I rubinetti del Turkstream, il condotto che rifornisce di gas russo l’Europa, stanno per chiudersi. Due sono le date importanti da tenere in conto. Il 25 aprile 2026 decadranno i contratti a breve termine e, a partire dal 1 giugno dello stesso anno, non si potranno più firmare forniture a lungo termine.
Sono otto i Paesi ancora troppo dipendenti dal Gln di Mosca: Grecia, Francia, Belgio, Olanda, Portogallo, Spagna, Ungheria e Slovacchia. Le ultime due continuano ad acquistare da Putin anche petrolio.
Quali sono le fonti alternative di gas
La riduzione di Gln dalla Russia è stata costante dal 2021, l’anno in cui il conflitto in Donbass si è trasformato in una vera e propria guerra alle porte dell’Europa. Tra i vari Paesi da cui l’Unione sta attualmente acquistando gas possiamo annoverare:
- Norvegia;
- Usa;
- Nordafrica;
- Paesi del Golfo;
- Indonesia.
Fino a 4 anni fa, la quantità che il Cremlino pompava nei gasdotti del vecchio continente rappresentava circa il 25% del totale. Oggi è scesa al 2%, e quasi tutto viene acquistato dai due Stati più vicini a Putin: l’Ungheria e la Slovacchia.
Anche per questo calo di introiti il Presidente russo, qualche giorno fa, aveva minacciato l’Europa di ritorsioni. Le perdite per Mosca sono ingenti e potrebbero causarle ulteriori difficoltà nel proseguire il conflitto con Kiev.
La guerra in Ucraina primo motore per l’indipendenza dal gas
Tuttavia, sostituire un fornitore con un altro potrebbe non essere necessariamente la scelta più saggia. Significherebbe solo alterare gli equilibri geopolitici e non intaccare in alcun modo l’insostenibilità dell’uso del Gln, usato per:
- scaldare le nostre case;
- alimentare le nostre industrie;
- produrre la nostra energia elettrica.
Per questo RePowerEu, il progetto europeo di indipendenza energetica verde, si rivelerebbe un attore fondamentale nella riduzione del consumo di gas, calato del 15% tra il 2024 e il 2025 rispetto al triennio precedente.
Infatti, la tabella di marcia che sarà validata a Bruxelles nelle prossime settimane è molto serrata da questo punto di vista:
- ogni contratto a breve termine con qualsiasi fornitore dovrà cessare entro il 17 giugno 2026;
- quelli a lungo termine avranno come scadenza il 30 settembre 2027;
- si potrà prorogare l’approvvigionamento fino al termine ultimo del 1° novembre 2027, qualora le riserve non raggiungano gli obiettivi di autonomia.
Chi paga i costi dell’indipendenza energetica da Mosca?
Pagheranno i cittadini europei perlopiù, tranne quelli ungheresi e slovacchi. Basti considerare che il costo del gas in Italia è di ∼0,131 euro per kWh, nel 2024 a Budapest si assestava ancora intorno ai ∼0,032 euro. A Bratislava, invece, lo pagano un po’ di più: ∼0,061 euro. Cifre enormemente più basse, che spiegano le reticenze dei due Paesi a tagliare i ponti con Mosca.
Secondo un’analisi del Fondo Monetario Internazionale, se Ungheria e Slovacchia decidessero di rescindere i contratti per il gas russo, rischierebbero uno shock economico senza precedenti. Soprattutto perché l’approvvigionamento risulterebbe molto più costoso, dato che non potrebbero riceverlo via mare e i costi delle forniture via terra sono enormemente più alti.
Insomma, i numeri parlano chiaro. Non è solo una questione di simpatie geopolitiche. Scegliere un distributore di Gln piuttosto che un altro può significare anche decretare la crisi economica del proprio Paese.