Una nuova mostra alle Gallerie d’Italia a Torino. Da oggi (10 dicembre) e per tutto il periodo natalizio fino all’11 gennaio 2026 si può visitare “Barocci. La Madonna delle ciliegie”. L’esposizione presenta uno dei più celebri capolavori di Federico Barocci (Urbino, 1533 – 1612), il Riposo durante la fuga in Egitto, proveniente dai Musei Vaticani. Conosciuto anche come Madonna delle ciliegie. Si inserisce nell’ambito della rassegna “L’Ospite illustre” che, dal 2015 nel corso di 17 edizioni, ha visto la presentazione di numerosi capolavori nelle sedi espositive di Intesa Sanpaolo provenienti da musei italiani e stranieri.
Allestita al piano nobile del museo di Piazza San Carlo in Sala Turinetti, la mostra offre al pubblico la possibilità di ammirare da vicino un dipinto che testimonia in modo emblematico la “maniera dolce” dell’artista urbinate. Un linguaggio pittorico morbido e sfumato, memore delle atmosfere correggesche, arricchito da un cromatismo ricercato, frutto della perfetta fusione di tonalità calde e fredde. Pur avendo scelto di trascorrere gran parte della carriera nella sua città natale, lontano dai principali centri culturali, Barocci seppe affermarsi come uno dei più significativi autori di pittura sacra della seconda metà del Cinquecento, richiesto da committenti in tutta Italia.
L’opera di Barocci in mostra
Conosciuta anche come Madonna delle ciliegie, quest’opera raffinata e poetica – completata nel 1573 per l’amico e collezionista Simonetto Anastagi di Perugia – rappresenta una delle più alte espressioni della produzione sacra di Barocci, protagonista della scena artistica italiana ed europea tra Cinque e Seicento. La presenza dell’albero e dei frutti, offerti da san Giuseppe al Bambino, richiama sia il sangue della Passione sia la dolcezza del Paradiso, in una sintesi iconografica dal profondo valore teologico e affettivo.
Nel Riposo durante la fuga in Egitto la scena sacra si carica di una tenerezza quotidiana che riflette i nuovi orientamenti della Controriforma: la dimensione divina si traduce in un’intimità domestica fatta di gesti semplici, nella quale l’umanità dei protagonisti diviene tramite di un messaggio spirituale accessibile e profondamente empatico. Alla morte dell’Anastagi, nel 1602, l’opera passò ai Gesuiti di Perugia e vi rimase fino alla soppressione dell’ordine nel 1773, per poi raggiungere Roma, transitando prima per il Quirinale, entrando nelle raccolte pontificie all’epoca di Pio IX e approdando infine, nel 1935, alla nuova Pinacoteca Vaticana di Pio XI.
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