di
Fabrizio Peronaci

La svolta legata all’audizione della testimone (il 20 giugno 2024) davanti alla Commissione d’inchiesta. Il giallo del nome sullo spartito di musica. L’irritazione dei parlamentari

I tanti e spesso ingiustificati «non ricordo». L’asserita non conoscenza di amiche presenti il 22 giugno 1983, di cui non può essersi dimenticata. I cambi di versione sull’aver visto o no Emanuela Orlandi fuori dall’uscita della scuola di musica. La ricostruzione, incerta e lacunosa, della consegna del suo numero di telefono alla ragazza scomparsa. E, ancora, il precipitoso allontanamento da Roma della giovanissima testimone.
Eccoli, i principali punti oscuri della ricostruzione di Laura Casagrande, 56 anni, l’ex compagna delle lezioni di musica indagata dalla Procura di Roma, nella persona del sostituto Stefano Luciani, per false informazioni al Pm. La svolta, arrivata 42 anni dopo i fatti e a quasi 10 anni dall’archiviazione del 2016 fortemente voluta dall’allora procuratore Giuseppe Pignatone, riporta i riflettori su uno dei luoghi-chiave del giallo: la scuola di musica «Tommaso Ludovico da Victoria» dalla quale Emanuela uscì attorno alle 19 del 22 giugno 1983, negli stessi minuti in cui fece una telefonata a casa dicendo di aver ricevuto una proposta di lavoro per la ditta di cosmetici Avon, per poi svanire nel nulla.

Possibili contatti con Marco Accetti

Laura Casagrande era da mesi al centro di indiscrezioni, una delle quali vale la pena ricordare prima di intraprendere il lungo viaggio nei misteri della sua ricostruzione. Eccola. Il reo confesso Marco Accetti, riconosciuto come il telefonista detto “l’Americano” da tre perizie foniche, è alla Casagrande che avrebbe fatto riferimento (senza però comunicarne ufficialmente il nome, nella memoria consegnata a inquirenti e commissione parlamentare), nell’ambito di una sua ulteriore rivelazione, l’aggancio di un’altra minorenne “attenzionata” in quel periodo, Antonella Fini: «La ragazza che riconsegnò la borsa alla Fini davanti alla scuola di via Montebello fu la stessa che ha visto Emanuela Orlandi l’ultima volta in corso Rinascimento». Il fotografo oggi 70enne, che il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo avrebbe voluto mandare a processo (qui lo scontro con il suo capo, Pignatone, sull’archiviazione), conosceva dunque la donna oggi indagata per reticenza?



















































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L’indizio dello spartito

E vediamo adesso il quadro completo delle presunte “false informazioni” rese da Laura Casagrande, partendo da un atto ufficiale fino a ieri sottovalutato, il resoconto dell’audizione tenuta dalla testimone davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta il 20 giugno 2024. È in questa sede che sono emerse omissioni, se non tentativi di depistaggio, che a più riprese hanno indisposto i 40 deputati e senatori. Illuminanti, in aggiunta alle reticenze su coetanee anch’esse interrogate, i passaggi sulla “vacanze forzate” fuori Roma, il ruolo di suor Dolores e la gestione di un indizio importantissimo, lo spartito del compositore spagnolo Hugues, che fu fatto ritrovare dai rapitori nel settembre 1983, come prova del possesso della ragazza, sul frontespizio del quale c’era scritto a penna, con grafia sua, il nome di Laura, il telefono e l’indirizzo di casa (oltre a quello di due amiche, Carla De Blasio e Gabriella Giordani).

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L’audizione-choc

Ecco dunque, dall’esame ragionato dell’audizione, molte delle verità sul giallo Orlandi che potrebbero finalmente affiorare, in seguito alla svolta del nuovo avviso di garanzia. La seduta del 20 giugno 2024, come tutte le altre, si svolse nell’aula dedicata di Palazzo San Macuto.
PRESIDENTE Andrea De Priamo. Signora, ci può riferire quello che ritiene possa essere di interesse e di utilità rispetto all’indagine?
Laura CASAGRANDE. Io ed Emanuela non frequentavamo lo stesso corso alla scuola di musica, in quanto io facevo il corso di pianoforte e lei quello di flauto traverso. Noi ci siamo conosciute in occasione delle lezioni di canto corale. Brevi scambi di saluti, qualche battuta. Non c’era né un’amicizia né una conoscenza molto approfondita. All’epoca ero una ragazzina di 14 anni, molto timida. Pian piano avevo preso un po’ confidenza anche con gli altri. Verso la fine dell’anno accademico comunicavamo un po’ di più quando aspettavamo la lezione. Tante cose di lei non le so proprio. Sapevo soltanto che abitava nella Città del Vaticano e ricordo che mi fece un po’ strano, era la prima volta che conoscevo una persona che abitava lì. Poiché avevo la passione per lo scambio epistolare, scrissi sul suo quaderno di musica il mio indirizzo, per poterci scambiare una cartolina. Le scrissi, incautamente, il mio telefono e indirizzo, che, dopo quel che successe, vennero pubblicati: questo non rese molto contento mio padre.

«Mamma era emozionata»

PRESIDENTE. Il suo indirizzo fu pubblicato dove?
CASAGRANDE. Sugli organi di stampa. Anche adesso, se si fa una ricerca su Internet, si vede la foto del libro di solfeggio con il vecchio indirizzo della casa di famiglia.
PRESIDENTE. Fu fatta una telefonata a casa sua, in seguito a questo? (da notare un’imprecisione. Il ritrovamento del libello musicale è del 4 settembre 1983, quindi successivo  di due mesi, e non antecedente, al primo contatto dei rapitori con la famiglia Casagrande, che avvenne l’8 luglio).
CASAGRANDE. Dopo un paio di settimane, arrivò una telefonata in cui dei soggetti si presentarono chiedendoci se volevamo contribuire al caso di Emanuela. Mia mamma rispose: certo che vogliamo aiutare. Le dissero di prendere carta e penna e cominciarono a dettare un messaggio lunghissimo, che è agli atti. Mamma si fermò dopo poche righe, perché non era capace di scrivere sotto dettatura. Quando cominciò a capire di cosa si trattava, si emozionò. Allora mi chiamò e disse: Laura, continua tu. Dopo qualche riga, continuai a scrivere il messaggio. Chiusa la telefonata, portammo il messaggio all’Ansa. Noi, terrorizzate, facemmo quel che ci fu detto di fare.

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«Non uscimmo insieme»

PRESIDENTE. Questo telefonista disse anche che sapeva che voi tornavate a casa insieme, giusto?
CASAGRANDE. Non lo ricordo. Noi uscivamo da scuola e qualche volta facevamo pochi passi insieme. Arrivavamo a una fermata nei pressi di corso Rinascimento, appena girato l’angolo delle Cinque Lune, ma non tornavamo a casa insieme. Lo escludo.
PRESIDENTE. Non prendevate lo stesso autobus per tornare a casa?
CASAGRANDE. Forse è capitato qualche volta. Non ricordo di aver fatto mai la strada con lei.
PRESIDENTE. Non credo che lei non possa avere fissato nella memoria il giorno della scomparsa di Emanuela. È un evento che appartiene ormai alla storia d’Italia. Ci può dire nel modo più ampio e chiaro possibile quel che ricorda? Se, per esempio, ebbe modo di parlare con Emanuela? Se ebbe modo di vederla chiamare casa: la famosa telefonata? (da questo passaggio si potrebbe desumere qualche dubbio dei commissari anche sul fatto se la chiamata a casa ci sia stata davvero o no, ndr)
CASAGRANDE. Quel giorno non venne alla lezione di coro. La aspettavo, perché era una delle ragazze con le quali avevo più legato. Non la vidi arrivare o arrivò molto tardi, a lezione cominciata. Poi, non ho assistito all’uscita. Non uscimmo insieme, me ne sarei ricordata.
Questo è un passaggio nodale, come si vedrà a breve: confusione di idee o deliberata omissione?

«Raffaella chi?»

PRESIDENTE. Lei conosceva Raffaella Monzi?
CASAGRANDE. Forse era una delle ragazze del coro?
PRESIDENTE. Sì. Avevate rapporti?
CASAGRANDE. Era un po’ più grande di noi? Io ed Emanuela eravamo coetanee. Siamo coetanee. Però, non avevo nessuna conoscenza approfondita, né con Emanuela e né con questa Raffaella. Non avevamo confidenza. Mai una volta a casa, mai a studiare insieme o andare ad una festa. Non abbiamo mai condiviso questi momenti al di fuori della scuola di musica.
La risposta  d’istinto “era un po’ più grande di noi?”, e il definirla “questa” Raffaella, sembrano voler accreditare una (impossibile) non conoscenza. 
Da questo momento la testimone comincia a essere incalzata da deputati e senatori. Su un punto in particolare: se vide o no Emanuela all’uscita dalla lezione di canto.

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«Lei si contraddice»

Domanda del vicepresidente della commissione Roberto MORASSUT (Pd). Signora Casagrande, anche se sono passati tanti anni, è importante qualche sforzo in più su due momenti di quella giornata. Un momento è il prima, su cui qualcosa lei ci ha detto, nel senso che Emanuela arrivò in ritardo. Adesso, chiederle l’ora sarebbe troppo, non arriverò a questo….
CASAGRANDE. Forse da qualche parte negli atti è riportato l’orario.
MORASSUT. Oltre al rimprovero che Emanuela ebbe per essere arrivata tardi dal maestro di flauto, il momento importante è il dopo, perché lei qui ci ha detto che non ricorda di averla vista. Però, vi sono due dichiarazioni da lei fatte, una alla squadra Mobile e una ai carabinieri. In una, dice di averla vista alla fermata degli autobus 70 e 26; nell’altra, di averla vista da lontano, mentre frettolosamente si avviava verso l’autobus. Ogni tanto si girava e la vedeva. Sono dichiarazioni che non collimano su un momento culminante, su dove si trovasse Emanuela. Questo è un fatto importante, ma lei ci conferma adesso che non ricorda di averla vista. Terza domanda. Chi vi fece conoscere? Perché lei parlò di una persona che vi mise in contatto: si ricorda chi?
CASAGRANDE. No.
MORASSUT. Traggo sempre queste informazioni dagli atti.
CASAGRANDE. Rimango basita.
La dimenticanza stupisce la stessa diretta interessata…

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«Anche con suor Dolores si confuse»

MORASSUT. Della sua testimonianza sull’uscita esistono diverse versioni. Adesso lei ce ne offre una terza, quella di non averla mai vista. L’ultima domanda riguarda suor Dolores, che risulta le abbia telefonato la mattina presto, alle 5, e poi alle 11. Anche lì, lei ricordò e non ricordò rispetto al fatto di aver visto o non aver visto Emanuela all’uscita (traggo sempre dagli atti). Era una figura molto presente nel rapporto con voi ragazze? Il numero di telefono era su un bigliettino, che sembra sia stato poi reperito da chi rapì Emanuela dalla tasca dei suoi jeans, o stava sullo spartito? Anche questo è importante. Lei ha parlato di uno spartito.
CASAGRANDE. Sullo spartito c’era sicuramente l’indirizzo.
MORASSUT. Perché sembra invece che Emanuela l’abbia scritto su un pezzettino di carta e l’abbia messo in tasca e poi da lì sia stato recuperato per fare la fatidica telefonata. Non ricorda il momento in cui Emanuela appuntò il suo numero? Non ricorda nulla: un vuoto di memoria totale (qui si avverte una punta di ironia del deputato, ndr).
CASAGRANDE. Ero una bambina. Mi sento mortificata, ma non ricordo di averla vista, non ho quell’immagine di cui lei mi ha letto.

«I miei mi portarono in Umbria»

Avanti. Tocca ora a un parlamentare di maggioranza, anche lui interessato alla faccenda dello spartito. 
Paolo Emilio RUSSO (Forza Italia). Una domanda sullo spartito, che poco fa ha definito un quaderno. Volevo capire se lei ha conoscenza di chi abbia scritto i nomi, tra cui il suo, e quale fosse la finalità. Quei nomi erano scritti o appiccicati in una specie di collage?
CASAGRANDE. Adesso non ricordo se l’avessi scritto io o lei, ma il motivo per cui le avevo dato il mio indirizzo era uno scambio di cartoline durante l’estate. Io ho dato il mio indirizzo, ma sugli altri indirizzi non le so dire. Non ricordo di bigliettini.
RUSSO. Un banale scambio di indirizzi, che non nascondeva messaggi strani (anche qui traspare una lieve ironia, ndr). 
CASAGRANDE. Una cosa ingenua tra ragazzine.
RUSSO. Volevo solo capire se, per caso, avesse immaginato che nascondesse qualcosa, se ci fossero dei segnali. Quanto alla possibilità che dopo la telefonata il vostro telefono sia stato messo sotto controllo?
CASAGRANDE. Suppongo di sì. Ricordo, i primi giorni, anche una pattuglia all’inizio della stradina privata, perché mio padre era disturbato da questi giornalisti. Infatti, non passarono molti giorni e io fui portata in un paesino in Umbria da mia nonna a passare delle vacanze forzate in posto un po’ isolato. 

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«Vuoto di memoria totale»

E ora interviene una deputata M5S, che ritorna sui buchi di memoria all’uscita. 
Stefania ASCARI: l’8 luglio 1983 lei fu sentita dai carabinieri e dichiarò che si era voltata alcune volte e aveva visto che Emanuela era alle sue spalle, a circa 20 metri da lei. Arrivata quasi alla fine di corso Rinascimento, si era di nuovo girata e aveva visto gli altri amici, ma non Emanuela, che non c’era più. Poco dopo, lei dice, è salita sull’autobus 64 in compagnia dell’amica M. T. P. Qui vorrei delle precisazioni. È possibile identificare questi amici o amiche? Secondo lei Emanuela ha attraversato la strada? Si è fermata in attesa di un altro autobus? Poi, riguardo M. T. P., chi è? L’ultima domanda è se conosceva, quale studentessa della scuola di musica, una certa Federica. Infine, Emanuela le aveva fatto negli ultimi tempi qualche confidenza?

La tensione sale

CASAGRANDE. Non ho memoria alcuna. Non ricordo nulla di tutto quello che ha riletto della mia deposizione dell’epoca. Ho un vuoto totale.
ASCARI. Chi è M. T.?
CASAGRANDE. Era una mia compagna. Andavamo insieme a casa. Abitavamo vicino, in zona Bravetta, quindi quando coincidevano le lezioni si faceva il percorso insieme.
A questo punto il presidente disattiva il sistema di registrazione pubblico per acquisire nome e cognome della nuova testimone: si tratta di Maria Teresa Papasidero, poi audita anche lei dalla commissione.
ASCARI. E il nome Federica le ricorda qualcosa
Si tratta di un nome appuntato sul diario di Emanuela a fianco alla domanda: “Indovina chi è?”. Altro mistero finora irrisolto.
CASAGRANDE. No.
All’ennesimo diniego, la tensione sale ancora. 

«Non digeriamo queste risposte»

Il senatore De Priamo manifesta palese irritazione e la redarguisce, minacciando di farla giurare, esponendola quindi a provvedimenti penali caso di reticenze (cosa oggi avvenuta). 
PRESIDENTE: signora, sono costretto a ricordarle che noi stiamo esercitando la forma della libera audizione, ma, a fronte di un totale vuoto rispetto a dichiarazioni fatte non da altri ma da lei, in futuro potremmo dover esercitare la forma dell’escussione testimoniale, sotto giuramento. Per cui, l’invito è a fare mente locale almeno rispetto a quello che lei ha dichiarato. Appare tutto oggettivamente molto strano. Dimenticare di averla vista il giorno in cui è scomparsa: capisce bene che, per una Commissione parlamentare, è difficile digerire una risposta del genere.

«Quella domanda coraggiosa…»

A dar manforte al presidente della Commissione si aggiunge ora il collega di partito (Fratelli d’Italia).
Dario IAIA: riguardo la telefonata di cui ci ha riferito prima, è chiaro che sua madre le passò il telefono perché era spaventata. Aveva capito e non riusciva a scrivere. Lei conferma che, durante la telefonata, fu lei stessa a chiedere all’anonimo interlocutore chi avesse dato allo stesso il numero di telefono?
CASAGRANDE. Sì, è possibile.
IAIA. Sa perché le faccio questa domanda? Perché il fatto che una ragazzina di 15 anni, che comunque si trova in una situazione del genere, con un’amica che è scomparsa, abbia il coraggio di fare questa domanda mi incuriosiva. Quindi conferma che fu lei a dire: chi le ha dato il numero di telefono?
CASAGRANDE. Sì.
È un altro passaggio dirimente: i parlamentari-investigatori stanno di fatto lasciando intendere che l’allora ragazzina potesse sapere – e sappia tuttora – di più su chi telefonò. 

«Non conosco, non ricordo…»

IAIA. Lei conosceva e conosce la signora Alessandra Cannata? Non le dice niente questo nome?
CASAGRANDE. No.
Il botta e risposta continua serrato, con i ricordi che continuano a evaporare, anche rispetto a un’altra figura chiave, Raffaella Monzi, la ragazza alla quale Emanuela confidò di aver ricevuto una proposta di lavoro per distribuire volantini della Avon.
IAIA. Le chiedo questo, perché la signora Cannata ci ha riferito che lei accompagnava tutti i giorni o quasi Emanuela dalla scuola alla fermata, che era lei un po’ la persona che Emanuela frequentava di più.
CASAGRANDE. Facevamo un pezzo di strada insieme, ma non sempre, perché non sempre le lezioni coincidevano.
IAIA. Ci fa il nome di qualche sua amica dell’epoca che frequentava queste lezioni di coro? Anche di una sola.

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L’indagine sui capelli

CASAGRANDE. Forse Raffaella, perché è stata citata prima dal presidente.
PRESIDENTE. Quindi adesso se la ricorda?
CASAGRANDE. Ma perché l’ha citata lei. Era una conoscenza abbastanza superficiale, ci incontravamo a lezione.
PRESIDENTE. Prima ha proprio risposto che non la conosceva.
CASAGRANDE. Prima, quando l’ha citata il Presidente, lì per lì non ricordavo, ma poi ho detto sì, me la ricordo e le ho detto che era un po’ più grande di noi.
IAIA. Diciamo che adesso la ricorda e che la conosceva di nome. Un’altra domanda, che potrebbe apparire un po’ anomala: lei ricorda come portava i capelli in quel periodo? Corti o lunghi?
Alt, è un passaggio sul quale soffermarsi, per capire dove il deputato stia andando a parare: Raffaella Monzi dichiarò di aver visto dall’autobus Emanuela parlare con una ragazza dai capelli scuri e ricci. Il suo ultimo contatto con il mondo esterno prima di essere ingoiata dal mistero.
CASAGRANDE. Non ricordo bene, ma non erano corti. Erano di media lunghezza, fino alle spalle.
IAIA. Ci descrive il carattere di Emanuela? Una ragazza introversa, estroversa, allegra, riservata?
CASAGRANDE. Sicuramente non estroversa, normale.

«Lasciai la scuola, ero scossa»

Altro tentativo di far chiarezza: eventuali nuovi testimoni. 
IAIA. Ricorda il nome di qualche ragazzo?
CASAGRANDE. No. Poi, a settembre, non mi iscrissi più alla scuola di musica.
PRESIDENTE. La lasciò perché era rimasta scossa?
CASAGRANDE. Sì.
IAIA. Quindi, dopo questo episodio, ha trascorso queste vacanze forzate in Umbria per un paio di mesi e dopo non ha più frequentato. Per una sua scelta o della sua famiglia?
CASAGRANDE. Ho chiesto io di non andare. Non me la sentivo più. Io ero e sono una persona molto emotiva e ho imparato come tecnica, come avrete visto, in quanto sto facendo delle figure pessime, a rimuovere per andare avanti. Ho avuto diversi esaurimenti nervosi nella mia vita… Veramente mi scuso.

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«Si facevano mille ipotesi»

PRESIDENTE. Stia tranquilla, l’importante è che ci dica quello che si ricorda. L’interrogatorio passa al senatore Marco SCURRIA (FdI): ma lei che idea si è fatta di quello che può essere successo ad Emanuela, anche nello scambio di opinioni in famiglia, piuttosto che con amici e amiche?
CASAGRANDE. Si facevano mille ipotesi. Un’idea chiara non ce l’ha nessuno.
SCURRIA. Chiedo perché magari c’è stato un momento in cui, al di là di quello che oggi non ricorda, le può essere venuto in mente qualche particolare, qualche situazione. Ne parlavamo prima anche con i colleghi: sembra quasi che questa vicenda, per quanto sia molto particolare, perché vi ha colpito personalmente, e pur essendo diventata un fatto nazionale eclatante, poi quasi scompaia dalle relazioni tra le persone che l’hanno vissuta. Nessuno ne parla…
CASAGRANDE. Non so cosa rispondere.

«Mi scusi, ma lei ebbe paura?»

Di nuovo: amnesie totali. Adesso è un ex segretario del Pd, Gianni Cuperlo, a vestire i panni dell’onorevole-detective, mettendo in campo anche la sua esperienza di genitore… 
CUPERLO. Signora Casagrande, non deve sentirsi mortificata. D’altra parte, lei oggi è una donna adulta, matura. Ci ha anche che suo padre era rimasto infastidito o turbato dalla pubblicità che il vostro indirizzo. Mentre la ascoltavo, essendo genitore di una figlia oramai adulta, ho pensato a che cosa avremmo vissuto io e mia moglie se, a 14 anni, nostra figlia avesse letto, sui giornali, della scomparsa di un’amica. Da genitori, saremmo stati assaliti da un sentimento di angoscia per la sorte di questa ragazzina scomparsa, ma anche di enorme paura pensando a nostra figlia. Vorrei chiederle, più umanamente, se nei giorni successivi, la bambina di allora, di quattordici anni, ebbe paura.
CASAGRANDE. Sì, ebbi paura e, psicologicamente, non ero più in grado di ricominciare lì dentro. Non mi sentivo di tornare in quei luoghi, poteva capitare anche a me. Anche se non è capitato, io non sono mai stata adescata né avvicinata da nessuno. Non ebbi la forza di tornare, per una fragilità mia, e lasciai gli studi di musica.

CUPERLO. Per quanto giovane, posso immaginare che in famiglia qualche commento con i suoi genitori fu fatto. L’impressione era quella di un adescamento?
CASAGRANDE. Certamente, non che fosse andata via da sola.
CUPERLO. Di tutte le persone sue coetanee e adulte (gli insegnanti, la suora), che gravitavano attorno alla scuola, le è mai capitato di incontrarne qualcuna nei mesi e anni successivi?
CASAGRANDE. Forse suor Dolores, una volta.
CUPERLO. Ricorda quando in particolare?
CASAGRANDE. Dopo, sicuramente. Mi fece queste domande: ma tu sei stata mai avvicinata da qualcuno? Ti ha mai importunato qualcuno?

«Non ho la certezza che sia morta»

Si torna ora al famoso spartito… Al microfono la senatrice della Lega Daisy PIROVANO: signora, lei ricorda quando Emanuela le ha detto che abitava al Vaticano?
CASAGRANDE. Me l’ha detto in occasione dello scambio degli indirizzi, ma lo sapevo già da prima.
PIROVANO. Non è che, magari, glielo ha detto perché dovevate vedervi o doveva andare da lei?
CASAGRANDE. No, lo escludo. Non c’era frequentazione a casa con nessuno.
PIROVANO. Lei si è mai sentita responsabile per quello che è capitato, a livello di vita quotidiana della sua famiglia nei mesi seguenti, per il semplice fatto di aver lasciato quell’indirizzo? Senza cattiverie, ma ha mai detto a sé stessa: dovevi stare più attenta?
CASAGRANDE. Sono stata più attenta, anche perché mio padre mi fece riflettere su questo: di non dare gli indirizzi e i numeri di telefono con leggerezza.
PIROVANO. Lei, in maniera anche abbastanza emozionante, ha parlato di Emanuela al presente dicendo: lei è mia coetanea. Lei, in fondo, spera ancora che sia viva.
CASAGRANDE. Sì, perché non c’è la certezza che sia morta e quindi finché non c’è la prova provata io ne parlo al presente.

«Dopo ho fatto la permanente»

E ora attenzione alla deputata Cinquestelle Stefania ASCARI. Domanda: Anch’io le chiedo se si ricorda come portava i capelli all’epoca. Più precisamente: ha mai avuto, signora Laura, i capelli ricci e scuri quando era adolescente?
CASAGRANDE. Sì, ho fatto la permanente successivamente a questi fatti: l’estate successiva o quella stessa estate.
È uno snodo chiave, che è stato forse tenuto presente ai fini dell’emissione dell’avviso di garanzia: precisando con ottima memoria (al contrario che in precedenza…) di aver fatto la permanente dopo la scomparsa, e non prima, la Casagrande sta togliendo se stessa dalla scena vista dalla Monzi, vale a dire l’ultimo contatto tra Emanuela e una giovane rimasta sconosciuta, in corso Rinascimento?  Il dubbio dei parlamentari pare questo.
MORASSUT. Mi perdoni se torno con delicatezza su un punto. Se lei adesso fa mente locale, con tutte le nebbie del caso, degli anni e del tempo trascorso, e immagina corso Rinascimento, nella sua mente, lei vede o no Emanuela?
CASAGRANDE. No, quell’immagine del tardo pomeriggio, anche dopo aver riascoltato il testo della deposizione, non la ricordo.
MORASSUT. Quindi è uscita, è andata verso l’autobus, è tornata a casa e non ha visto Emanuela. È molto importante questo punto, perché sulla presenza di Emanuela in quella in strada ci sono diverse ipotesi.
Qui il riferimento, oltre che al contatto con “la ragazza dai capelli ricci e scuri”, è al presunto aggancio davanti al Senato di Emanuela da parte di un uomo (Marco Accetti, Renatino De Pedis, qualcun altro?) che potrebbe averla fatta salire nella famosa Bmw di colore scuro.

«Mai rivisto nessuno»

Ecco Maddalena MORGANTE, deputata di Fratelli d’Italia: vorrei tornare sulle lezioni di canto. Ricorda altri nomi, oltre quello di Raffaella Monzi?
CASAGRANDE. No.
MORGANTE. Il nome di Maria Grazia Casini (altra amica sentita in commissione, ritenuta importante nella ricostruzione, ndr) non le dice nulla?
CASAGRANDE. No. Io ho frequentato la scuola soltanto quei mesi di quell’anno accademico. È stato il mio primo e unico anno. Non ho più né rivisto e né frequentato nessuno, avendo poi interrotto bruscamente. 
MORGANTE. Ricorda se Emanuela avesse legato con qualche amica in particolare?
CASAGRANDE. No.
MORGANTE. Non ricorda neanche, ritornando a quel mercoledì 22 giugno, se, alla fine della lezione di canto, Emanuela stesse aspettando qualche sua amica, fuori o nell’atrio davanti all’uscita, per dirigersi verso corso Rinascimento? Lei non ricorda che Emanuela fosse uscita con la Monzi e con la Casini?
CASAGRANDE. Di questa Casini non ricordo neanche l’aspetto.
MORGANTE. Scusi se insisto su questa domanda, ma lei quindi il 22 giugno non ha visto Emanuela uscire da scuola, da sola o con qualche amica? Non l’ha vista.
CASAGRANDE. Non ricordo.
MORGANTE. Non ricorda neanche che, qualche giorno dopo, suor Dolores abbia fatto qualche domanda, a qualcuno di voi, per cercare anche di ricostruire chi fosse quella ragazza con i capelli ricci alla fermata dell’autobus?
CASAGRANDE. Io non vorrei sbagliarmi, ma la scuola venne chiusa nei giorni successivi.

«Ho il buio totale»

Siamo ormai agli sgoccioli dell’audizione choc, caratterizzata da un clima teso, più simile a quello che si respira nelle questure quando un sospettato è posto sotto stress da chi interroga…
Nel finale è ancora il vicepresidente a evidenziare un’altra dimenticanza, ammesso solo di questo si tratti.
MORASSUT: risulterebbe dagli atti che Emanuela disse che andava di fretta, che doveva uscire presto perché aveva trovato un lavoretto. Questo lo disse a lei. Ricorda?
CASAGRANDE. Quel giorno lì? Ho il buio.
Sconfortato, il presidente De Priamo si avvia a chiudere l’audizione. L’ultima rimozione la segnale il suo vice.
MORASSUT. Suor Dolores non la chiamò alle 5 di mattina?
CASAGRANDE. Guardi, sono rimasta sconvolta già quando l’ha detto prima. Alle 5 di mattina? Fece una telefonata a casa mia alle 5 di mattina? Assolutamente no.
Siamo alla fine. The end (almeno per ora) a questa ennesima puntata di una saga criminal-complottistica che non smette di dare sorprese. Il “buio” è la parola che riassume la testimonianza, ritenuta fondamentale, dell’ex compagna di musica di Emanuela Orlandi. Tocca ora alla Procura – giocando di sponda con i parlamentari improvvisatisi detective – tentare per l’ennesima volta di fare luce su uno dei misteri più torbidi e intrecciati dell’ultimo mezzo secolo. (fperonaci@rcs.it)


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20 dicembre 2025 ( modifica il 20 dicembre 2025 | 16:20)