’accordo sull’addio graduale ma definitivo al gas russo: l’importazione di Gnl finirà entro il 31 dicembre 2026 e mentre lo stop ai gasdotti scatterà il 30 settembre 2027

Ma la Nato che fa, intanto? «Dobbiamo continuare a fare pressione sulla Russia. E questo significa continuare a fornire armi all’Ucraina, fare pressione economica, cambiare i calcoli di Putin perché capisca che non c’è via d’uscita». E gli altri? «Vediamo la Cina collaborare strettamente con Russia, Corea del Nord e Iran per favorire lo sforzo bellico russo. La Cina può essere il principale facilitatore della Russia. Pechino sta rafforzando le proprie Forze armate, in assenza di trasparenza, e i due teatri euro-atlantico e indo-pacifico sono sempre più interconnessi».  Per l’Ucraina, dice il segretario generale della Nato Mark Rutte, «non credo che dobbiamo pensare a un piano B, perché gli Stati Uniti sono molto costanti nel sostenere l’Ucraina. Il programma prevede che Washington fornisca gli equipaggiamenti militari, mentre europei e canadesi si fanno avanti quando si tratta di finanziarlo». 

La partita vera, in effetti, si gioca oltreatlantico: Umerov e Hnatov andranno di nuovo negli Stati Uniti, a sentire che cosa vuole adesso Donald Trump e che cosa ne sarà della «lista dei desideri» (definizione sia ucraina che europea) di Putin, che su tre punti — i territori occupati e non, i limiti all’esercito ucraino, il riconoscimento occidentale delle rivendicazioni territoriali russe — non molla d’un millimetro. «Alcuni sviluppi americani sembrano più o meno accettabili — l’opinione del fedelissimo Yuri Ushakov —. Alcune formulazioni non ci soddisfano». Una quadra va trovata, spinge lo stesso Trump. «Questa guerra costa un sacco di soldi — dice Marco Rubio, il segretario di Stato americano rimasto a Washington, grande escluso dei negoziati — ed è la più illogica che si possa immaginare. I russi perdono circa 7 mila soldati alla settimana, si combatte in uno spazio di 30-50 km e sul 20 per cento del Donetsk non ancora occupato». 

Dieci mesi non sono bastati a risolvere «un casino» (parole di Trump) che doveva chiudersi in 24 ore. «Ci siamo avvicinati — è ottimista Rubio —, ma non ci siamo ancora. Solo Putin può porre fine a questa guerra».

4 dicembre 2025 ( modifica il 4 dicembre 2025 | 09:04)