di
Marco Imarisio

Il leader russo in visita a Nuova Delhi dice che l’importante non è vincere la guerra, ma difendere i valori

«Penso che sia troppo presto per fare il consuntivo della mia vita. Ho ancora molto lavoro da fare». Al primo posto tra le incombenze che lo aspettano, Vladimir Putin mette la liberazione del Donbass e della Novorossiya. «Tutto si riduce a questo: o libereremo queste aree con la forza, oppure le truppe ucraine se ne andranno e smetteranno di combattere». Parlando a India Today, il presidente russo ha lasciato ancora ampi margini di ambiguità sulla questione dei territori da lui rivendicati, che rimane centrale per un eventuale negoziato di pace.

Ucraina-Russia, le ultime notizie sulla guerra



















































La lunga intervista è stata trasmessa in contemporanea a Nuova Delhi e Mosca, un gesto di cortesia verso un alleato e un cliente sempre più importante, quasi a simbolizzare un rapporto paritario. È la prima visita di Putin in India dopo l’inizio della guerra in Ucraina, a cementare un rapporto che negli ultimi quattro anni ha vissuto momenti di difficoltà, con le critiche iniziali del premier Modi alla scelta di attaccare Kiev, ma che è stato ricucito soprattutto per via dell’acquisto sottocosto di petrolio russo, che è stato ossigeno per entrambi i Paesi e che ha aiutato il Cremlino a tenere in linea di galleggiamento la propria economia.

Russia e India hanno bisogno l’una dell’altra, come stabilito nel lontanissimo 1971, quando venne firmato un trattato di cooperazione economica e militare sopravvissuto al crollo dell’Unione Sovietica. Quando nel 2012 arrivò la svolta euroasiatica di Putin, erano stati gettati da tempo i semi di una intesa strategica che si basa sul comune interesse alla stabilizzazione delle situazioni in Asia centrale e Afghanistan. Ancora prima del petrolio, l’India è sempre stata la principale acquirente d’armi dalla Russia.

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A Modi interessa ribadire il peso specifico della sua linea di «autonomia strategica» che non è certo cambiata dopo le pressioni da can che abbaia ma non morde di Donald Trump. Gli ambasciatori di Francia, Germania e Regno Unito hanno pubblicato una lettera sul principale quotidiano del Paese, sostenendo che «Putin finge di volere la pace». Ma i tentativi diplomatici fatti sul governo di Nuova Delhi per ammorbidire la posizione dell’ospite, non sembrano aver prodotto grandi risultati, almeno a giudicare dai contenuti dell’intervista.

«Sono assolutamente certo che Trump voglia sinceramente portare la pace in Ucraina e salvare vite umane. Dovremmo impegnarci tutti nel dialogo e partecipare a questo sforzo, piuttosto che ostacolare. Ma ci sono anche interessi economici e politici in gioco: al momento, trovare una soluzione a questo conflitto è un compito arduo». L’attualità più stringente può essere riassunta in questa frase. Ma è interessante osservare il modo e il mondo capovolto con il quale Putin ricostruisce i fatti a beneficio di uno dei suoi principali alleati. «La nostra Operazione militare speciale non è l’inizio della guerra, ma piuttosto il tentativo di finirne una che l’Occidente ha innescato usando i nazionalisti ucraini. Questo è quel che è accaduto, ed è il cuore del problema».

Siamo al presente, al tema delle eventuali garanzie. «L’Ucraina pensa di guadagnare qualcosa dall’adesione alla Nato» afferma Putin. «Ma questo minaccia la nostra sicurezza. Troviamo un modo per garantire voi senza mettere a repentaglio noi. La Russia non chiede nulla di straordinario, solo il rispetto della promessa di non allargare la Nato ad Est che ci venne fatta negli anni Novanta». Sostiene che per lui l’importante non è vincere, «ma proteggere i nostri interessi, i propri valori tradizionali, la propria gente che vive lì».

Già, ma fino a dove? Questo rimane il problema principale. Non è solo il Donbass, pare di capire. Sarebbe il caso di mettersi d’accordo sul concetto di «Nuova Russia». Perché con quel termine potrebbero intendersi le quattro province ucraine annesse con il referendum del settembre 2022. Ma anche qualcosa di più, un’area grande fino a un terzo dell’Ucraina moderna.
«Ricordo che, usando la terminologia dell’epoca zarista, per Novorossiya si intendeva Kharkiv, Lugansk, Donetsk, Kherson, Nikolaev, Odessa. Territori che furono trasferiti all’Ucraina negli anni ‘20 dal governo sovietico. Perché lo hanno fatto, Dio lo sa». Questa frase non viene dall’intervista indiana, ma dall’archivio. Vladimir Putin, Linea diretta dell’aprile 2014.

5 dicembre 2025 ( modifica il 5 dicembre 2025 | 08:19)