TREVISO – I campioni del presente sono ancora nei mega-bus delle rispettive squadre, impegnati nelle riunioni tecniche e negli ultimi dettagli della preparazione pregara. All’ex Pattinodromo, base dei team per la partenza della Treviso-Nova Gorica si ritrovano anche tanti campioni del passato. Francesco Moser è seguito da una troupe che sta girando un docu-film sulla corsa rosa: «Qui a Treviso mi ricordo l’arrivo della penultima tappa del Giro che vinsi nel 1984: in quella volata proprio sul viale (D’Alviano, ndr) qui accanto giunsi terzo». I 10” di abbuono furono poi decisivi per battere Fignon nella crono finale di Verona. «Il Giro d’Italia ha una tradizione in questi luoghi, penso al Grappa: la prima volta che l’ho scalato, la strada era “bianca”.

La scorsa edizione la storia si era chiusa dopo due tappe, quest’anno invece può cambiare tutto fino alla fine», sottolinea il trentino.

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    L’IMPRESA DELLO STELVIO

A proposito di storia, nel 1975 Fausto Bertoglio conquistò la classifica finale. Fu anche il primo trionfo di una bici Pinarello in un grande giro. Per celebrare il 50° l’azienda trevigiana ha invitato l’ex pro’ bresciano: «Mai avrei immaginato di vincere – racconta – anche perché il capitano era Battaglin. Quando ho preso la maglia rosa, vincendo la cronoscalata del Ciocco, nella generale lui era dietro di pochi secondi e quindi dovevo fare gioco di squadra. Invece, il giorno successivo andò in crisi e io ho portato la maglia fino alla fine». Difendendola pure nell’ultima tappa con un epico duello con lo spagnolo Galdòs sui tornanti dello Stelvio: «Mi sto allenando per tornarci quest’anno. La bici è la mia medicina. Oggi vedo tanti corridori di talento, ma dovrebbero osare di più». Sul tettuccio di una Fiat 600 del 1966, prima “ammiraglia” aziendale, fa bella mostra la due ruote originale. Per la ricorrenza Pinarello ha creato un nuovo modello Dogma F Edizione Speciale, in fibra di carbonio, poco più di 5 kg di peso, blu e celeste a richiamare la livrea d’epoca. «Con questa Bertoglio avrebbe doppiato Galdòs», scherza Fausto Pinarello. Sarà in vendita in edizione limitatissima, circa un centinaio di esemplari. Intanto ieri l’hanno “testata” gli atleti della Ineos Grenardiers supportata proprio dalla casa della Marca. «Ricordo benissimo quella vittoria: avevo 14 anni se chiudo gli occhi rivedo ancora quelle immagini – dice l’ex pro‘ Davide Cassani, oggi apprezzato commentatore televisivo, dopo l’esperienza come ct – Adesso è cambiato tutto, però c’è ancora il gusto del Giro d’Italia, la passione, la gente. Soprattutto, una cosa è rimasta la stessa: la fatica fatta dai corridori». Da un ex ct della strada a quello attuale delle azzurre della pista, il mottense Diego Bragato: «Il Giro è sempre uno spettacolo da vedere e il pubblico risponde sempre. Il veldromo di Spresiano? Il territorio se lo merita e con un impianto del genere il nostro movimento farebbe un salto di qualità». Tra le tante glorie, non manca pure l’ex campione del mondo Alessandro Ballan. Sugli spalti naturali delle Mura sono assiepati i tifosi. I giovanissimi dell’Uc Martellago inneggiano a piena voce a Lorenzo Fortunato. Eccolo: autografi e selfie per tutti. I corridori sfilano sotto varco Caccianiga, ponte de Pria, fino in piazzale Burchiellati, ormai invasa dalla folla. «Treviso si conferma una splendida cornice che verrà vista in 197 paesi collegati. E, sotto il profilo sportivo, ci sono 5 italiani nei primi 15: bel segnale», esclama Roberto Pella, presidente della Lega ciclisti professionisti. Presentazione sul palco, firma foglio gara. Anche le moto della Polizia, le auto della direzione corsa e le ammiraglie sono in posizione. Il sindaco Mario Conte e il presidente della Regione Luca Zaia danno il via: il Giro è partito.