di
Massimo Gaggi

La quotazione servirà a investire senza indebitarsi. La società è leader mondiale del settore: l’anno scorso ha realizzato oltre la metà dei lanci spaziali effettuati in tutto il mondo, 134 su 259

Elon Musk conferma: definisce «corrette» le indiscrezioni di stampa secondo le quali si accingerebbe a quotare la sua società spaziale, SpaceX, con una Ipo: un’Offerta pubblica di acquisto con la quale punta a una raccolta immediata di 30 miliardi di dollari dando alla società un valore complessivo stratosferico, superiore ai mille miliardi di dollari. Sulla base delle vendite secondarie di quote della società fatte internamente da SpaceX a dipendenti e investitori privati nei mesi scorsi, il valore stimato della compagnia è già passato dai 400 miliardi di dollari dello scorso anno ad oltre 800. Secondo Bloomberg l’intenzione della direzione finanziaria dell’azienda leader mondiale dei lanci spaziali e dominatrice delle comunicazioni coi suoi 9 mila satelliti Starlink, sarebbe quella di arrivare a un ulteriore raddoppio della valutazione da parte del mercato, fino a 1.500 miliardi. 

La prima conferma dell’ipotesi quotazione

È la prima conferma ufficiale che, mentre per tutto l’autunno le Borse hanno oscillato tra euforia e timori di un’improvvisa esplosione di un “bolla” per le quotazioni troppo elevate di alcune aziende tecnologiche, queste stesse imprese ora vogliono spingere gli investitori a “gettare il cuore oltre l’ostacolo”: se, nonostante le loro paure, sono eccitati dalle straordinarie prospettive di sviluppo dell’intelligenza artificiale, avranno nuovi modi per investire ancora di più in questo campo, grazie a una serie di Ipo che, secondo il sito Axios, potrebbero far entrare nel mercato aziende valutate complessivamente 2.900 miliardi di dollari (più del Pil italiano che si attesta attorno ai 2.400 miliardi).



















































Le altre quotazioni

Sarebbe un record assoluto raggiunto, tra l’altro, con pochissime quotazioni: oltre a SpaceX, OpenAI che punterebbe a una valutazione da 500 miliardi, Anthropic, altra regina dell’intelligenza artificiale (AI) che dovrebbe valere 350 miliardi e poche altre società dell’hi tech come Databricks.
Com’è possibile che, mentre si parla di timori di bolla per l’eccessiva valutazione attribuita dal mercato ad aziende promettenti ma che stanno facendo investimenti giganteschi, difficili da rendere redditizi, vengano lanciate tante operazioni che danno per scontata la volontà degli investitori di rischiare ancora di più?  

Dominatrice del mercato

Si può dire che Wall Street, dove ogni giorno va in scena la lotta tra il toro rialzista e l’orso ribassista, sta preparando anche per il 2026 uno spettacolo di questo tipo ma, stavolta, in versione kolossal: a diventare gigantesche non saranno solo le opportunità ma anche i rischi.
Se, però, andiamo a vedere le singole vicende, possiamo provare a trarre qualche conclusione meno generica. Intanto SpaceX, che, da sola, dovrebbe creare oltre la metà del valore aggiuntivo che emergerà da questa stagione di Ipo. A differenza di OpenAI che è stata un battistrada ma ora è in difficoltà, apparentemente superata da Google nei modelli “large language” e anche in quelli di generazioni di immagini, la società spaziale di Elon Musk è la dominatrice assoluta del mercato, senza concorrenti in vista: l’anno scorso ha realizzato oltre la metà dei lanci spaziali effettuati in tutto il mondo: 134 su 259. Le altre società americane ne hanno fatti 20, la Cina 68, la Russia 17. Seguono Giappone e India. L’Europa si è fermata a 3, superata anche dall’Iran (4). Attività che, comunque, garantiscono profitti di pochi miliardi. 

Il peso di Starlink

L’attività più promettente è quella di Starlink, ma per adesso, anche qui siamo a pochi miliardi di fatturato, anche se in forte crescita (6,6 nel 2024, quest’anno si arriverà probabilmente a 12). L’azienda, però, appare sana e vuole investire almeno parte dei miliardi che raccoglierà nella creazione di avveniristici data center nello spazio. L’IPO, prevista per la seconda metà del 2026 con un possibile rinvio al 2027 (quindi Musk non esclude la possibilità che il prossimo anno sia negativo per le Borse) servirà a investire senza indebitarsi. 

Il debito di OpenAi

La OpenAI di San Altman, ex grande alleato di Musk divenuto suo acerrimo nemico, ha anch’essa un problema di debito, ma di dimensioni ben più imponenti. Altman si è impegnato a investire centinaia di miliardi (addirittura 1400 nel lungo periodo) soprattutto in data center per sostenere lo sviluppo e il primato della sua azienda, ma coi collocamenti privati di quote è riuscito a raccogliere “solo” 40 miliardi (13 li ha messi Microsoft). Da qui il tentativo di raccogliere capitali sul mercato per ridurre un indebitamento che rischia di essere onerosissimo, anche perché molti analisti (come quelli di Deutsche Bank) prevedono che OpenAI perderà 150 miliardi nel quinquennio 2024-29, prima di arrivare a generare utili. Ma Altman, che ha appena lanciato il suo “codice rosso” dentro l’azienda “scavalcata” da Gemini 3, l’ultimo modello di intelligenza generativa di Google, promette riscossa e ritorno al primato. 

Il sogno di Marte

Si tratterà, comunque, di un investimento per cuori forti. Con un dubbio di fondo che riguarda tutte e tre le principali operazioni oggi in vista: OpenAI è nata come società filantropica capace di produrre un’intelligenza artificiale “che faccia il bene del mondo”. Anthropic viene guidata dal fondatore, Dario Amodei, con molta attenzione ai profili etici della tecnologia. L’obiettivo che Musk ha dato a SpaceX è anch’esso, a suo modo, filantropico: portare l’uomo su Marte. Come faranno imprese che, entrando in Borsa, dovranno galoppare senza farsi troppi scrupoli se vogliono dare reddito agli azionisti, a mantenere i loro obiettivi ideali?

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12 dicembre 2025