di
Aldo Grasso
Per fortuna la regia di Barkhatov è così cinematografica che la regista tv Canali riesce a offrire delle riprese degne dell’opera di Sostakovic
Andrà tutto storto, me lo sento, se la «prima» persona intervistata da Giorgia Cadinaletti alla «prima» della Scala è stato Gigi Marzullo. Non per la persona, a parte quella camicia da carcerato che sempre indossa (è griffato pure Marzullo!), ma per la sua missione milanese: aveva appena intervistato il sovrintendente del Teatro Fortunato Ortombina e questo vi dice cos’è oggi la cultura, quando va incontro al male della banalità (per questo, nel corso della serata, Ortombina chiamerà «emissari di Togliatti» quei coraggiosi che portarono in Italia i dattiloscritti della «letteratura del disgelo», a cominciare dal «Dottor Živago» di Pasternak).
Andrà tutto storto, se a spiegare «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk» al grande pubblico della tv continuano a esserci Milly Carlucci e Bruno Vespa, come se Milano non avesse gente un po’ più preparata, un po’ più «moderna». Ma questo è niente. Mentre i due parlavano, attorno a loro si assiepava una folla di curiosi per mostrarsi alle telecamere. Mancava solo che facessero ciao con la manina. Spero che, grazie al riconoscimento facciale, venga loro interdetto l’ingresso al Piermarini.
Andrà tutto storto: nel foyer non ci siamo fatti mancare Veronica Pivetti, Antonio Caprarica, Enzo Miccio, Pierfrancesco Favino e la moglie Anna Ferzetti, il pio Giacomo del famoso trio, il mantellato ministro Giuli, i cantanti Mahmood e Achille Lauro (ma chi l’invita, gli stilisti?) perché la Scala è la Scala (come Sanremo).
Per fortuna, la regia di Vasily Barkhatov è così cinematografica che la regista tv Arnalda Canali, armata di dieci telecamere in alta definizione, 45 microfoni nella buca d’orchestra e in palcoscenico, 15 radiomicrofoni dedicati ai solisti, non deve aver fatto troppa fatica a restituirci finalmente delle riprese degne del coraggio drammaturgico dell’opera di Sostakovic.
Andrà tutto storto: per il Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura Giamarco Mazzi, l’Arena di Verona è molto più importante della Scala (visti i passaggi in tv), con tutto quello che ciò comporta. Me lo sento: prima o poi arriveranno Andrae Bocelli col «Vincerò» e Beatrice Venezi.
8 dicembre 2025
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