Nel corso della sua carriera, come documentato da Launer, Spielrein condusse il primo studio sul linguaggio schizofrenico (argomento della sua tesi di dottorato); ha elaborato le prime idee che hanno contribuito allo sviluppo del concetto di istinto di morte, successivamente sviluppato e introdotto da Freud (che le ha dedicato un breve cenno in una nota a piè di pagina); ha scritto una serie di articoli innovativi sulle dinamiche familiari; ha combinato in modo radicale diversi campi di studio scientifici nel suo lavoro sullo sviluppo infantile; e ha iniziato a lavorare su idee che sarebbero poi riemerse nel campo della psicologia evoluzionistica.

Spielrein promosse le sue idee attraverso conferenze e nel suo lavoro professionale, ma secondo Klara Naszkowska, docente di studi di genere, sessualità e studi sulle donne alla Montclair State University e direttrice fondatrice dell’Associazione Internazionale per gli Studi su Spielrein, all’epoca diversi fattori impedirono che queste idee avessero un’influenza duratura.

In primo luogo, la sua prospettiva innovativa nel combinare idee provenienti da diverse discipline si estese alla combinazione di idee provenienti da diverse scuole di pensiero. Spielrein ebbe un rapporto complicato con Jung e Freud: con il primo per ovvie ragioni, con il secondo a causa di una corrispondenza a tre che si sviluppò tra Jung, Freud e Spielrein, “che mette entrambi gli uomini in cattiva luce poiché avevano cercato di zittirla riguardo alla relazione”, secondo Launer. Ma ciò non le impedì di cercare di attingere a entrambe le loro scuole di pensiero nel suo lavoro. Purtroppo, a quel punto, la scissione intellettuale tra Jung e il suo ex mentore Freud era ormai consolidata e i due schieramenti mantennero una separazione accademica.

In secondo luogo, Spielrein si trasferì in Russia nel 1923, lontano dal centro del movimento psicoanalitico. “È come se si fosse trasferita su Marte”, afferma Naszkowska. Poi, durante l’Olocausto, lei e la sua famiglia furono uccisi dai nazisti e “scomparve completamente dalla scena intellettuale per 35 anni”.

Naszkowska sostiene che l’oblio intellettuale di Spielrein terminò negli anni ’70, quando una scatola contenente i suoi scritti fu scoperta durante dei lavori di ristrutturazione all’Istituto Rousseau di Ginevra. Inizialmente l’interesse per lei era dovuto alle sue interazioni con Freud e Jung. Mentre la prima ondata di attenzione si concentrò sulla relazione, negli ultimi decenni è stata prestata maggiore attenzione alle conquiste rivoluzionarie della Spielrein.

L’Associazione Internazionale per gli Studi su Spielrein è stata fondata nel 2017. Secondo Naszkowska, “L’idea principale era quella di rimediare con il nostro lavoro agli errori commessi nei confronti di Spielrein, rendendole giustizia per ciò che non le è stato riconosciuto in vita, ma anche dopo la sua morte, per molti, molti, molti decenni, affinché il suo nome sia conosciuto e le sue idee non solo ricevano il riconoscimento che meritano, ma siano anche utilizzate, integrate nei programmi di studio e insegnate”.

Antonia Anna, detta Toni, Wolff non ha forse languito nell’oscurità per decenni, ma la sua reputazione e le sue idee hanno iniziato a ricevere maggiore attenzione solo dopo la pubblicazione de Il Libro Rosso nel 2009 [opera di Jung pubblicata postuma in prima edizione solo nel 2009, ndt], quando il suo ruolo fondamentale in un certo periodo della vita di Jung ha attirato maggiore attenzione.

Toni Wolff incontrò Jung sei anni dopo Sabina Spielrein, ma in circostanze simili. Divenne una delle relazioni più serie di Jung, sia per l’intensa connessione tra i due, sia per il modo in cui Wolff si inserì nella vita di Jung e della sua famiglia.  

Wolff entrò nel mondo di Jung come paziente dopo un esaurimento nervoso causato dalla morte del padre. Seguendo una sorta di copione prestabilito, si recò da lui per curarsi e, una volta guarita, rimase nel circolo di Jung come seguace. Secondo Anthony, il loro rapporto professionale si trasformò in qualcosa di personale nel periodo in cui Jung stava attraversando la fase di rottura epocale con Freud e iniziando la profonda e difficile esplorazione del proprio inconscio che avrebbe portato alla stesura del Libro rosso e gettato le basi per il lavoro di tutta la sua vita.

Fu proprio quest’ultimo evento a consolidare il loro stretto rapporto. “Fu infatti a Toni che si rivolse quando iniziò la sua discesa nei regni oscuri e in gran parte inesplorati dell’inconscio”, scrive Anthony. “In sostanza, lei dovette diventare la sua analista”.

Wolff sarebbe poi diventata una delle sue principali assistenti e musa ispiratrice, prima di diventare lei stessa un’analista professionista. Sebbene Wolff lavorasse principalmente nell’ambito del modello junghiano – a differenza di Spielrein, che svolgeva anche ricerche al di fuori di esso – ebbe un ruolo fondamentale nello sviluppo di un quadro di riferimento teorico che affrontasse il modo in cui il concetto di individuazione di Jung si applica specificamente alle donne. È nota soprattutto per un articolo pubblicato nel 1956 intitolato “Structural Forms of the Feminine Psyche” (Forme strutturali della psiche femminile).”

Per quanto riguarda le idee di Jung, sia Shamdasani che Fischer affermano che gli studi sulle donne che hanno collaborato con Jung dimostrano che Jung non stava conducendo un viaggio intellettuale solitario. Il suo lavoro era collaborativo, sia per sua propria natura che nella necessità per Jung di vedere che le idee che stava generando sulla base del proprio lavoro inconscio fossero replicabili in altri.

“Penso che ogni singola storia che viene studiata in modo più approfondito dimostri chiaramente che [Jung] non era solo un genio solitario che elaborava tutto ciò che scriveva pescando dal suo io interiore”, afferma Fischer. “Lui dialogava non solo con la sua anima, ma anche con le persone che lo circondavano…  Vedo che gran parte di ciò è un gioco di interazioni, e a volte è difficile attribuire a una sola persona il merito di essere l’unico ideatore originale di un concetto o di un’idea”.

Emma Jung, Sabina Spielrein e Toni Wolff non sono le uniche tre donne le cui collaborazioni e idee hanno influenzato Carl Jung e che meritano di essere messe in luce. Le loro storie dimostrano che il lavoro di analisi delle vite e dei mondi intellettuali delle prime donne della psicoanalisi porterà solo a una comprensione più profonda e ricca della storia intellettuale di questa materia.

Come Emma scrisse al marito il 5 febbraio 1902: «Il mondo è pieno di enigmi e misteri, e le persone vivono semplicemente la loro vita senza porsi molte domande… Oh, chi potrebbe sapere tanto, sapere tutto!».