Raccontare il processo più famoso della storia con un linguaggio diretto e potente, privo di sottigliezze. È questa la sfida del regista James Vanderbilt, già autore di Zodiac e Truth, che affronta uno dei capitoli più drammatici e significativi della storia contemporanea e porta sul grande schermo un film di alta intensità, con un Russell Crowe capace di regalare un’interpretazione memorabile.
Siamo nel 1945, pochi mesi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Il 20 novembre inizia quello che passerà alla storia come il Processo di Norimberga – città scelta per il forte valore simbolico che aveva avuto per il Terzo Reich e per la presenza di un Palazzo di Giustizia adatto e rimasto intatto – istituito da USA, URSS, Regno Unito e Francia. Alla sbarra 24 gerarchi nazisti, tra i quali Hermann Göring (Maresciallo del Reich e numero due del regime), Rudolf Hess (vice di Hitler fino al 1941) e Joachim von Ribbentrop (Ministro degli Esteri), accusati di cospirazione, crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Il Processo di Norimberga non fu soltanto un evento giudiziario, ma il momento fondativo del diritto penale internazionale. Per la prima volta i crimini contro l’umanità vennero codificati e i leader di uno Stato furono chiamati a rispondere personalmente delle loro azioni davanti a un tribunale internazionale.
Il film Norimberga (Nuremberg) di Vanderbilt parte da qualche mese prima, dalla cattura di Göring – interpretato da Crowe – e dai giorni che precedono l’inizio del processo. La pellicola si concentra sul lavoro del Dottor Douglas Kelly, interpretato da Rami Malek, psichiatra dell’Intelligence americana incaricato di valutare la sanità mentale di Göring. La sceneggiatura è tratta dal libro Il nazista e lo psichiatra di Jack El-Hai.

Norimberga, Russell Crowe interpreta Hermann Göring
Presentato fuori concorso al 43° Torino Film Festival, dove ha chiuso la manifestazione, Norimberga arriverà sui grandi schermi italiani il 18 dicembre 2025. Crowe firma una delle interpretazioni più potenti della sua carriera: il suo Göring non è soltanto un gerarca nazista, ma un personaggio che incarna il male con inquietante magnetismo e crudeltà, capace di dominare la scena e restituire allo spettatore la complessità di un uomo che fu insieme capo spietato, manipolatore e criminale.
La critica italiana e internazionale ha già parlato di “nazista da Oscar” e di una performance “memorabile e luciferina”, sottolineando come Crowe riesca a trasformare un ruolo storico segnato dal male in un ritratto di straordinaria intensità. È proprio questa capacità di metamorfosi – dall’eroe del Gladiatore al mostro di Norimberga – che potrebbe convincere l’Academy a premiarlo di nuovo, venticinque anni dopo la statuetta vinta nel 2001 per aver interpretato il comandante Massimo Decimo Meridio.
Il film di Vanderbilt non lascia spazio a sfumature: mette al centro la responsabilità individuale per i crimini contro l’umanità e la prova di Crowe emerge come il cuore pulsante dell’opera, in un’interpretazione che scuote e rimane impressa.