di
Silvia M.C. Senette

L’attore si racconta sul palco senza filtri in «Volevo essere Marlon Brando». L’infanzia in Israele, la recitazione, le passioni, l’amore, gli incontri, la vecchiaia

«Recitare è la mia malattia, mi dà vita. Invece di farmi schiantare, mi dà ossigeno». Alessandro Haber, attore fuori dalle regole, 78 anni, una carriera votata all’irriverenza, torna sul palcoscenico con il memoir Volevo essere Marlon Brando, tratto dall’omonima autobiografia, domani alle 20.30, venerdì e sabato alle 19 e domenica alle 16 al Teatro Comunale di Bolzano. Pièce nell’ambito della stagione del Teatro Stabile di Bolzano, curata da Giancarlo Nicoletti. Un flusso di coscienza in cui Haber si racconta, ripercorrendo l’infanzia in Israele, l’arrivo a Bologna, le passioni, gli amori e le ferite.

Haber, la vita fuori dalle scene appare noiosa?
«Io non mi conosco come essere umano, non so chi sono. Mi piace più stare su un palcoscenico. Per me la vita reale è quella dove la menzogna diventa verità assoluta e mi ritrovo ogni volta. Il mondo reale non mi piace più».



















































Si è definito attore «intimista». L’imperfezione è una necessità?
«Non mi piace la perfezione, mi piace l’imperfezione lì riesco a scavare e trovare l’emozione giusta. Quando provo uno spettacolo, se non vado in crisi ho dei dubbi: la crisi mi porta a riflettere, a guardare, a sondare. Cerco sempre strade nuove, qualcosa di imprevedibile, di non già fatto».

Quale ruolo l’ha portata più vicino alla rottura?
«Il personaggio che mi ha tolto ogni sicurezza era in Orgia di Pasolini, con Laura Betti, regia di Mario Missiroli, al Beaubourg a Parigi. Il testo è inquietante, difficilissimo. Mi portavo a casa abiti femminili, mutandine, calze a rete e provavo in albergo da solo, davanti allo specchio. Al quarto episodio mia moglie muore, io pago una prostituta per ricordarla, ho una crisi epilettica, lei scappa, io mi vesto da donna e alla fine mi impicco. Non riuscivo a trovare la postura giusta per la scena. A tre giorni dalla prima, ho capito che non dovevo pensare al pubblico, ma muovermi come se fossi da solo, a casa mia, in intimità con me stesso. In quel momento ho visto Missiroli piangere. Avevo ritrovato quella cosa strana, magica, che non ho più lasciato».

«Volevo essere Marlon Brando» è un viaggio che inizia in una notte qualunque, nel salotto di casa sua.
«La tv è accesa sulla Notte degli Oscar e all’improvviso compare Dio con la voce di Michele Placido. Inizi una carrellata di contributi video, canzoni e confessioni senza filtri, scorrono i ricordi e gli incontri che hanno segnato la mia vita e la mia carriera: da Bellocchio a De Sica, da Visconti all’applauso di Trintignant, dagli schiaffi di Carmelo Bene alle notti romane con Renato Zero e Orson Welles. Considero questo spettacolo un atto d’amore per il teatro, un mestiere che, nonostante tutto, mi ha dato ossigeno e per questo lo rifarei da capo. Mi sono divertito molto e ho regalato emozioni. Quando la gente mi ferma per strada e mi ringrazia, mi ripaga di tutto».

C’è qualcosa che non ha avuto il coraggi di rivelare?
«Una cosa orrenda di cui mi vergogno. Successe in Argentina: ero giovane, in un pub ho davanti a me la donna più bella della mia vita, sconcertante. Ci spogliamo con gli occhi e ci diamo appuntamento al giorno dopo. La vedo arrivare: zoppica di brutto. Mi sento in imbarazzo, spiazzato e invento una scusa, la mollo lì. Torno indietro dopo due minuti, ma non c’è più. È un errore che non mi dà pace. Lo inserirò nel testo per espiare e chiedere scusa».

Lei è nato e cresciuto in Israele. Come vive quello che sta accadendo?
«A Gaza succedono cose spaventose, devastanti, che non dovrebbero esistere. Invece si parla di riarmamento. Questo mi strazia, mi annienta. Se penso a quello che succede in Ucraina, a Gaza, nel mondo intero, mi rendo conto che non ho il diritto di lamentarmi per i miei problemi di salute: non riesco a non pensarci».

A 78 anni, l’idea di morire o di essere dimenticato la spaventa?
«Non me ne frega niente di essere dimenticato e la morte non è un pensiero. Siamo tutti in lista d’attesa. Poi, tanto, quando schiattiamo i tg e i giornali scrivono e il giorno dopo è finita. L’abbiamo visto con Baudo, Vanoni… Che riposino in pace i ricordi. La gente vuole dimenticare, la vita va avanti. Ma è giusto così».

11 dicembre 2025 ( modifica il 11 dicembre 2025 | 20:00)