di
Francesca Basso
L’accordo per l’Ucraina: il compromesso trovato nella notte. Prestito congiunto Ue per affrontare le esigenze finanziarie più urgenti di Kiev, avanti con il lavoro tecnico sul prestito di riparazione, basato sui beni russi
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BRUXELLES – Che sarebbe stato un summit difficile, il più complicato della nuova legislatura iniziata un anno fa e del nuovo mondo incarnato da Donald Trump, è stato evidente la scorsa settimana quando l’Italia ha firmato una dichiarazione con il Belgio, la Bulgaria e Malta per invitare la Commissione europea e il Consiglio a continuare a esplorare opzioni alternative al prestito di riparazione per l’Ucraina basato sugli asset immobilizzati della Banca centrale russa. La discussione sul tipo di prestito da fornire a Kiev per garantire il sostegno finanziario per il 2026 e il 2027 si è conclusa alle 3 del mattino di venerdì con una soluzione che a inizio giornata sembrava impensabile perché il premier ungherese Viktor Orbán si è sempre dichiarato contrario al debito comune.
E invece i leader Ue hanno concordato a Ventisette di fornire 90 miliardi di euro per gli anni 2026-2027 all’Ucraina sulla base di un prestito dell’Ue con bond raccolti sui mercati, garantito dal margine di manovra del bilancio dell’Ue (la differenza tra impieghi e pagamenti nel budget Ue 2021-27). Grazie alla cooperazione rafforzata, l’eventuale mobilitazione delle risorse del bilancio dell’Unione a garanzia di tale prestito non avrà alcun impatto sugli obblighi finanziari della Repubblica ceca, dell’Ungheria e della Slovacchia.
Nella dichiarazione sull’Ucraina, approvata invece a Venticinque senza Ungheria e Slovacchia, «il Consiglio europeo invita il Consiglio e il Parlamento europeo a continuare a lavorare sugli aspetti tecnici e giuridici degli strumenti che istituiscono un prestito di risarcimento basato sui saldi di cassa associati ai beni immobilizzati della Russia». Insomma, il cancelliere tedesco Friedrich Merz salva solo parzialmente la faccia dopo avere avere fatto pressioni con forza sul Belgio, insieme ai Paesi Nordici, ai Frugali e alla Commissione, per il prestito di riparazione all’Ucraina basato sugli asset immobilizzati della Banca centrale russa. «Dal mio punto di vista», ha ripetuto Merz sin dal mattino, quella dell’utilizzo degli asset russi «è davvero l’unica opzione». Poi al termine del vertice ha aggiustato il tiro ammettendo che la proposta originaria della Commissione era troppo complessa rispetto a quella adottata che è «molto pragmatica e valida». Merz ha quindi definito il summit «un grande successo» nel quale «l’Europa ha dato una dimostrazione della propria sovranità». Ma la sconfitta politica è evidente: ha sbagliato strategia.
Il risultato del Consiglio europeo ha «soddisfatto» la premier Giorgia Meloni, uscita invece vincitrice dai negoziati insieme a De Wever e Orbán. Per Meloni «ha prevalso il buon senso» con una «soluzione che ha una base solida sul piano giuridico e finanziario». Per il premier belga Bart De Wever «oggi tutti possono uscire da questa riunione vittoriosi». Ma soprattutto ha riconosciuto che «la situazione ha iniziato a cambiare quando anche Italia, Bulgaria e Malta si sono espresse». Mentre il presidente francese Emmanuel Macron ha spiegato che «nelle prossime settimane dovremo anche trovare modi e mezzi affinché gli europei, nella giusta organizzazione, possano riprendere un dialogo approfondito con la Russia in totale trasparenza».
A chiarire la drammaticità del momento giovedì era stato il premier polacco Donald Tusk al suo arrivo al summit: «Abbiamo una scelta semplice: o soldi oggi o sangue domani, e non parlo solo dell’Ucraina, parlo dell’Europa, e questa è una decisione che spetta a noi e solo a noi». Delle due opzioni messe sul tavolo dalla Commissione, la soluzione del prestito di riparazione basato sugli asset russi immobilizzati è stata presentata nelle scorse settimane come l’unica praticabile, perché raggiungibile attraverso una maggioranza qualificata, mentre l’alternativa di un debito basato sul bilancio comune, avrebbe avuto bisogno dell’unanimità e pesavano i no dei premier ungherese Viktor Orbán e dello slovacco Robert Fico. Inoltre la Germania, l’Olanda e gli altri «Frugali» sono da sempre contro gli eurobond. Ma alla fine per garantire il sostegno finanziario che serve all’Ucraina hanno dato prova di responsabilità.
Il prestito basato sugli asset russi, molto complicato giuridicamente, ha fin da subito riscontrato l’opposizione del Belgio che ospita Euroclear, la società che custodisce 185 dei 210 miliardi di euro di beni russi immobilizzati nell’Ue e dunque più a rischio in caso di ritorsioni legali da parte della Russia. Anche l’Italia ha sempre manifestato dubbi politici e giuridici. Ieri mattina, prima dell’inizio del vertice, parlando davanti al Parlamento belga, De Wever aveva spiegato che «il Belgio continua a chiedere che l’Unione europea, e non solo il Belgio, si assuma la piena responsabilità finanziaria dell’intero rischio, che rimane ancora sconosciuto». De Wever ha domandato garanzie illimitate nell’importo e nel tempo agli altri Stati membri per sciogliere la riserva, ma alla vigilia i Paesi Ue hanno spiegato di non poter accogliere la richiesta, che non avrebbe mai passato il voto dei Parlamenti nazionali necessario in alcuni Stati.
La discussione vera e propria è iniziata solo con la cena, perché le ore precedenti sono state usate per un confronto tra i leader sui temi che prevedevano una discussione strategica in vista di una futura decisione — allargamento e riforme, difesa e sicurezza, bilancio Ue post 2027, Medio Oriente, migrazione — ma soprattutto per condurre incontri bilaterali nel tentativo di trovare una via d’uscita al no del premier De Wever. Tra i faccia a faccia c’è stato anche quello con Zelensky: «Lo capisco, ma noi rischiamo di più», ha commentato il presidente ucraino. I tecnici della Commissione hanno spiegato nel dettaglio a De Wever l’idea di usare i 210 miliardi per garantire il prestito da 90 miliardi.
Nella giornata si sono svolti in parallelo contatti tra la delegazione francese e ungherese, tra la Commissione e le delegazioni magiara e slovacca nel tentativo di verificare se il no a un prestito basato sul bilancio comune ma con garanzie su base volontaria fosse insormontabile. Al termine del vertice, nella notte, Orbán ha raccontato che «si è creata una situazione in cui noi tre», Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, «eravamo decisivi, perché sarebbe stata necessaria l’unanimità. Alla fine abbiamo scelto una soluzione diversa: poiché non siamo riusciti a convincerli ad abbandonare il piano, ed è molto difficile impedire contemporaneamente a tedeschi, italiani e francesi di portare avanti qualcosa, abbiamo chiesto che, se loro vogliono salire su questo treno e noi non vogliamo comprare il biglietto, non ci venga imposto di salirci. Qui questo si chiama opt-out, esenzione». Con una mossa corsara, Orbán ha fatto un favore a Putin salvando di fatto gli asset della Banca centrale russa, anche se restano immobilizzati a tempo indeterminato, e ha messo nell’angolo la Germania.
19 dicembre 2025 ( modifica il 19 dicembre 2025 | 08:59)
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