Gli Aristogatti a 55 anni dalla sua uscita in sala, rimane uno dei Classici Disney più popolari e amati di tutti i tempi. Dopo tanto tempo, continua a riscuotere un affetto e un consenso universali, in virtù di una leggerezza, eleganza e una capacità di coinvolgere uniche, a sostegno tra l’altro di tematiche tutt’altro che superficiali.
Un Classico nato quasi per caso
Gli Aristogatti è uno di quei titoli Disney che si sono tramandati di generazione in generazione, guardarlo (magari durante il Natale) è diventato per molti una tradizione, soprattutto con i figli o nipotini. Parliamo infatti di uno dei film d’animazione simbolo degli anni ‘70, uno dei periodi più fertili per casa Disney. Fu anche, come spesso accade, uno dei film meno compresi dalla critica internazionale dell’epoca, e l’ultimo prodotto direttamente da Walt Disney prima della sua morte, avvenuta nel 1966. Avrebbe confermato la profondità del legame tra la rappresentazione antropomorfa degli animali, che lui adorava, e la ricerca di uno stile visivo dal tono morbido, gradevole, frizzante, adagiato su una struttura diegetica magari un po’ scolastica, ma tutt’altro che elementare o banale.
Gli Aristogatti fu un progetto che nacque per caso, nei primi anni ‘60, quando Harry Tytle e Tom McGowann stavano creando delle trame per la serie ontologica televisiva live action della Disney: Wonderful World of Colour. Diverse trame dedicate agli animali furono scritte e poi messe da parte, ma una, che riguardava una mamma gatta e i suoi tre gattini, parve poter essere quella giusta. McGowan concepì come villain un maggiordomo e poi inserì anche una ricca ereditiera, che dovevano avere i volti di Boris Karloff e Françoise Rosay. La location ideale dalla Grande Mela si spostò a Londra, strizzando l’occhio a La carica dei 101, per poi arrivare a Parigi. La sceneggiatura, creata da Tom Lowe, fu però bocciata nel 1962. Deciso a non demordere, McGowan allora la propose direttamente il tutto a Walt Disney, che apprezzò il progetto.
Il 17 dicembre del 1980 usciva in sala il cult di Claude Pinoteau, uno dei film di formazione più famosi di tutti i tempi e simbolo degli anni ’80
Nel 1963 Gli Aristogatti fu messo in pausa, quando ripartì, nel 1967, si decise che la cosa migliore era un film d’animazione classico, che fu messo nelle mani dell’esperto Wolfgang Reitherman. Walt Disney intervenne personalmente per modificare diverse parti della storia e ci vollero 18 mesi a Ken Anderson e i leggendari animatori del Nine Old Men group per creare i personaggi. Gli Aristogatti ebbe un budget soltanto di 4 milioni di dollari, il che spiega anche perché, diverse sequenze fossero di fatto riprese da Il libro della giungla, uscito tre anni prima. Reitherman aveva anche diretto La bella addormentata nel bosco, Golia, il piccolo elefante e La spada nella roccia, aveva fantasia e colpo d’occhio. Ambientato nella Parigi della Belle Époque, Gli Aristogatti ci faceva conoscere Madame Adelaide Bonfamille.
Era una “gattara” altolocata, proprietaria della bellissima Duchessa e dei suoi tre cuccioli: Bizet, Matisse e Minou. Il suo braccio destro è il maggiordomo Edgar, che un bel giorno scopre che la sua padrona lascerà tutti i suoi averi proprio ai gatti, e solo successivamente alla loro dipartita ad Edgar. Avido e furioso allo stesso tempo, narcotizza i felini e li chiude in un sacco per affogarli nella campagna. Tuttavia, a causa di Napoleone e Lafayette, due strambi bracchi da caccia, il piano non riesce completamente. Duchessa e i suoi gattini si svegliano in una zona sconosciuta, impauriti, ma in loro soccorso arriva il randagio romano Romeo. Nell’originale era irlandese, di nome Thomas O’Malley, omaggio ai marinai e poeti dell’Isola. Doppiato in italiano da un bravissimo Renzo Montagnani, diventerà la guida di quella famiglia.
Tra Jazz, animali simpaticissimi e lotta di classe
In quel 1970 ci innamorammo soprattutto di questo gattone rosso, ancora oggi il volto di un’avventura intervallata da incontri con personaggi diventati a dir poco leggendari. Le oche Adelina e Guendalina Bla Bla e il loro Zio Reginaldo, il gatto Scat-Scat e la sua band di jazzisti folgorati, senza poi scordarsi della cavalla Frou-Frou, del simpaticissimo topo domestico Groviera. Certo, alla fine Gli Aristogatti non è un film che abbia dalla sua una narrativa così particolarmente elaborata o sorprendente, anzi a livello di struttura tutto è abbastanza lineare, classico potremmo dire. Ci sono moltissimi elementi in comune con Lilli e il vagabondo, e gli altri Classici sopra citati. Ma molto spesso al cinema non conta il cosa, ma il come. La caratterizzazione dei personaggi è tanto semplice quanto efficace.
