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Il mutato contesto geopolitico ha cambiato e ampliato lo spettro delle minacce al quale occorre far fronte. E questo comporta un profondo riassetto del sistema che è stato rimarcato ieri dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, nel corso della prima edizione del Defence Summit, che si è svolto giovedì 4 dicembre. Curato da Il Sole 24 Ore e dall’Istituto Affari Internazionali in collaborazione con il Centro alti studi per la difesa, ha registrato più di 1.800 partecipanti tra presenti in sala e collegati da remoto: «Voglio portare in Parlamento a gennaio-febbraio il tema della riorganizzazione totale della difesa: significa costruire una difesa dal punto di vista degli uomini, degli strumenti normativi e giuridici a 360 gradi per affrontare le sfide del futuro», ha spiegato il titolare della Difesa che in mattinata aveva illustrato in audizione davanti alle Commissioni Difesa di Camera e Senato il documento programmatico pluriennale per la difesa per il triennio 2025-2027 e che ieri ha chiuso l’evento ospitato dal Casd. Il cui presidente, Stefano Mannino, in apertura, ha posto l’accento sull’esigenza di competenze sempre più specializzate per costruire un modello di difesa resiliente e flessibile. Che deve fare sempre più spesso i conti, ha detto il direttore de Il Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, con guerre ibride, rispetto alle quali bisogna opporre «strumenti completamente diversi da quelli convenzionali», sempre tenendo ben presente l’articolo 11 della Costituzione, secondo cui «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Tenendo conto, come ha rilevato il presidente dell’Istituto Affari Internazionali, Michele Valensise, che la complessità dello scenario «porta all’interconnessione dei domini operativi». E necessita di alleanze strategiche come tra Italia e Germania, secondo quanto detto dall’ambasciatore tedesco in Italia, Thomas Bagger.
Insomma, le risposte vanno attentamente modulate seguendo una rotta precisa che il sottosegretario di Stato alla Difesa, Isabella Rauti, ha declinato così: «Dobbiamo essere capaci di rispondere in modo proattivo con una risposta integrata». Che, ha precisato il sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, passa anche «dal rafforzamento della cooperazione tra europei».
La strada, dunque, sembra tracciata. E, nello sviluppo di un nuovo modello, un ruolo cruciale dovranno svolgerlo in primo luogo le imprese che dovranno potenziare i loro sforzi. «Raddoppiare nei prossimi anni le capacità produttive delle aziende è possibile ma difficile, soprattutto per il mondo complesso di fornitori medi e piccoli, per i quali l’accesso al credito è più complesso», ha sottolineato Giuseppe Cossiga, presidente della Federazione delle aziende per la Difesa, l’aerospazio e la sicurezza. «Il sistema è complesso, governo, forze armate, industria, mondo civile, credito, tutti devono essere coinvolti», ha aggiunto. «Moltiplicare le capacità produttive richiederà anche aumentare la richiesta di materie prime, dalle più avanzate alle più semplici» ha continuato Cossiga «dall’acciaio alle polveri per il munizionamento leggero». Per Cossiga non mancano i problemi: «Oggi solo una azienda svedese produce l’acciaio speciale per le corazze di carri armati per tutta Europa. Che succede se tutti aumentano la richiesta? Servono poi materiali di base come esplosivi e polveri per il munizionamento leggero. L’Occidente si è dimenticato che servono sia droni e IA, sia fucili e pistole».

Il capo di Stato maggiore della Difesa Portolano: «Le minacce ibride sono ormai un elemento strutturale della sicurezza»
Anche i vertici di queste ultime sono intervenuti all’appuntamento, a cominciare da Luciano Portolano, capo di Stato Maggiore della Difesa, che ha evidenziato come «le minacce ibride siano ormai un elemento strutturale della sicurezza». «La crescente complessità strategica e la rapidità dei cicli decisionali, impongono non solo velocità di azione, ma soprattutto la capacità di costruire una comprensione unitaria e condivisa del campo di battaglia», ha continuato Portolano. «Il mio intento, tra l’altro, è quello di connotare lo Strumento Militare della necessaria flessibilità, intesa come capacità di adattarsi costantemente alle esigenze (anche le più onerose) dettate dagli scenari in continua evoluzione. In questo quadro articolato, il punto di caduta delle Operazioni Multidominio si concretizza nella capacità di fondere, di interpretare e di mettere a disposizione dei Comandanti l’enorme quantità di dati generata in tutti i domini operativi, per perseguire una maggiore capacità di connettività e la necessaria sicurezza e resilienza del cyber-space. Quindi – ha aggiunto Portolano nel suo intervento – , nel moderno ambiente operativo, il dato (la sua disponibilità, integrità, accessibilità e protezione), diventa sia una risorsa centrale della sicurezza nazionale sia il fondamento di un nuovo modo di concepire il comando e controllo, che deve comunque continuare a basarsi sugli imprescindibili principi di semplicità, linearità, unicità di comando e diffuso controllo».
Mentre Carmine Masiello, capo di Stato Maggiore dell’Esercito, ha lanciato un messaggio chiaro: «Non possiamo relegare il problema della difesa e di sicurezza solo ai militari». E occorrono interventi precisi, come ha evidenziato Salvatore Luongo, Comandante generale dell’Arma dei carabinieri: «Abbiamo bisogno di ripianare gli organici e di avere forze operative rigenerate anche sotto il profilo anagrafico».
