Un team di scienziati e ornitologi della Cornell University ha messo a punto uno speciale tessuto «ultranero»: le sue proprietà e le possibili applicazioni in ambito tecnologico
Quando Zucchero cantava «vedo nero, coi miei occhi», probabilmente non aveva ancora visto il vestito più nero mai creato dall’industria tessile. Da che ne abbiamo memoria nel mondo della moda, questo particolare colore (che è in realtà la «sintesi» sottrattiva di tutti gli altri esistenti) ha da sempre rappresentato un simbolo di assoluta eleganza e sobrietà, ispirando i look di numerose star del mondo dello spettacolo e non. Se la messa a punto di un vestito è affare di sarti e fashion designer, la creazione di un «super-nero» (che più nero non si può) spetta invece agli scienziati.
Come riportato da uno studio pubblicato su Nature Communications, un team composto da ornitologi, ingegneri e scienziati dei materiali della Cornell University (e relativo laboratorio) sarebbe infatti riuscito nell’impresa di dare vita ad un tessuto dal nero più scuro mai osservato. Il coinvolgimento degli ornitologi potrebbe sembrare all’apparenza anomalo, ma ha in realtà ragioni ben più logiche di quanto si pensi: per la realizzazione del tessuto, questi si sarebbero infatti ispirati all’uccello fucile magnifico (il cui nome scientifico è Ptiloris magnificus), che presenta un piumaggio fortemente scuro, frutto di una specifica combinazione tra il pigmento della melanina e altre nanoparticelle specifiche in grado di intrappolare e assorbire la luce.
In natura, il concetto di «ultranero» è tutt’altro che raro: diversi animali presentano componenti simili nella loro struttura corporea, come nel caso della Traumatomutilla bifurca, un particolare imenottero recentemente scoperto in Brasile, caratterizzato da un corpo in grado d’assorbire gran parte della luce.
Si tratta di un «escamotage cromatico» non da poco, che viene spesso utilizzato dall’animale per mimetizzarsi e difendersi dai predatori più pericolosi, o accoppiarsi nel caso dell’uccello fucile magnifico.
Per ricreare in laboratorio questa particolare struttura, gli scienziati hanno fatto uso della lana merino bianca, tinta per l’occasione con la polidopamina, un biopolimero sintetico corrispondente (in natura) alla melanina. In un secondo momento, la stessa lana merino è stata portata all’interno di una camera al plasma, dove è stata incisa con alcune particolari nanofibrille appuntite in grado di replicare le barbule, ovvero le ramificazioni perpendicolari delle piume vere.
Entrando nel merito tecnico dei dettagli, il nuovo tessuto realizzato dagli studiosi presenta una riflettanza (la quantità di luce riflessa, per intenderci) pari allo 0,13%, il più basso valore mai raggiunto fino ad ora da qualsiasi altro prodotto tessile analogo. Nessuna angolazione o particolare illuminazione che tenga, in questo caso. Se la trasparenza viene considerata un parametro universale di qualità per i diamanti, la capacità d’assorbire la luce lo è per il nero.
È così che Zoe Alvarez, una studentessa di design della moda presso la Cornell University, ha dato vita ad un vestito che strizza fortemente l’occhio al piumaggio dell’uccello fucile magnifico, con grandi «paillettes» ultranere concentriche e una patch blu chiaro posizionata al centro del petto.
L’uso dell’ultranero non si limiterebbe però al mondo della moda, ma potrebbe essere esteso ad altri settori produttivi: la sua applicazione potrebbe spaziare dalle fotocamere ai pannelli solari, fino ad arrivare ai telescopi, con tutti i vantaggi del caso che ne conseguirebbero in termini di assorbimento della luce.
In futuro, il nero assoluto potrebbe inoltre trovare «occupazione» anche nella tecnologia consumer, mai come oggi costellata da smartphone, laptop e dispositivi simili con presunte colorazioni «Nero siderale» (Apple, ci devi dire qualcosa?), che spesso e volentieri rappresentano più una furba trovata di marketing che altro.
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15 dicembre 2025
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