Con gli occhi ancora pieni della magia del concerto di Jovanotti ai Laghi di Fusine, Daniele Bennati si presta volentieri a parlare di una squadra che se ne è andata dal Tour con tre tappe vinte e la maglia gialla (con due corridori diversi).

La Alpecin-Decenunick dei fratelli Roodhooft non è la squadra più ricca del WorldTour e da quelle vette resta suo malgrado lontana. Eppure nonostante ciò, il suo campione di riferimento e il morale che sa trasmettere ai compagni ne fanno un approdo molto ambito. Vedere Mathieu Van der Poel mettersi al servizio di Philipsen per vincere una tappa al Tour o la Milano-Sanremo fa pensare a ciascun atleta che tutto sia possibile.

«Hanno vinto tre tappe – dice Bennati, l’ex tecnico della nazionale – con Philipsen che si è ritirato dopo tre giorni, sennò magari erano anche di più. Un bottino importante, ma poteva essere sicuramente superiore, anche se poi di volate vere e proprie non ce ne sono state tante».

Secondo Bennati, Philipsen dovrebbe dedicare un monumento a Van der Poel per ogni vittoria che ha propiziato

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Da corridore, a Bennati sarebbe piaciuto correre in una squadra così?

Mi è sempre piaciuta, fin dai loro inizi. Nonostante non avessero e non abbiano tutt’ora un budget esagerato, in corsa io li ho sempre visti muoversi molto bene. Se avessi una squadra mia, li prenderei sicuramente come esempio. Chi li dirige è molto bravo, perché sanno cavarsela sempre bene, soprattutto nelle volate. Se guardiamo i singoli e togliamo dal mazzo VdP e Philipsen, non è che ci siano nomi altisonanti, però nel loro caso è l’atteggiamento che fa la differenza.

Il fatto che Van der Poel si metta a disposizione dei compagni può essere un esempio anche per gli altri?

Non è che si limiti a tirare le volate, in certe occasioni lui diventa proprio determinante. Se ripenso alla Sanremo dello scorso anno, alcune tappe al Tour e alle gare più importanti, Philipsen dovrebbe fare un monumento a Van der Poel. E’ chiaro che quando un corridore così ha questa attitudine e si mette a disposizione di un capitano, fa la grande differenza. Chi non vorrebbe un ultimo uomo così? Eppure secondo me fa tutto parte della linea della squadra. Sicuramente però Mathieu è generoso, non pensa solo a se stesso, ma al bene di tutti.

Il fatto che lui abbia firmato a vita forse lo rende ancora più partecipe dei destini della squadra?

Questo sicuramente è un altro aspetto da tenere in considerazione. In qualche modo Van der Poel si sente riconoscente nei confronti della squadra, però anche prima di estendere così tanto il suo contratto non si è mai tirato indietro. A me personalmente piace non solo perché vince, ma perché si mette a disposizione.

Tappa di Chateauroux, Van der Poel e Rickaert in fuga per 173 km tra vento e pianura: azione eroica, ma folle secondo Bennati

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Può dipendere da una mentalità di squadra che altrove non hanno?

Chi è in macchina è sicuramente bravo, ma per arrivare a vincere una tappa in fuga come ha fatto Groves, sicuramente alla base c’è proprio una mentalità di squadra. Non ti svegli la mattina e trovi un direttore che ti motiva, c’è un modo di andare in corsa che è tutto loro e che gli permette di cercare una fuga a due per 173 chilometri, a 49,6 di media, arrivando quasi a vincere la tappa.

Azioni belle, magari prive di grande logica, ma splendide…

Un’azione che forse con un finale diverso sarebbe potuta andare in porto. Ci fosse stata qualche curva in più, dietro avrebbero faticato a chiudere. Si sono sciroppati talmente tanti chilometri e hanno accumulato talmente tanta fatica, che forse quel giorno la generosità di Van der Poel è stata anche esagerata. La cosa bella è che Mathieu è un trascinatore per tutto il resto della squadra.

Sembra di capire che tu quella fuga non l’avresti fatta…

Esatto, avrei risparmiato l’energia per vincere qualche altra tappa. Secondo me quel giorno ha raschiato il fondo del barile e poi infatti si è ammalato. Però l’appassionato apprezza queste cose e l’ho apprezzato anch’io. Ha portato con sé Rickaert e voleva regalargli la soddisfazione di un podio, che sportivamente è molto bello.

Groves vince a Pontarlier e diventa uno dei 114 corridori di sempre ad aver vinto almeno una tappa nei tre i Grandi Giri

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Anche lui dà la sensazione di cercare sfide che lo divertano, come il suo amico e grande rivale Pogacar. Ogni volta che si scontrano, se ne vedono davvero delle belle…

Soprattutto grazie a Tadej, il ciclismo degli ultimi anni sta diventando più spettacolare. Non penseresti di trovare uno come lui in certe gare del Nord, invece si è buttato prima sul Fiandre e poi sulla Roubaix, scommettendo su se stesso e rendendo quelle gare più spettacolari.

Ci fosse stato Van der Poel nella tappa di Parigi, oltre a Van Aert, Ballerini e Pogacar, ci avrebbero fatto ballare…

Forse sarebbe arrivato da solo. Ma lui non c’era e sono contento che abbia vinto Van Aert, perché aveva un credito con la cattiva sorte e credo che il suo successo sia piaciuto a tutti. Obiettivamente il maltempo ha un po’ falsato l’ultima tappa, la neutralizzazione ha cambiato il finale. Al primo scatto sono rimasti in cinque e se la sono giocata loro.

Ma davvero pedalando con Jovanotti ogni giorno seguivate il Tour?

Assolutamente! E quando facevamo tardi, io piazzavo il telefono sul manubrio e ascoltavamo la cronaca, perché guardare non si poteva. La tappa che ha vinto Milan, la seconda, siamo arrivati che mancavano 4 chilometri all’arrivo e siamo andati davanti alla TV dell’hotel a guardare.

Fra Bennati e Jovanotti l’amicizia è di vecchia data: c’era anche lui nel viaggio dell’artista ai Laghi di Fusine (immagine Instagram)

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Hai scritto belle cose su Lorenzo e la bici.

Ho scritto che la bici non è solo un mezzo di trasporto. E’ un modo di vedere il mondo. E questo viaggio con Lorenzo ne è stata la dimostrazione più bella. E se i ragazzi vogliono fidarsi e lo ascoltano, lui che è un influencer potentissimo, forse davvero qualcosa si può iniziare a cambiare.