Nel 2011 Roman Polański ha realizzato uno dei suoi film più disturbanti adattando per il grande schermo la celebre pièce teatrale Il Dio del massacro di Yasmina Reza. Stiamo parlando di Carnage, il quale a quasi tre lustri di distanza dal suo debutto rimane ancora oggi un film claustrofobico e tagliente che colpisce lo spettatore allo stomaco.

Ambientato interamente in un appartamento di Brooklyn, il film è incentrato sul “civile” incontro tra due coppie di genitori, riunite per discutere di un alterco tra i rispettivi figli sfociato in un’aggressione. Quello che viene derubricato a banale incidente scolastico, nel corso degli 80 minuti di durata del film si trasforma tuttavia in un feroce duello psicologico al limite del grottesco.

La sceneggiatura, firmata a quattro mani da Polański e dalla stessa Reza, è un gioiello di precisione e crudeltà. Ogni battuta scava, destabilizza, fa emergere la natura più brutale dei protagonisti, in un crescendo che sembra fondere il miglior Pirandello con il ritmo snervante del cinema europeo. Tutti indossano una maschera sociale – l’educazione, la razionalità, la moderazione – ma nessuno riesce a tenerla su troppo a lungo, ed è solo questione di tempo prima che tutto imploda.

Tutto questo sarebbe stato certamente meno efficace senza la straordinaria prova di talento dell’intero cast. John C. Reilly interpreta con sorprendente naturalezza un uomo inizialmente accomodante e bonario, che gradualmente si rivela il più imprevedibile e ambiguo del gruppo. Il suo trasformismo è un piccolo tour de force attoriale. Dall’altra parte del ring, Christoph Waltz è il cinico per eccellenza: fastidioso, glaciale, più attaccato al suo cellulare che alla conversazione. Al suo fianco, una Kate Winslet elegantemente sull’orlo del collasso emotivo, mentre Jodie Foster incarna con energia febbrile il punto di rottura, la furia repressa che esplode e trascina tutto con sé.

Ma ciò che rende Carnage davvero indimenticabile è la regia di Polański. In uno spazio ridotto, il maestro costruisce tensione con movimenti di macchina fluidi, inquadrature studiate al millimetro e una capacità rara di gestire il ritmo, nonostante la quasi totale assenza di azione. Il campo visivo si restringe, la stanza sembra chiudersi sui protagonisti come una trappola e, proprio come per loro, anche lo spettatore si sente senza via di fuga.

Con il progredire della storia, anche l’ambiente cambia sotto i nostri occhi. L’appartamento, inizialmente elegante e rassicurante, si trasforma progressivamente in una gabbia emotiva, esasperata dall’apparente illusione di poterne uscire semplicemente andandosene. Più volte i personaggi di Waltz e Winslet si preparano infatti ad andarsene, solo per ritornare, quasi costretti a concludere qualcosa che ormai li sovrasta.

Qui Carnage si rivela in tutta la sua potenza, offrendo una dissezione chirurgica dell’ipocrisia immergendo i suoi protagonisti in una danza velenosa dalla quale nessuno può davvero tirarsi indietro. Insomma, il titolo non mente. Sullo schermo passa una vera e propria carneficina. Non di corpi, ma di identità, di buone maniere, di civiltà, il tutto sottolineato da un finale decisamente spiazzante.

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Foto: Medusa Film

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