Il protagonista della scoperta è un pianeta dalla forma, dalle dinamiche e dall’atmosfera uniche che, almeno in parte, restano ancora un mistero.
A effettuarla è stato ancora lui: il James Webb Space Telescope (JWST), il più grande, complesso e costoso satellite (10 miliardi di dollari) mai lanciato nello spazio. Il “Webb” porta il nome del capo della NASA che negli anni Sessanta credette allo sbarco sulla Luna entro la fine del decennio (come promesso da John F. Kennedy) e, dalla sua posizione privilegiata nel punto lagrangiano L2 a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, sta ripagando ampiamente gli astrofisici di tutto il mondo. Dopo i “puntini rossi” scovati nelle profondità del cosmo lo scorso settembre — troppo grandi per essere galassie comuni — ecco ora la scoperta di un esopianeta dalla bizzarra forma ovale.
Un “Giove” a forma di limone carico di diamanti
Il telescopio spaziale Webb è stato lanciato esattamente quattro anni fa, proprio il giorno di Natale del 2021. Fu una festività di lavoro per gli scienziati della NASA e dell’ESA, dato che il Webb venne portato in orbita in modo impeccabile da un razzo Ariane 5 dalla base della Guyana Francese. “Una scelta ponderata”, ci spiegò lo scienziato del JWST Matthew Greenhouse. “Per inviare il più grande telescopio spaziale della storia, che ha dovuto azionare autonomamente 40 componenti critiche, ci siamo affidati al vettore europeo, uno dei più affidabili in assoluto”.
Ora, scrutando tra le stelle della nostra Galassia, il Webb ha individuato PSR J2322-2650b, un oggetto di massa comparabile a Giove ma con un’atmosfera esotica dominata da elio e carbonio, mai vista prima. Gli scienziati ipotizzano che nelle profondità del pianeta le nubi di carbonio possano condensarsi e formare diamanti. “È stata una sorpresa che ci ha lasciati a bocca aperta”, ha dichiarato Peter Gao del Carnegie Earth and Planets Laboratory di Washington, coautore dello studio. “Ci siamo subito chiesti: ‘Che diavolo è questo?’. È ben diverso da ciò che ci aspettavamo”.
La strana forma e il sistema “Vedova Nera”
Secondo i ricercatori, sono le intense forze gravitazionali della stella a conferire al pianeta la sua caratteristica forma a limone. PSR J2322-2650b si trova infatti a soli 1,6 milioni di chilometri dal suo astro (per confronto, la Terra dista dal Sole circa 149 milioni di chilometri). A causa di questa vicinanza estrema, l’intero anno del pianeta dura appena 7,8 ore. Le temperature sono proibitive: si va dai 650 °C della zona “fredda” agli oltre 2000 °C di quella più calda.

Questa illustrazione mostra come potrebbe apparire l’esopianeta chiamato PSR J2322-2650b (a sinistra) mentre orbita attorno a una stella di neutroni in rapida rotazione chiamata pulsar (a destra). Come si sia formato il pianeta è un mistero. (NASA)
Nonostante il calore, sono state rilevate molecole di carbonio puro, che solitamente non si formano in presenza di ossigeno o azoto; ciò suggerisce un’atmosfera estremamente povera di altri elementi. Il sistema può essere considerato un esempio di “Vedova Nera”, un termine usato dagli astrofisici per descrivere pulsar che “consumano” i propri compagni, sebbene questo caso sia atipico. Dei 6.000 esopianeti conosciuti, questo è l’unico simile a un “Giove caldo” che orbita attorno a una pulsar.
“Non si è formato come un pianeta normale”, spiega Michael Zhang dell’Università di Chicago, ricercatore principale dello studio. “È difficile immaginare come si possa ottenere una composizione così arricchita di carbonio. Sembra escludere ogni meccanismo di formazione conosciuto”. Roger Romani, del Kavli Institute, aggiunge un dettaglio suggestivo: “Man mano che il pianeta si raffredda, il carbonio all’interno inizia a cristallizzarsi, creando nubi di cristalli puri che galleggiano nell’elio”.
Il futuro: dal Nancy Grace Roman all’Habitable Worlds Observatory
“Il Webb continuerà a spalancare nuove frontiere e ad aggiornare i testi di astronomia”, afferma Greenhouse. Ma la NASA guarda già oltre. Nonostante il JWST sia operativo da poco, ha già dei successori in fase di sviluppo.
“È nelle fasi finali di sviluppo il Nancy Grace Roman Space Telescope“, ci spiega Massimo Robberto, scienziato italiano del team Webb. “Avrà un campo visivo 100 volte superiore a quello di Hubble e verrà lanciato nel 2027 per studiare l’energia oscura e gli esopianeti”. Ma la vera sfida del futuro sarà l’Habitable Worlds Observatory: “Un gigante con uno specchio da 8 metri”, conclude Robberto, “dedicato specificamente alla ricerca di mondi potenzialmente abitati e allo studio dell’universo nell’ultravioletto”.