di
Guido Olimpio

Il suo percorso ricorda quello degli sparatori di massa, che identificano i «nemici» (veri o inesistenti), decidono di spazzare quelli che considerano un ostacolo ai loro progetti, sono spinti dal desiderio di «vendetta» e si considerano vittime di «ingiustizie» (immaginarie)

Uno studente brillante, superiore alla media, per alcuni quasi «un genio». Ma anche un individuo arrogante, presuntuoso, aggressivo. Un uomo capace di rompere con tutto, compresa la famiglia che oltre 20 non ha più avuto sue notizie. Con il passare delle ore emergono tasselli che compongono meglio il profilo di Claudio Valente, responsabile dell’attacco alla Brown University, a Providence, e dell’omicidio dello scienziato Nuno Loureiro a Boston.

Sono i racconti di conoscenti ed ex compagni di studio a delineare il cammino del killer. Già al liceo, in Portogallo, Valente mette in mostra le sue doti e rivela asperità del carattere. Frequenta, per un certo periodo, gli stessi corsi di Loureiro, si conoscono e si frequentano. Hanno però un approccio diverso. Secondo le testimonianze Valente è molto deciso, concentrato, «secchione» mentre l’altro è più rilassato. Le loro strade poi si dividono anche se andranno entrambi negli Stati Uniti in epoche diverse.



















































Valente, a partire dal 2000, segue un corso in fisica alla Brown University e subito nascono degli ostacoli. Secondo un amico con il quale è in contatto, si lamenta del livello troppo basso dell’insegnamento, sostiene che gli altri sono scarsi, gradisce poco il cibo. Vorrebbe avere più pesce. Chi lo ha incrociato ne ricorda il comportamento chiuso ma anche atteggiamenti sopra le righe, sempre sprezzante. In un’occasione viene alle mani con uno studente brasiliano insultato in modo pesante: «Sei il mio schiavo».

La permanenza all’ateneo diventa pesante, Valente si prende una pausa nel 2001 per poi abbandonare definitamente l’ateneo nel 2003. Si congeda lasciando su una pagina elettronica dell’ateneo una fase criptica: «Il bugiardo più grande è quello che sa mentire a se stesso; questi esistono ovunque ma a volte si propagano nei luoghi più inaspettati». Ad un amico ribadisce quell’esperienza è inutile, non porta a niente. In realtà porta a qualcosa: l’inizio di una lunga rabbia. Rivolta contro tutti. Al punto che decide di troncare qualsiasi rapporto con il padre e la madre, lasciati nell’angoscia e nell’incertezza. Per un ventennio non avranno una notizia sul figlio, lo riscopriranno solo con l’annuncio del suo decesso. Difficile comprendere il motivo dell’ostilità verso i genitori.

Messa alle spalle l’università, il portoghese in apparenza lascia gli Usa. I dati sono ancora confusi, forse lavora per una società di computer. Ma è solo una parentesi perché nel 2017 vince la Green Card statunitense con il sistema della Lotteria e ciò gli permette di tornare dall’altra parte dell’Oceano. Per cosa fare? Gli inquirenti non hanno fornito particolari. Valente è come un fantasma, forse non usa i social, non si comprende bene quale sia la sua occupazione. Secondo le indagini negli ultimi tempi ha vissuto a Miami-Dade, condivideva una villetta con altre persone. Un vicino rammenta di averlo visto spesso parlare al cellulare in giardino, niente di più.

Ed è da questo cerchio d’ombra che Valente è riemerso per la fase finale di un piano meticoloso ma anche pasticciato. Ha raggiunto Boston, ha noleggiato una vettura il 17 novembre, si è procurato due targhe, ha manipolato il cellulare per oscurare i movimenti, si è armato di due pistole – una con puntatore -, ha affittato due vani in un deposito e li ha trasformati in base, ha usato una carta di credito intestata a un altro, è andato a dormire in un hotel, ed ha poi condotto delle ricognizioni a partire dal 28 attorno alla Brown University. Ma il suo girovagare ha attirato l’attenzione di un testimone, così come una sua puntata all’interno dell’ateneo. Uno spunto iniziale, integrato dai video delle telecamere, per la sua successiva identificazione. Il 13 dicembre ha attuato il primo attacco, uccidendo due studenti. Duplice delitto nello stesso complesso che aveva frequentato nel 2000, coincidenza non casuale.

Passano due giorni è arrivato il secondo colpo: l’assassinio di Nuno Loureiro nel sobborgo di Brookline, a Boston. Valente ha preso di mira l’ex compagno di corso, portoghese come lui, il capo di uno dei dipartimenti del prestigioso MIT, un personaggio nell’ambiente accademico. Uno che, a differenza di Claudio, ce l’ha fatta. Compiuto l’agguato Valente si è nascosto nel deposito e, stando alle ultime versioni, si è suicidato il 16 dicembre. Accanto le armi, munizioni in abbondanza, caricatori «lunghi», un corpetto antiproiettile, delle chiavette USB, diversi documenti di identità e numerosi cellulari. Non sappiamo se l’omicida abbia contattato in precedenza Loureiro e non ci sono elementi per dire se avesse un risentimento nei confronti dello scienziato. Lo dovranno scoprire le indagini. 

È, però, evidente che il percorso di Valente ricorda quello degli sparatori di massa, di solito più giovani. Identificano i «nemici» (veri o inesistenti), decidono di spazzare quelli che considerano un ostacolo ai loro progetti, sono spinti dal desiderio di «vendetta» e si considerano vittime di «ingiustizie» (immaginarie). Un modo per negare i propri insuccessi, nascondere le difficoltà e magari altri problemi. La differenza rispetto ad altri è il lungo lasso di tempo trascorso tra i giorni del fallimento, con l’uscita dalla Brown, e quelli della ritorsione.

20 dicembre 2025 ( modifica il 20 dicembre 2025 | 12:50)