PADOVA – “Raccogliere bellezza” è il titolo. E il binomio sintetizza un percorso espositivo caratterizzato dalla pluralità degli stili e dei linguaggi, che vanno dal naturalismo ottocentesco alle ricerche post impressioniste, dalle vedute e dai paesaggi di scuola macchiaiola alla composizione simbolista, sino ad arrivare ai ritratti. Un insieme di contesti culturali diversi che mette in luce la sensibilità di chi, acquisendo i quadri, ha messo insieme un patrimonio che poi ha lasciato in eredità alla comunità per una fruizione condivisa.

APPROFONDIMENTI













La mostra

L’11 dicembre, infatti, al Museo Eremitani di Padova è stata inaugurata la mostra dedicata alla collezione Centanini, che fa parte del patrimonio artistico della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, alla quale il proprietario, l’avvocato Pietro che condivideva la passione per l’arte con la moglie Enrica, l’aveva donata nel 2015. Fino all’8 marzo, quindi, per la prima volta si possono ammirare le testimonianze di cinque secoli di grande arte, rappresentate da 70 dipinti, tra cui diversi capolavori acquisiti prima dalla storica famiglia di origini veneziane stabilitasi poi a Stanghella nella Bassa Padovana e successivamente dal legale, a partire da quando era studente di Giurisprudenza al Bo. Ci sono, per esempio, quadri di Bergamini, Dino, Barbisan, Breddo, Guidi, Guttuso, Utrillo Soffici, Chagall, Carrà, De Chirico, De Pisis e Sironi, e una Madonna del Guercino. La rassegna è stata curata da Alessia Vedova, con la collaborazione scientifica di Elisabetta Vandelli che ieri hanno presenziato alla vernice, assieme all’assessore alla Cultura Andrea Colasio, al direttore dei Musei Francesca Veronese e al presidente della Fondazione Gilberto Muraro.

Il percorso

La mostra è suddivisa in 12 sezioni: “I protagonisti tra tradizione e contemporaneo”, “L’amore per l’antico. Passione di famiglia”, “Storie di fiori e frutti. Viaggio nella natura morta”, “Visioni naturali. La tradizione del paesaggio”, “Visi d’arte. Interpretazioni del ritratto”, “Guardare Venezia. Il vedutismo tra Settecento e Novecento”, “Vedi Napoli e poi muori. La scuola di Posillipo”, “Luci e ombre del realismo. I Macchiaioli”, “Colore e luce, L’Ottocento veneto”, “Artisti con la valigia. Les italiens de Paris”, “Vive la France! Utrillo e Chagall” e “Geometrie e segni. Astrazione nel Novecento”.

Alessia Vedova aveva conosciuto Centanini (è scomparso due anni fa) e ieri lo ha ricordato come persona sobria, riservata ed elegante, evidenziando che entrare nella sua abitazione significava essere avvolti da luci, forme e colori, con le opere d’arte che si affastellavano sulle pareti del salotto, della cucina e della camera da letto senza un apparente senso logico: per esempio la rarefatta “Collina dalmata” di Zoran Music era accanto a una natura morta barocca, i due lirici innamorati “blu” di Marc Chagall erano vicino a una “Composizione” astratta di Mario Sironi, però alla fine l’insieme pareva ricomporsi armonicamente come in un mosaico. La curatrice ha definito la collezione Centanini una personale finestra sul mondo dell’arte. «Se è vero che come diceva Bernard Shaw si “usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima”, per entrare nello spirito della raccolta si deve comprendere il gusto dell’avvocato Pietro riguardo alla pittura, riflessi del sentire suo e della moglie. La passione per l’antico si tramandava nella sua famiglia e fin da ragazzo nella casa di Pozzonovo ammirava i dipinti sulle pareti con scene di battaglia, nature morte, paesaggi e grandi quadri ottocenteschi. Da estimatore presto divenne collezionista e iniziò con la frequentazione di artisti veneti figurativi quali Dinon, Bergamini, Dinetto, Farina e Breddo, ma poi senza perseguire un progetto, procede con gli acquisti: prima una “Madonna con il Bambino” di ambito emiliano e un ritratto di ragazzo realizzato a Venezia nel Settecento, poi le pitture della “Scuola di Posillipo”, omaggio alle origini partenopee della consorte, e quindi si appassiona alla pittura “di macchia” e infatti la raccolta annovera opere di Macchiaioli, quali Fattori, Lega e Signorini».

Più tardi acquisisce quelle di artisti italiani noti a Parigi, tra cui De Nittis e Zandomeneghi, mentre frutto di un innamoramento improvviso è l’acquisto di “Gondole a Venezia” di Giovanni Boldini che Centanini vide in una rivista e volle a tutti i costi. «Il legame con la sua terra d’origine prosegue la curatrice è confermato dall’acquisizione di vari dipinti dell’Ottocento veneto, tra cui uno splendido olio di Ettore Tito intitolato “Tra le foglie”, mentre il suo amore per Venezia è documentato da diversi quadri di veduta: dalle “gouache” di Giacomo Guardi, che riproducono i luoghi più frequentati del “grand tour” quali il Ponte di Rialto e la chiesa della Salute, al “Carnevale in Piazzetta” di Italico Brass, fino ad arrivare a una rappresentazione sfuggente e silenziosa della città, frutto dell’ultima fase creativa di Carlo Carrà. Però entrare nel perimetro descrittivo e critico dell’intera collezione Centanini risulta difficile perché significherebbe spingersi nel “privato” di un’intera esistenza».

Le riflessioni

Colasio, invece, nel presentare l’esposizione ha osservato: «La mostra nasce da una triangolazione positiva tra il Museo, la Fondazione Cassa di Risparmio e la collezione Centanini, donata a quest’ultima. Il protagonista, l’avvocato Piero, era un personaggio curioso, poliedrico e un collezionista onnivoro perché nel suo patrimonio ha messo insieme per esempio Boldini, Fattori, Riga e Signorini, cioè i grandi Macchiaioli, il gruppo degli italiani presenti a Parigi come Zandomeneghi e De Nittis, e anche opere antiche perché alterna la fascinazione per il Novecento con quella più antica, come da consuetudine familiare. Le opere sono veramente importanti e quindi i visitatori possono confrontarsi con la bellezza del Museo e con questa straordinaria raccolta. E tra l’altro nel periodo natalizio l’ingresso per i padovani è gratuito».

«Il collezionismo ha aggiunto Francesca Veronese ha origini antiche e già nel mondo greco alcune strutture pubbliche ospitavano delle raccolte. Il Museo ha come sua funzione appunto quella di “colligere et exponere”, cioè creare collezioni ed esporle, e in questo caso si tratta di quella di proprietà della Fondazione che con l’allestimento nelle nostre sale la mette a disposizione dei visitatori. In questo modo un importante patrimonio di opere appartenute a un privato diventa di pubblica fruizione».

Infine il professor Muraro ha concluso: «Sono felice di questa inaugurazione, più di quanto lo sia di solito. In primis perché ho conosciuto Centanini, persona che non si dimentica, e poi perché l’evento celebra una donazione che ci è cara per il valore e perché dimostra che la Fondazione gode della fiducia dei donatori stessi: il lascito morale che abbiamo assunto è stato onorato e lo sarà anche in futuro, rendendo sempre più fruibile la collezione».