A quasi mezzo secolo dalla pubblicazione dell’ultima parte de Il Signore degli Anelli, l’universo creato da J. R. R. Tolkien continua a generare domande, interpretazioni e nuove chiavi di lettura. Alcuni enigmi della Terra di Mezzo sembrano destinati a rimanere tali per sempre, soprattutto quando lo stesso autore ha lasciato volutamente zone d’ombra nella sua mitologia. Tra questi, uno dei più affascinanti riguarda l’origine degli Hobbit, la razza apparentemente più semplice e rassicurante, ma anche quella che ha cambiato il destino del mondo. Oggi, una teoria dei fan torna a far discutere perché chiama in causa direttamente Gandalf, suggerendo che il mago abbia avuto un ruolo ben più profondo di quanto si sia sempre creduto.
Per comprendere questa ipotesi bisogna tornare al mito della creazione raccontato nel Silmarillion, in particolare nell’Ainulindalë. Eru Ilúvatar crea gli Ainur, spiriti divini che partecipano alla Musica da cui nasce l’universo. Tra loro ci sono i Valar, potenze maggiori come Aulë, e i Maiar, spiriti minori tra cui figurano Gandalf, Saruman e Sauron, molto prima di assumere le forme note nei romanzi. Attraverso il canto, ogni Ainur contribuisce a plasmare la realtà secondo il disegno di Ilúvatar, anche quando tenta di opporvisi, come accade con Melkor.
La teoria parte da qui: Gandalf, in quanto Maia, non avrebbe creato gli Hobbit direttamente, come Aulë fece con i Nani, ma avrebbe influito sulla loro nascita in modo indiretto, inserendo nella Musica degli Ainur il seme della loro futura esistenza. Tolkien stesso chiarisce che gli Hobbit sono una diramazione degli Uomini, definiti in una lettera «un ramo della razza specificamente umana». Questo li rende più giovani rispetto alle altre razze e suggerisce che le loro caratteristiche — bassa statura, piedi pelosi, indole riservata — siano il frutto di un’evoluzione particolare, prevista fin dall’inizio del mondo.
Nel mito tolkieniano, gli effetti della Musica non sono sempre immediati. Ilúvatar afferma che nessun tema può esistere senza avere origine in lui e che persino chi tenta di ribellarsi diventa, inconsapevolmente, uno strumento del suo disegno. È ciò che accade, ad esempio, quando l’acqua creata da Ulmo si combina con il freddo di Melkor, dando origine a neve e ghiaccio, elementi non intenzionali ma fondamentali. Allo stesso modo, Gandalf potrebbe aver contribuito senza saperlo alla nascita degli Hobbit, necessari affinché la storia della Terra di Mezzo potesse compiersi.
Questa lettura darebbe un nuovo significato al legame speciale tra Gandalf e la Contea. Mentre il resto del mondo ignora gli Hobbit, lui li protegge, li aiuta dopo il Lungo Inverno e diventa una presenza costante nelle loro vite. Frequenta le loro feste, apprezza l’erba pipa e, soprattutto, affida proprio a loro le due missioni decisive della Terza Era: la riconquista di Erebor e la distruzione dell’Unico Anello. Se Gandalf avesse davvero contribuito alla loro esistenza, il suo atteggiamento quasi paterno assumerebbe un peso simbolico ancora maggiore, trasformando quello che sembrava solo affetto in una responsabilità inscritta fin dall’alba del mondo.
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