Il nuovo percorso conduce naturalmente verso l’affascinante chiostro trecentesco, dove i lavori, portati avanti dall’agenzia W Architecture di Bernard Voinchet, continuano fino al 2027. Sono già stati restaurati le coperture, il sistema di recupero delle acque piovane e il pozzo del giardino. Resta ora da intervenire sulle snelle colonnine e i capitelli scolpiti, perfettamente conservati ma anneriti dal tempo e dall’inquinamento, che verranno puliti con la tecnica al laser. Per la riapertura della chiesa adiacente del XV secolo bisognerà attendere fino a metà 2026: a quel punto anche la chiesa entrerà a far parte del percorso, insieme a un’altra ala del museo, con le sale gotiche che saranno destinate alle mostre temporanee. Solo a quel punto la visita potrà dirsi davvero completa.

Un’altra scelta significativa della direttrice è stata di «far entrare l’arte contemporanea nel museo», affidando a Pablo Valbuena, Flora Moscovici e Stéphanie Mansy la realizzazione di installazioni site specific lungo il percorso. Per la Sala romanica, nell’antico refettorio che ospita la ricca collezione di capitelli provenienti dai chiostri delle chiese locali, si è invece deciso di conservare (almeno temporaneamente) l’installazione scenografica di lampade colorate dell’artista statunitense Jorge Pardo, creata nel 2014 e a suo tempo molto criticata. Il Petit Salon è ora destinato alle mostre tematiche, rinnovate ogni anno. Per l’inaugurazione, è stato scelto il tema del cielo, con prestiti provenienti dai musei d’arte di Tolosa.

Al centro del progetto curatoriale resta tuttavia la valorizzazione della collezione permanente. Le opere sono distribuite volutamente in modo inaspettato anche negli spazi di passaggio, tutti spettacolari: l’atrio, i corridoi, la scalinata… Al piano superiore, si percorrono le due grandi gallerie, ricostruite nell’800, il Salone verde (dedicato al XVII e XVIII secolo) e il Salone rosso (XIX secolo). Qui si concentrano le opere maggiori della collezione, tra cui la «Giuditta» di Valentin de Boulogne (1625 circa), il «Ritratto della baronessa di Crussol» di Élisabeth Vigée Le Brun (1785), la «Giovane ragazza in un parco» di Berthe Morisot (1888-93) e ancora opere di Hyacinthe Rigaud, Guardi, Eugène Delacroix, Toulouse-Lautrec, Maurice Denis, le sculture di Alexandre Falguière e diverse nuove acquisizioni, tra cui «Le Cauchemar» di Eugène Thivier (1894). Qui la direttrice ha compiuto la scelta non semplice di esporre meno opere, ma di rendere la visita più fluida e piacevole: «Volevo spazi di ampio respiro per lo sguardo, spiega. L’allestimento resta cronologico, ma introduce accostamenti mirati e crea dialoghi tra le opere, pitture e sculture, con l’obiettivo di coinvolgere il visitatore e stimolare riflessioni moderne. Il percorso interroga per esempio sulla persistenza degli stereotipi di genere in opere che hanno contribuito a forgiare il nostro immaginario. In questo modo, conclude la direttrice, mettiamo in evidenza una triplice storia: quella dell’arte, quella delle idee e quella degli uomini».