di
Vera Martinella

Oltre 2.200 nuovi casi ogni anno in Italia. Troppe migrazioni dal Sud e troppi ragazzi curati in reparti da adulti. L’organizzazione delle Reti è indispensabile

Quando si parla di cancro in bambini e adolescenti ci sono due buone notizie inconfutabili che arrivano dai numeri: primo, in media l’80% dei pazienti guarisce; secondo, con 2.200 nuove diagnosi ogni anno in Italia, le neoplasie in questa fascia d’età sono rare. Tanti sono però anche i problemi aperti sia per poter garantire le migliori cure disponibili in modo equo in tutte le Regioni, sia per sostenere le famiglie negli spostamenti (ancora troppo frequenti) e nei costi economici. A mettere in luce successi, criticità e possibili soluzioni è il primo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici in età pediatrica e adolescenziale, realizzato dalla Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) e presentato a Roma.

50mila persone in Italia guarite 

Sono circa 60 i sottotipi diversi di tumori che colpiscono i più giovani e in Italia si registrano più o meno 1.400 diagnosi annue nella fascia d’età 0-14 anni e 800 in quella adolescenziale, tra i 15 e i 19 anni . «Pur essendo patologie rare, i tumori restano una delle principali cause di mortalità in questa fascia d’età – ricorda Angela Mastronuzzi, presidente dell’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (Aieop) e responsabile dell’Unità di Neuro-Oncologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma -. Grazie ai progressi compiuti dalla ricerca scientifica, all’arrivo di nuove terapie, alle diagnosi sempre più precoci nel nostro Paese vivono più di 50mila persone che sono definitivamente guarite da una neoplasia avuta da piccoli. Metà di loro oggi ha più di 25 anni e tutti devono essere considerati, per effetto della legge sull’oblio oncologico, uguali a chi il cancro non l’ha mai avuto». Se nei Paesi in via di sviluppo soltanto il 20% dei piccoli che si ammalano sopravvive, in Italia (come in tanti altre nazioni più ricche) la percentuale negli anni è cresciuta fino a raggiungere l’80%. Per curare al meglio tutti i bambini e gli adolescenti che si ammalano di cancro servono cure appropriate, con i tempi giusti e con medici specializzati che lavorino in equipe multidisciplinari e in reparti adeguati. 




















































35mila euro all’anno spesi dalle famiglie

«E su questo fronte abbiamo ampi margini di miglioramento – sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente Favo -. Il Rapporto (scaricabile qui) analizza per la prima volta in modo sistematico i dati sulla presa in carico clinica, assistenziale e psicosociale di questa specifica popolazione di pazienti. Due sono i problemi maggiori: primo, i dati mostrano ancora differenze fino a dieci punti percentuali nella sopravvivenza a 5 anni tra le varie regioni del Paese; secondo, le famiglie sopportano spese impreviste e continue per trasporti, vitto, alloggio, farmaci non rimborsati e, soprattutto, la perdita di giornate lavorative. Per un percorso di cura lungo 12 mesi si stima che i costi indiretti e non sanitari possano raggiungere complessivamente i 35mila euro: un peso economico che rischia di spingere le famiglie al di sotto della soglia di povertà assoluta». «Per superare queste disparità è imprescindibile la stretta integrazione tra le Reti oncologiche regionali, la Rete dei Centri onco-ematologici pediatrici Aieop e la Rete nazionale tumori rari – dice Carmine Pinto, direttore dell’Oncologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia e coordinatore tecnico scientifico della Rete oncologica ed emato-oncologica dell’Emilia-Romagna -. L’ospedale più vicino a casa è solitamente il punto di partenza, dove i genitori si rivolgono quando il figlio ha “qualcosa che non va”: da qui ogni paziente, anche bambino o adolescente, dev’essere preso in carico dalla Rete regionale, prima porta d’ingresso  dei malati oncologici nel sistema, essenziali per gestire in prossimità con i territori la presa in carico e l’assistenza globale».

Migrazione sanitaria e reparti  per adulti non adeguati

La terza parte del Rapporto analizza l’attività ospedaliera e la mobilità interregionale in onco-ematologia pediatrica, confermando un grave divario territoriale: la migrazione sanitaria evidenzia che le difficoltà nell’accesso ai Centri specialistici costringono troppe famiglie alla migrazione. Il Rapporto documenta notevoli “indici di fuga” (ovvero la mobilità passiva, quindi i pazienti che si allontanano da casa). In alcune Regioni del Sud, soprattutto in quelle più piccole, la percentuale di pazienti costretti a migrare per curarsi è elevata, con picchi in Molise (89,7%), Basilicata (64,7%) e Abruzzo (59,6%), mentre al contrario Regioni come Toscana e Lazio presentano i più alti indici di attrazione. Un altro problema rilevante è quello relativo al reparto in cui vengono curati i bambini e soprattutto gli adolescenti: dai dati emerge in particolare che circa il 58,9% dei degenti tra i 14 e i 18 anni è assistito in reparti per adulti, con problemi logistici (non sono ovviamente strutture “a misura” di giovani e delle loro famiglie che devono restare ricoverati a lungo), medici, organizzativi».

Cosa serve per migliorare

«Per superare le criticità e assicurare una presa in carico globale, il Rapporto formula chiare proposte istituzionali, basate sulla creazione di una “rete di reti” – illustra De Lorenzo -. È imprescindibile che le Reti oncologiche regionali agiscano da fattori abilitanti per l’efficace funzionamento della Rete dei tumori pediatrici e della Rete nazionale tumori rari. Questa integrazione, supportata da strumenti di digitalizzazione come il teleconsulto, è l’unica via per garantire un accesso omogeneo ai servizi e alle competenze specialistiche su tutto il territorio». Gli specialisti chiedono anche l’integrazione esplicita dell’oncologia pediatrica nel Piano oncologico nazionale e il riconoscimento della subspecialità in Oncoematologia pediatrica, fondamentale per garantire che le cure siano erogate da personale specificamente formato per l’età evolutiva. Infine, il Rapporto evidenzia il ruolo fondamentale della riabilitazione psicosociale e della necessità di tutelare i diritti sociali come il diritto all’istruzione, al gioco e allo sport in tutte le fasi della malattia, anche durante l’ospedalizzazione. «Questo Rapporto, realizzato nell’ambito del progetto “Per Mano” finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è frutto di un innovativo e sinergico lavoro corale  e traduce i dati in una chiara evidenza delle barriere che ancora ostacolano un’assistenza equa – conclude Laura Del Campo, direttrice Favo e coordinatrice del Rapporto -: dall’inaccettabile migrazione sanitaria al carico economico che pesa sulle famiglie in difficoltà». Al Rapporto, promosso da Favo, hanno aderito Federazione Italiana delle Associazioni di Genitori e Guariti oncoematologia pediatrica (Fiagop), Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (Aieop), Federazione Cure Palliative, Associazioni di Oncoematologia pediatrica di Favo, Ufficio di statistica – Unità di missione per l’attuazione interventi Pnrr del Ministero della Salute.

3 dicembre 2025 ( modifica il 3 dicembre 2025 | 10:49)

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