di
Alessio Cozzolino
Un articolo apparso di recente su “The Lancet” fa luce sulla vita dell’anatomista Angelo Ruffini, che studiò gli animali per capire i modelli anatomici umani. E fece brillanti scoperte sul tatto
Che mondo sarebbe senza animali? Impossibile immaginarlo: non solo perché sono pilastri degli ecosistemi, ma anche perché proprio dallo studio della loro anatomia abbiamo costruito gran parte delle conoscenze su cui si regge la medicina moderna. Un legame raccontato di recente sulle pagine di The Lancet, Neurology che ha dedicato un tributo ad Angelo Ruffini (1864–1929), medico, anatomista ed embriologo italiano considerato tra i protagonisti della neuroanatomia e della fisiologia dello sviluppo.
Alla scoperta dei meccanocettori
«Ruffini è celebre per la scoperta dei corpuscoli che portano il suo nome, meccanorecettori coinvolti nella propriocezione, e per i suoi studi pionieristici sulla gastrulazione degli anfibi», racconta al Corriere Marcello Trucas, ricercatore di Anatomia al Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Cagliari e coautore dell’articolo apparso sulla rivista britannica. Si laureò in Medicina all’Università di Bologna nel 1890, dove fondò un laboratorio di istologia e introdusse tecniche innovative di colorazione, tra cui modifiche al metodo di Weigert per visualizzare le guaine mieliniche, perfezionando inoltre l’uso della camera lucida per la micrografia. Il 1925 fu il suo anno più significativo: Ruffini pubblicò il trattato Fisiogenia, in cui descrisse la dinamica della gastrulazione e introdusse il concetto di “stichotropismus”, ovvero il movimento lineare delle cellule embrionali. La gastrulazione rappresenta una fase cruciale dello sviluppo: dopo la segmentazione, l’embrione si riorganizza attraverso complessi movimenti cellulari, aumenta il numero di cellule e si suddivide nei tre foglietti definitivi – ectoderma, mesoderma ed endoderma – destinati a formare tutti i tessuti e gli organi.
Le radici dell’anatomia comparata
Il lavoro di Ruffini – spiegano gli autori – si inserisce nella lunga tradizione dell’anatomia comparata, disciplina che per secoli ha rappresentato un caposaldo della morfologia. Le prime descrizioni sistematiche derivavano infatti da dissezioni animali, come quelle di Galeno (129–216 d.C.), rimaste punto di riferimento della medicina per oltre un millennio. Le analisi condotte da Ruffini, grazie a metodiche istologiche d’avanguardia, anticiparono concetti fondamentali della biologia dello sviluppo e alimentarono un dialogo scientifico internazionale. Celebre il suo scambio epistolare con Sir Charles Sherrington, che contribuì a far conoscere le sue scoperte oltre i confini italiani. Per i suoi contributi ricevette una medaglia d’oro dall’Accademia Nazionale delle Scienze e il sostegno della Royal Society. «Nonostante le differenze anatomo-funzionali e immunologiche che limitano la trasposizione diretta dei dati – osserva Trucas – i modelli animali restano essenziali nella ricerca in vivo e traslazionale, perché permettono di studiare i meccanismi alla base del funzionamento dei tessuti e della dinamica delle malattie».
Un senso complesso
Tra le grandi missioni scientifiche di Ruffini ci fu anche lo studio del tatto, analizzato in chiave comparativa tra specie. «Il tatto è un senso complesso, organizzato in modo diverso a seconda degli adattamenti evolutivi», continua Trucas. Nell’uomo, regioni come i polpastrelli concentrano un’elevata densità di recettori – tra cui i corpuscoli di Ruffini – fondamentali per la propriocezione e per la percezione dello stiramento cutaneo. Descritti per la prima volta da Ruffini nel 1894, questi meccanorecettori sono presenti anche in molte altre specie, ma la loro distribuzione varia in base alle esigenze sensoriali e motorie. Un esempio sono le vibrisse, dove prevale una sensibilità protopatica – quella che rileva stimoli generali come pressione, vibrazioni e movimenti improvvisi – ma che integra anche componenti epicritiche, necessarie per discriminare forme, direzioni e minime variazioni dello spazio circostante. Nell’essere umano, invece, la discriminazione fine è affidata soprattutto ai recettori di Merkel e Meissner.
L’eredità che continua
Senza gli animali, avverte Trucas, molte di queste conoscenze non sarebbero mai state raggiunte. E, a distanza di un secolo, il lavoro di Ruffini continua a ispirare la ricerca biomedica contemporanea, ricordando quanto sia profondo il legame tra l’evoluzione delle specie e il progresso della medicina.
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Riferimenti: Angelo Ruffini: neuroanatomist of embryos and receptors Trucas, Marcello et al. The Lancet Neurology, Volume 24, Issue 10, 813
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18 dicembre 2025
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