È stata inaugurata oggi la nuova sede del Programma regionale di screening mammografico nella struttura Itis di via Pascoli. La nuova sede, realizzata da Asugi in collaborazione con Lilt (Lega italiana contro i tumori) sostituisce la precedente, che si trovava nel comprensorio di San Giovanni, e presenta ambienti rinnovati per offrire un contesto più accessibile e accogliente alle cittadine che aderiscono al programma di prevenzione. In occasione dell’inaugurazione è stata allestita all’interno degli spazi una mostra temporanea del pittore triestino Paolo Cervi Kervisher, come simbolo di alleanza tra sanità pubblica, prevenzione e cultura.
Lo screening mammografico
Lo screening mammografico permette la diagnosi precoce del tumore al seno, individuando anomalie prima dei sintomi, il che riduce significativamente la mortalità (fino al 30-40 per cento per le donne tra 50 e 69 anni) e rende le cure meno invasive e più efficaci, migliorando drasticamente le possibilità di guarigione. Una forma di prevenzione secondaria che affianca uno stile di vita sano per proteggere la salute femminile.

A livello regionale dal 2005 al 2025 sono state eseguite oltre 1,1 milioni di mammografie di screening, con 280 mila donne prese in carico. L’adesione al programma ha raggiunto il 77,7 per cento, che colloca il Friuli Venezia Giulia al terzo posto in Italia, e l’estensione degli inviti copre il 100 per cento della popolazione target (45-74 anni). Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti il direttore generale di Asugi Antonio Poggiana, il sindaco Roberto Dipiazza, Carla Dellach del Coordinamento aziendale programmi regionali screening e la presidente Lilt Trieste Sandra Dudine.
“Si è voluto dare a queste stanze il tratto dell’umanizzazione” ha detto il direttore generale di Asugi Antonio Poggiana, in modo che “le persone che accedono a questi servizi lo fanno nonostante uno stato d’ansia e preoccupazione, quindi trovarsi accolti in ambienti più vicini all’aspetto familiare che all’aspetto sanitario è un servizio che le aziende sanitarie e le istituzioni come ITIS debbano dare”.