“Non sopportavo più di essere deriso dai miei familiari”, questa quanto detto agli inquirenti da Lorenzo Vitali, il 30enne che sabato mattina ha ucciso a martellate la nonna Gabriella Armari. Prima di scappare su un treno della Metromare ha aggredito con lo stesso attrezzo da lavoro il compagno della madre, che si trovava in un’altra camera dell’appartamento di Acilia dove si è consumato il delitto. Al termine dell’interrogatorio negli uffici della squadra mobile di Roma il pubblico ministero ha convalidato il fermo e il nipote 30enne della donna è stato portato in carcere.

Il delitto di Acilia

Il brutale omicidio è avvenuto sabato 6 dicembre al culmine di una lite scoppiata in un appartamento di via Giuseppe Molteni, in zona Acilia/Madonnetta, a pochi chilometri da Ostia. Intorno alle 8:30 il 30enne è entrato con le chiavi nella casa dove vivono la nonna Gabriella Armanti, la madre e il compagno di quest’ultima. In una dinamica ancora del tutto da chiarire il 30enne si è scagliato contro l’anziana 80enne e l’ha uccisa a colpi di martello.

La richiesta d’aiuto al bar

Con la madre uscita di casa poco prima per andare a lavoro le urla hanno attirato l’attenzione del compagno della donna che dormiva nella stanza da letto dell’appartamento. Risvegliato dalle grida il 59enne ha quindi cercato di bloccare Lorenzo Vitali ma è stato a sua volta aggredito con il martello. Scalzo e con una ferita sanguinante alla testa l’uomo è scappato ed ha raggiunto un bar di fronte all’abitazione dove ha poi chiesto aiuto.

In fuga sulla Metromare

Soccorso dal personale del 118 il 59enne è stato trasportato all’ospedale Grassi di Ostia. La polizia intervenuta sul posto una volta entrata nell’appartamento di via Molteni ha trovato Gabriella Armanti riversa in terra già priva di vita, sul corpo i segni della furia omicida del nipote. Lorenzo Vitali prima dell’arrivo degli agenti si è allontanato dall’appartamento. Raggiunta a piedi la stazione di Acilia dell’ex Roma-Lido ha preso un treno ed è arrivato a Roma. Rintracciato in viale Giustiniano Imperatore dagli agenti delle volanti è stato portato negli uffici della squadra mobile della questura di Roma.

La confessione

Ascoltato dagli inquirenti l’indagato avrebbe fornito una sua versione dei fatti. “Non sopportavo più di essere deriso dai miei familiari”. Una ricostruzione di quanto avvenuta apparsa poco lucida anche se al momento dal suo passato non emergerebbero certificati medici su problemi di natura psichiatrica. Chi indaga sta comunque analizzando il vissuto del ragazzo da cui risulterebbero alcune segnalazioni come consumatore di sostanze stupefacenti. Gli inquirenti, coordinati dalla procura, stanno cercando ora di mettere in fila tutti i tasselli per individuare il movente di quanto avvenuto. Tra le piste prese in considerazione anche quella legata a questioni di soldi.