Un grattacielo davanti al Cervino. Non so se sia il caso di parlare di archistar, ma tra loro c’è chi va in alto e chi va dentro la montagna. Dico subito che preferisco pensare a un impatto visivo minore, quindi scelgo chi scava. E questo perché vorrei ricordare a me stesso, prima di tutto, che noi siamo dei privilegiati, viviamo in un paesaggio alpino che definirei pregiato, quindi la tutela s’impone, è un obbligo. È impossibile pensare a un grattacielo che non abbia un impatto di grande evidenza e stiamo parlando della valle di Zermatt e di montagne di bellezza straordinaria.
L’idea dell’architetto Heinz Julen di dedicare metà edificio al business e metà ai dipendenti delle aziende turistiche è un principio perfetto, tuttavia perché pensarlo in verticale? Meglio stare per terra, anzi nella terra. Con questo non voglio affatto nascondere l’architettura, ma vorrei che i progettisti si concentrassero nell’offrire qualità senza sfidare altezza che è delle montagne. Non lo dico per retorica, ma per poter conservare lo sguardo che si deve a questi luoghi. Il panorama non è un di più per il turismo montano, è una necessità. Sono a migliaia i progetti che mostrano in ogni continente, dall’Africa a quelli in cui la terra è condivisa con il ghiaccio, edifici in parte o in tutto sotterranei. Credo che dal punto di vista architettonico sia una sfida interessante. Andare verso l’alto può essere una scelta, certo. Io sono contrario, anche perché penso che sia una soluzione legata al presente, non al futuro.
Certo è che l’interrogativo posto da Julen non può essere accantonato, ma deve avere una risposta. L’over turismo è una realtà anche alpina. Il settore è in difficoltà per eccesso e necessita sempre più di dipendenti. Alberghi che hanno anche cento persone per rispondere alle esigenze della clientela si trovano nell’impossibilità di dare alloggio a chi lavora. C’è da pensare poi anche agli stagionali, lavoratori chiamati per poter far fronte all’aumento di vacanzieri nei periodi di maggior afflusso. Ancora, penso ai servizi che devono essere pensati per paesi che in inverno o in estate diventano città, decuplicano le presenze. Per non parlare dei picchi dei fine settimana con la stagione dello sci.
Problema non certo facile. Occorrono risposte, soluzioni. Limitare gli accessi o aumentare i prezzi? Esistono degli esempi. Penso allo sci di pista, legato agli impianti di risalita, che negli Stati Uniti e in Canada è già diventato uno sport per ricchi. E l’attenzione nei confronti dell’eccesso di afflusso turistico non può certo essere basato su un calcolo soltanto economico. O seguendo l’idea di esclusione di classi sociali meno abbienti. Non è pensabile dimenticare l’ambiente e il paesaggio che sono il motivo attrattivo più importante, oltre a costituire la giusta attenzione alla montagna e ai suoi abitanti. Questione di rispetto.
Testo raccolto da Enrico Martinet