di
Valerio Cappelli
Il 10 dicembre alle 21.30 su Rai1 arriva «Pietro – Un uomo nel vento», l’attore emoziona anche senza parlare di attualità
ROMA Roberto Benigni stavolta racconta un unico Comandamento: quello di San Pietro. Il 10 dicembre alle 21.30 su Rai1 arriva «Pietro-Un uomo nel vento». Il vento impetuoso che lo trascina e sospinge verso il suo destino, essere il primo Apostolo di Gesù Cristo. Con le sue umane fragilità, i suoi errori, raccogliendo tutte le nostre contraddizioni, il santo che è uomo in carne e ossa, una pietra che si sbriciola e si ricompone, e dunque, dice Benigni, «la sua umanità, che è l’umanità di tutti noi; non potete capire cosa mi è successo, mi sono innamorato di Pietro, il migliore amico di Gesù, un uomo così importante e così dimenticato».
Parla da una pedana bianca rialzata, davanti a un centinaio di persone, nei giardini del Vaticano, aperti per la prima volta a un programma tv che vuole celebrare il Giubileo che sta terminando. «Vi porto nel lato nascosto della Basilica, mai visto prima, qui forse oggi Papa Leone XIV mezz’ora fa è venuto a sistemare i fiori e a innaffiarli, e ripercorro tutta la vita di Pietro che ci fa sentire il miracolo di esistere, questo scherzo grandioso che non finisce qui, perché c’è una vita oltre la vita. La sfida dell’amore è quella più grande».
«Un’iniziativa che abbiamo benedetto», dice il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica papale di San Pietro.
Benigni plasma le parole afferrandole dai Vangeli o dalle storie di Tacito, e non le cala dall’alto come in altri monologhi, più istituzionali e altisonanti, ma intreccia il favolistico a toni realistici, usa parole popolari e colte mentre ricorda che i resti di Pietro sono sepolti a pochi passi, qui sotto, e anche questo in fondo è un miracolo: «L’ha scoperto 80 anni fa un’archeologa, si chiama Margherita Guarducci ed è una delle più grandi scoperte, perché della tomba non restava traccia ma si sapeva che c’era, era qui, ma che ci fai con una ipotesi? Hanno trovato un mucchietto di ossa in una scatola di scarpe, nascoste in un ripostiglio. Hanno indagato, studiato. La conferma è arrivata in un graffito: era Pietro. Ma che ci faceva a Roma, lui che non parlava nemmeno il latino, il pescatore che veniva da un piccolo villaggio della Galilea?».
Trascinato dal vento della fede, era venuto per una missione impossibile: conquistare l’impero romano: «Non con le armi ma con un’idea. Dio che si era fatto uomo, crocifisso come un bandito perché voleva insegnarci ad amare».
La sua storia comincia sul lago di Tiberiade, colonia dell’impero. Lì incontra Gesù per la prima volta, «erano coetanei, avranno avuto 28 anni. Questa è una storia di ragazzi». Pietro, che si chiamava Simone, si sente chiamare da uno sconosciuto, un giovane di Nazareth, figlio di un falegname: «Il tuo nome ora sarà Pietro». «E lui non si oppone, è come se qualcuno mi fermasse per strada e mi dicesse, d’ora in poi non ti chiami più Roberto ma Antonio». Ha un guizzo poetico: «Le cose più importanti non si apprendono né si insegnano: si incontrano».
Gli episodi li sgrana come fosse un rosario, ecco i pesci caduti nella rete di giorno, quando non si pesca mai, Gesù gli dice: «Seguimi, sarai un pescatore di uomini»; ecco il figlio di Dio che guarisce «la suocera di Pietro, proprio la suocera eh, se poi Pietro ne fosse stato contento non lo sappiamo»; ecco i dubbi del discepolo, che non crede fino in fondo si possa camminare sulle acque; ecco l’ultima Cena: «Pietro si addormenta mentre stanno arrestando Gesù, per tre volte finge di non conoscerlo, non ne fa una giusta».
Pietro, che siamo abituati a vederlo nei quadri raffigurato soltanto da anziano e con la barba bianca, e le chiavi del Regno dei cieli, nel racconto del comico toscano che non è più solo un comico irrompe con la gioventù, «è impulsivo, soffre, gioisce, sbaglia, un disastro, non ne fa una giusta, Pietro è proprio come uno di noi, si prende le sgridate da Gesù ma non si stanca mai del Messia». Che gli dà l’investitura, «su questa pietra edificherai la mia chiesa». Come Parsifal, il cavaliere nordico del santo Graal su cui un altro re poggia la spada: anche lui è un salvatore, innocente e irruento come lo fu Pietro da giovane.
La storia dell’amicizia di Pietro con Gesù dura pochi anni, fino alla Crocifissione. Siamo a Gerusalemme, al Tempio dove Gesù diventa fuoco, la cacciata dei mercanti «segna il punto di non ritorno. Non ci sono più schiavi né padroni, siamo fratelli, tutti uguali. Gesù spacca la Storia, porta la legge dell’amore, dice ama il tuo nemico ed è la frase più sconvolgente, la più alta di tutto il pensiero umano. Si lascia baciare da Giuda, si fa tradire. È una rivoluzione d’amore, non di regole: questo è il Cristianesimo». Quando ascoltano il vero significato di una religione fondata «sull’uguaglianza di tutti gli uomini», i cento spettatori che seguono Benigni, alti prelati e capi della Rai (l’amministratore delegato Giampaolo Rossi dice «questo è servizio pubblico»), applaudono con forza.
Sulla scena del Calvario, Pietro non c’è. Raggiunge per nave Roma e diventa la roccia che conosciamo. È bellissima la descrizione della Capitale dell’impero, brulicante di «botteghe, osterie e bordelli, una baraonda continua, i soldati con gli scarponi chiodati, gli assassini, i ladri, le giraffe per le strade con le tigri di circhi e anfiteatri». In quella Roma lì, che era un teatro, arriva da un piccolo villaggio della Galilea un pescatore che vuole cambiare il mondo in nome dell’amore. Così va incontro al suo destino. Siamo alle persecuzioni: «I romani seguono con inquietudine il Cristianesimo, dalla paura all’odio c’è un passo». Pietro viene rinchiuso nel terribile carcere Mamertino, la spelonca buia e umida dove Giulio Cesare aveva fatto strangolare Vercingetorige. Due secondini prima lo torturano, poi ascoltate la dolcezza incandescente delle sue parole lo lasciano fuggire. «Pietro sulla via Appia rivede Gesù morto. Dove stai andando, Quo vadis? Torna a Roma, si lascia catturare, viene crocifisso a testa in giù, Pietro non si riteneva degno di morire come Gesù, il suo maestro».
È finita, l’emozione c’è. E si pensa che Benigni non ha avuto bisogno di appoggiarsi all’attualità, se non quando cita «Macron o Trump, ve li immaginate se lavassero i piedi dei loro collaboratori, come fece Gesù con i suoi apostoli?».
4 dicembre 2025
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