Il Parlamento europeo chiede di accelerare sulla mobilità militare dentro l’Ue, chiedendo l’istituzione di quella che definisce una “Schengen militare” allo scopo di preparare meglio il blocco a rispondere a eventuali minacce provenienti dalla Russia di Vladimir Putin.
In una risoluzione adottata in Plenaria a Strasburgo, gli eurodeputati definiscono la capacità di spostare rapidamente truppe, equipaggiamenti e asset un “abilitatore essenziale” della sicurezza e difesa europea e insistono che, dopo la guerra russa contro l’Ucraina, “è diventato più urgente” colmare le carenze strategiche e passare dalle dichiarazioni ai risultati. Nelle parole del testo, “è tempo” di trasformare gli obiettivi comuni Ue-Nato in “progressi reali”.
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“Per mantenere la forza e la capacità dell’Europa di scoraggiare gli aggressori, è fondamentale dimostrare la nostra prontezza ad agire. Ciò include la capacità di dispiegare rapidamente truppe e attrezzature in tutta l’Ue”, ha dichiarato il liberale lituano Petras Auštrevičius, correlatore del testo, secondo cui “superare gli oneri amministrativi e sviluppare capacità e infrastrutture a duplice uso non è un lusso, ma una necessità”.
“Attualmente, ci sono troppi ostacoli alla mobilità militare che potrebbero essere rapidamente superati senza richiedere grandi finanziamenti. La mobilità militare è diventata ancora più urgente alla luce della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Non c’è tempo da perdere: dobbiamo mantenere lo slancio e raggiungere gli obiettivi più facili da raggiungere”, gli ha fatto eco l’altro relatore, Roberts Zīle, conservatore lettone.
Schengen militare
Il cuore politico della risoluzione, approvata con 493 voti a favore, 127 contrari e 38 astensioni, è l’idea di una “military Schengen area”, una sorta di area senza frontiere interne per i movimenti militari. Non si tratta di abolire i confini in senso stretto, ma di rimuovere ostacoli amministrativi, procedurali e infrastrutturali che oggi possono rendere lentissimo lo spostamento di mezzi e materiali. Il Parlamento riconosce che, nonostante i passi avanti, restano “considerevoli barriere” e che in alcuni casi può servire “oltre un mese” per trasferire equipaggiamenti attraverso l’Ue.
Tempi di reazione rapidi
Gli eurodeputati puntano a standard misurabili. La risoluzione chiede di rispettare l’obiettivo massimo di “tre-cinque giorni” per completare le procedure di attraversamento e di permessi per trasporti eccezionali, con un’asticella più alta per le unità di reazione rapida: tre giorni “in peacetime” e “24 hours in a crisis situation”.
Il Parlamento spinge poi per una governance più robusta e meno frammentata. Da un lato chiede “un European digital one-stop shop” per autorizzazioni transfrontaliere, con un sistema di priorità codificato e un database condiviso con la Nato. Dall’altro sollecita una “military mobility taskforce” a livello Ue per preparare, attuare e monitorare le iniziative in modo orizzontale, insieme a punti di contatto nazionali. In parallelo, raccomanda di lavorare a una tabella di marcia della Commissione per arrivare alla “Schengen militare” “senza ulteriori ritardi”.
Infrastrutture
Il Parlamento chiede investimenti mirati lungo i quattro corridoi prioritari di mobilità militare, Nord, Est, Centro Sud e Centro Nord, e ricorda che più del 94% di questi tracciati coincide con la rete Ten-T, il grande sistema europeo dei trasporti. L’obiettivo è duplice: rendere infrastrutture civili utilizzabili anche in ottica militare, e togliere colli di bottiglia che bloccano interi corridoi, come ponti, tunnel, linee ferroviarie e collegamenti portuali.
La risoluzione, che non è vincolante, è esplicita sul bisogno di una logistica completa: non solo movimento di truppe e mezzi, ma anche manutenzione, stoccaggio, rifornimento, riparazioni e munizioni, integrando il tutto nella bussola strategica dell’Ue. Sul lato ferroviario, il Parlamento definisce i binari “la spina dorsale” per spostare asset pesanti e pericolosi e mette in fila le criticità, dall’interoperabilità alle differenze di scartamento, fino alla resilienza cyber di sistemi come Ertms e alle minacce di jamming.
Finanziamenti
La risoluzione accoglie con favore l’ambizione di aumentare il budget per la mobilità militare nel prossimo bilancio pluriennale ma ricorda che per il periodo nel 2021-2027 il Consiglio aveva poi tagliato del 75% i fondi proposti. Gli eurodeputati avvertono che “una situazione del genere non può ripetersi” e sottolineano che i fondi dell’attuale periodo sono stati consumati rapidamente, con il budget esaurito già all’inizio del 2024.
Sul fabbisogno, i numeri sono pesanti: si parla di almeno 100 miliardi di euro per intervenire su circa 500 “hotspot” infrastrutturali. Per questo il Parlamento chiede di preservare almeno l’indicazione di 17 miliardi per la mobilità militare nel prossimo quadro finanziario, di semplificare le procedure di accesso ai fondi per progetti dual use e di mobilitare anche strumenti come i prestiti della Bei. Nel testo compare anche l’idea di esplorare un nuovo meccanismo, una “Defence, Security and Resilience Bank”.
Ue-Nato e fronte orientale
La risoluzione inquadra la mobilità militare come priorità della cooperazione Ue-Nato e come elemento cruciale per la sicurezza del fronte orientale, con un riferimento esplicito alla necessità di poter dispiegare forze rapidamente verso l’est dell’Unione. Il testo parla di minaccia russa “considerevole” e richiama la vulnerabilità dei Baltici, citando anche il corridoio di Suwalki.
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Gli eurodeputati chiedono esercitazioni congiunte regolari e “stress test” per individuare e rimuovere ostacoli, e denunciano un problema politico sensibile: la persistente difficoltà di condividere informazioni classificate tra Nato e Ue, che secondo il Parlamento “mina significativamente” l’efficacia degli sforzi comuni.