Per milioni di persone affette da malattie croniche, la gestione delle terapie quotidiane è un impegno costante. Il rinnovo della ricetta rappresentava, spesso, un ostacolo: appuntamenti dal medico di famiglia per un atto puramente amministrativo, attese negli ambulatori e ore di lavoro perse. Una routine che non migliorava l’assistenza, ma gravava tanto sui cittadini quanto sui medici. Con il Disegno di legge Semplificazioni, il sistema sanitario introduce un cambiamento che punta a restituire tempo e continuità alle cure: la ricetta valida fino a dodici mesi per le terapie croniche. Si tratta di una misura nazionale, non sperimentale, che modifica in modo strutturale la gestione della cronicità e rafforza la collaborazione tra medici, specialisti e farmacisti.
Come funziona la ricetta con validità fino a un anno
Come funziona il nuovo meccanismo prescrittivo? Il medico di famiglia, valutata la stabilità del paziente, potrà indicare nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la posologia, il dosaggio e la durata dell’intero trattamento annuale. I farmaci continueranno a essere dispensati mensilmente, come sempre, ma senza che il paziente debba tornare dal medico per rinnovare la prescrizione.

Un medico mentre prescrive una ricetta a un paziente (foto generica)
In questo nuovo assetto, il farmacista assume un ruolo di monitoraggio dell’aderenza terapeutica, mentre il medico rimane il riferimento clinico che valuta periodicamente la situazione del paziente. È una collaborazione più fluida, che non elimina i controlli medici, ma punta a renderli più significativi e meno burocratici.
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Le patologie che rientrano nella nuova modalità prescrittiva
La ricetta annuale riguarda molte delle condizioni croniche più diffuse, per le quali la necessità di rinnovi frequenti non aveva un reale valore clinico. Rientrano fra queste: • ipertensione arteriosa
• diabete mellito di tipo 1 e 2
• cardiopatie croniche e insufficienza cardiaca
• BPCO e asma persistente
• dislipidemie
• patologie tiroidee come l’ipotiroidismo
• artrite reumatoide, lupus e altre malattie reumatologiche
• epilessia stabilizzata
• disturbi psichiatrici cronici
• morbo di Parkinson e demenze nelle fasi iniziali
• osteoporosi severa
• insufficienze renali ed epatiche croniche
• terapie anticoagulanti e antiaggreganti a lungo termine Sono patologie che richiedono trattamenti continuativi e relativamente stabili; per questo la frequenza dei rinnovi non apportava alcun vantaggio clinico, ma solo un carico amministrativo superfluo.
I benefici per pazienti e medici
Per i cittadini, la riforma si traduce in una gestione più semplice e autonoma delle terapie. Non sarà più necessario prenotare visite esclusivamente per ottenere una ricetta identica alla precedente, e la continuità terapeutica sarà garantita per tutto l’anno. Ciò significa meno spostamenti, meno tempo perso e un migliore equilibrio con gli impegni lavorativi e familiari. Per i medici, la riduzione del carico burocratico permette di recuperare tempo clinico da dedicare alle visite che richiedono analisi, diagnosi e decisioni terapeutiche. Come ha osservato il segretario generale della Fimmg, Silvestro Scotti, “la possibilità di prescrivere i farmaci per dodici mesi non è solo un atto amministrativo: è una scelta di cura che libera tempo clinico e riduce disagi inutili”.
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Dimissioni ospedaliere valide come prescrizione: addio alla doppia ricetta
Un altro punto chiave del Ddl Semplificazioni è il riconoscimento del valore prescrittivo immediato delle lettere di dimissione ospedaliera e dei verbali del Pronto Soccorso. Questo significa che, dopo un ricovero o un accesso in emergenza, il paziente potrà ritirare subito i farmaci indicati dagli specialisti senza dover tornare dal medico di famiglia per una trascrizione formale.
La terapia potrà così iniziare senza ritardi, evitando un passaggio ripetitivo e privo di utilità clinica. È un cambiamento che razionalizza il percorso di cura, soprattutto nei momenti più delicati della transizione dall’ospedale al territorio.
Medici, farmacisti e specialisti più connessi
La riforma promuove anche una riorganizzazione del lavoro sul territorio. L’integrazione tra medici di medicina generale, farmacisti e specialisti ambulatoriali diventa un elemento strutturale della gestione delle cronicità. Federfarma e Fimmg hanno sottolineato il valore strategico di questa collaborazione, che crea una sorta di “Casa di Comunità diffusa”, capace di seguire il paziente lungo tutto il percorso assistenziale.
Il presidente di Federfarma, Marco Cossolo, ha evidenziato come “la farmacia rafforzi il proprio ruolo di presidio sanitario territoriale, semplificando l’accesso ai servizi e contribuendo a ridurre la pressione sulle strutture pubbliche”. Una prospettiva condivisa da Fimmg, che vede nella nuova rete territoriale uno strumento essenziale per evitare interruzioni dei trattamenti, migliorare l’aderenza terapeutica e ottenere risultati di salute misurabili.
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