Norton-Cuffy scappa a Rui Modesto dell’Udinese (foto di Genoa CFC Tanopress)
Esiste forse qualcosa di più potente dell’amore trasformativo? Prendiamo, ad esempio, Pimlico: quartiere di Londra che ha dato i natali a Norton-Cuffy. A inizio Novecento era una fotografia del degrado. Il fine polemista Chesterton teorizzò uno dei suoi più grandi paradossi sulla forza creativa dell’amore prendendo a riferimento proprio Pimlico: «O ti tagli la gola, o lo ami». Ossia: le cose assumono valore perché qualcuno inizia ad amarle. Non è un caso se oggi Pimlico è riconosciuto come uno dei luoghi più lussuosi di Londra. Il percorso al Genoa di Norton-Cuffy riflette questo paradosso. Arrivò nell’anonimato, e nell’anonimato ci restò con Gilardino; da esso si è, però, emancipato nel finale della scorsa stagione con la fiducia di Vieira e senza più problemi fisici. Sei partite da titolare tra aprile e maggio, in campo sempre per almeno 80’. Al pari di Spence, di quattro anni di più, dimostrò di avere una cilindrata superiore lungo la fascia.
Era da un paio di stagioni che il Genoa cercava qualcosa in Inghilterra, un avannotto che fuoriuscisse delle reti delle Academy inglesi. E forse l’ha trovato. Un calciatore moderno, struttura da stopper e gamba da tornante, capace di ribaltare il campo con una progressione. Vedendo giocare Brooke e i giovani che l’Arsenal porta dal vivaio fino in Premier League si distinguono le stesse caratteristiche: su tutte, l’intensità. De Rossi l’ha definito «giocatore curioso» del calcio: ama domandare, chiedere, porsi dei dubbi. Non c’è definizione più adatta per inquadrare l’intelligenza di un ragazzo del 2004. Tuttavia, Norton-Cuffy ha dei profondi margini di miglioramento senza palla. A Bergamo ha fallito la prova da terzo di difesa, a Udine non ha letto il pericolo a monte del momentaneo pareggio di Piotrowskyi. Fa parte del bagaglio d’esperienza che rispetto a un anno fa è lievitato, come i minuti in campo che sono quasi raddoppiati a parità di presenze.
I tifosi del Genoa amano la corsa belluina di Norton-Cuffy perché essa scuote il dna rossoblù. Con le dovute cautele, e con un briciolo di senso dello humor, lo si può chiamare Norton-Cafu. L’inglese di Pimlico è un calciatore fortunato perché in meno di sei mesi ha ricevuto le attenzioni di tre Campioni del mondo che si sono avvicendati sulla panchina del Genoa. Nella gestione del lancio e della crescita di Brooke ciò che unisce, in particolare, Vieira e De Rossi è la capacità d’ascolto. A modo loro: Vieira con i silenzi e lo sguardo sornione, la pacatezza sorbonica scambiata erroneamente per freddezza. DDR, invece, con l’eloquio rovente e appassionato, la vena del collo pulsante per l’elettricità di borgata. Modi opposti di raffinazione del talento. E pensare che questo terzino dal fisico da quattrocentista era arrivato nel silenzio generale, come uno capitato lì per caso. A gennaio sarà meglio staccare i telefoni. È questa la forza dell’amore trasformativo.
