La netta sconfitta dell’azzurro all’Open de Caen riapre il dibattito sul senso dei tornei-esibizione nel tennis moderno

“Quando vieni qui, vinci soldi ma non punti“. La frase di Hugo Gaston, pronunciata dopo il match contro Lorenzo Musetti, fotografa perfettamente il senso – e il controsenso – delle esibizioni di fine stagione. Un circuito parallelo, sicuramente ricco dal punto di vista economico, ma spesso povero di reali motivazioni sportive.

All’Open de Caen, torneo-esibizione giunto alla sua 19ª edizione, Musetti ha salutato il pubblico in meno di un’ora, travolto dal francese Gaston (n.97) con un netto 6-2 6-0. Una sconfitta pesante, per numeri e sensazioni, che ha inevitabilmente fatto molto discutere e spinto tutti a porsi delle domande. Una su tutte.

Che senso ha partecipare?

La domanda è lecita: che senso ha esporsi a figuracce del genere, se in palio non ci sono punti ATP ma solo un assegno? È solo una brutta giornata o c’è qualcosa di più?

Nel caso di Musetti, le variabili non mancano. La stagione è stata lunga e dispendiosa, e l’azzurro arriva da un momento personale importante: è diventato padre per la seconda volta. Un evento meraviglioso, certo, ma che può incidere su energie mentali e fisiche. Il ritorno in campo, forse, è stato troppo affrettato.

Non è stato un caso isolato

Il dato che colpisce è che Musetti non è stato l’unico big a uscire ridimensionato. Anche Alejandro Davidovich Fokina (n.14) e Lorenzo Sonego (n.39) hanno perso i rispettivi incontri contro avversari francesi di classifica nettamente inferiore. Nessuno dei tre giocatori stranieri, tutti Top 40, è riuscito a vincere una partita.

Un segnale che porta a interrogarsi su un tema ricorrente: la reale motivazione dei giocatori nei tornei-esibizione. Il rischio è evidente: se per il pubblico è una festa, per chi scende in campo può diventare una formalità, una passerella ben remunerata, ma nulla di più.

Spettacolo o allenamento?

Gaston, dopo la netta vittoria su Musetti, ha provato a smorzare i toni: “Ci sono giorni no. Lorenzo forse era stanco o meno motivato, ed è comprensibile dopo una stagione magnifica. È un peccato per lo spettacolo, ma è il tennis“.

Dal canto suo, Quentin Halys, poi vincitore del torneo, ha ricordato che si tratta pur sempre di esibizioni: “Quando sei invitato a questi eventi, è difficile dire di no. In questo periodo dell’anno è un privilegio giocare match veri davanti alla gente“, ha spiegato.

Un format che funziona… fino ad un certo punto

Il paradosso è tutto qui. Dal punto di vista degli organizzatori e dei tifosi, il format funziona: Caen festeggerà la 20ª edizione nel 2026 e in passato ha ospitato nomi come David Ferrer, Holger Rune, Alex de Minaur, David Goffin, oltre ai francesi Tsonga, Gasquet e Simon.

Ma dal punto di vista dei giocatori di vertice, il confine tra allenamento, esibizione e rischio di fare figuracce è sottile. Perché perdere ci sta, ma perdere così malamente, contro avversari molto più indietro in classifica, lascia sempre strascichi.