di
Francesco Verderami
Le analisi italiane sulla Lituania e l’apprensione per il Donbass
È al Consiglio supremo di difesa che emerge per la prima volta la preoccupazione dei vertici istituzionali italiani per la strategia americana sull’Ucraina. Con tutti i rischi che un errore nella gestione del negoziato con i russi potrebbe comportare per l’Europa e l’Occidente. Gli interrogativi di quella riunione al Quirinale sono intatti e ruotano attorno a un’eventualità che non può essere esclusa: cosa accadrebbe se Putin — avvertendo le divergenze tra le due sponde dell’Atlantico — fosse tentato di saggiare il distacco tra gli Stati Uniti e il Vecchio Continente, allargando il perimetro delle sue «operazioni militari speciali»? In caso di una mancata risposta della Nato verrebbe meno il principio della deterrenza, che da settantasei anni è alla base della sicurezza europea. Sarebbe la fine dell’Occidente.
Raccontano che al Consiglio supremo di difesa sia stato fatto l’esempio di un attacco alla Lituania, «esempio non causale» spiega una fonte autorevole. D’altronde gli Stati baltici hanno una percezione molto elevata del pericolo russo, tanto che in Finlandia sono giunte dalla Germania due brigate corazzate: era dal 1945 che militari tedeschi non mettevano piede in quel Paese. Documenti che mettono insieme informazioni dei Servizi e analisi diplomatiche evidenziano che «nell’immediato Putin non può allargare il conflitto perché militarmente regge grazie al supporto cinese» ma «il suo intento è mettere in dubbio la capacità di reazione europea», consapevole che «qualunque atto che non preveda conseguenze proporzionate mette in crisi la sicurezza».
In bilico tra guerra e pace, l’Italia si è data una serie di priorità, di cui si è discusso al Colle: tenere ancorati gli Stati Uniti al negoziato e condividere l’azione europea che difende l’Ucraina per difendere sé stessa. L’obiettivo è di non cedere su quelle che il ministro della Difesa Crosetto ha definito «le linee rosse», cioè i limiti alla trattativa «che Mosca conosce».
A partire dal Donbass. Il punto è che Trump ha inserito quel territorio nel piano d’intesa con Putin. Zelensky non può accettarlo, «perché — secondo un rappresentante del governo italiano — il Donbass non è nelle sue disponibilità»: «Gli ucraini non vogliono arretrare dalla linea di fortificazione che hanno lì. E non è solo un tema politico. Ci sono 250 mila abitanti e 220 mila soldati che non intendono cedere». Ma c’è un problema. Kiev non può permettersi di perdere l’aiuto di Washington, che non è più legato alla fornitura di armi bensì alle fonti di intelligence: «Se i servizi americani smettessero di condividere le loro informazioni, sarebbe un grave colpo per gli ucraini», dicono alla Difesa. Perciò Zelensky ha preso tempo proponendo un referendum in Donbass.
È un percorso complicato. Putin gioca su tre tavoli: quello diplomatico, quello militare e quello delle opinioni pubbliche europee. A palazzo Chigi chi è a conoscenza del dossier dice che «i russi stanno vincendo la guerra sui social» e che «alcuni media italiani amplificano le false notizie di Mosca»: «È un fatto che tempo addietro sia stata annunciata la resa degli ucraini a Pokrovs’k, che in realtà non è ancora caduta. È un fatto che sia stata rilanciata la dichiarazione di Putin sulla conquista di Kupiansk, che in realtà non è stata conquistata».
Così Meloni è costretta a giocare sul filo del fuorigioco. Finora è riuscita a tenere il punto «nonostante la totale freddezza degli italiani alla guerra», rimarcano dall’esecutivo: «La difesa di Kiev infatti non ha inciso sugli indici di gradimento della premier, del suo governo e del suo partito». Il motivo va ricercato (anche) nella postura che ha adottato con i partner europei: è formalmente al loro fianco ma non appare. Anche se sa che a breve dovrà esporsi, accettando una complicata operazione politico-finanziaria sull’uso degli asset russi per finanziare la resistenza di Kiev. Tra «linee rosse» e la crisi dell’Occidente sarà maledettamente difficile di qui in avanti. Ma «è l’Ucraina che difende militarmente l’Europa». Meloni ne è convinta.
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12 dicembre 2025 ( modifica il 12 dicembre 2025 | 21:13)
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