Per anni Breaking Bad è stata considerata il punto di riferimento assoluto delle serie crime contemporanee, regalando al pubblico un gioiello quasi irraggiungibile di scrittura. Eppure, tra gli appassionati più attenti e i cinefili sempre a caccia di perle dimenticate, circola da tempo un nome che torna con insistenza. Stiamo parlando di Mr Inbetween, una serie australiana poco conosciuta dal grande pubblico, ma che per molti rappresenta una delle esperienze più sorprendenti e sottovalutate del genere.

Disponibile in streaming su Disney+, Mr Inbetween ha debuttato nel 2018 su FX negli Stati Uniti, conquistandosi una fanbase fedele senza mai diventare un vero fenomeno mainstream. Eppure la serie creata, scritta e interpretata da Scott Ryan riesce a mescolare violenza, ironia e umanità con inaspettato equilibrio, ricordando per certi versi proprio l’acclamato show di Vince Gilligan, pur non scandendo mai nella mera imitazione.

Al centro della storia c’è Ray Shoesmith, un sicario professionista di Sydney dai modi bruschi e dal codice morale tutto suo. Ray lavora per conto di Freddy, losco intermediario che gestisce uno strip club, ma al tempo stesso è un padre presente, un fratello premuroso e un amico leale. La sua vita è quindi un precario ma costante equilibrio tra ordinaria quotidianità – la spesa, le chiacchierate con la figlia, le responsabilità familiari – e improvvise, brutali esplosioni di violenza. Un contrasto che diventa la vera cifra stilistica della serie.

Mr Inbetween nasce come evoluzione diretta del cult The Magician, film indipendente del 2005 realizzato dallo stesso Ryan durante gli studi universitari. Quel mockumentary ruvido e minimalista introduceva già il personaggio di Ray, ma è nella serie che l’idea trova la sua forma definitiva, evolvendosi in un’opera più stratificata e sorprendentemente emotiva.

La serie suggerisce per il suo protagonista un passato militare oscuro e una personalità forgiata da traumi mai del tutto esplicitati, tuttavia uno degli aspetti più affascinanti di Mr Inbetween è proprio il suo rifiuto di giudicare. La serie non è interessata a redimere Ray né a condannarlo apertamente. Non c’è un grande arco criminale, nessun piano titanico alla Walter White. C’è solo un uomo che cerca di sopravvivere, giorno dopo giorno, in un mondo che gli concede ben poche alternative. In questo senso, Ray ricorda più Tony Soprano che i moderni anti-eroi della serialità, ma senza la sovrastruttura dell’autoanalisi psicologica.

A rendere il tutto ancora più efficace è la durata media dei 26 episodi della serie, che si attesta intorno ai 30 minuti. Fattore che rende la narrazione costruita intorno alla filosofia del “less is more” asciutta ed essenziale, sempre più rara nella serialità contemporanea. Ogni episodio si rivela infatti una piccola lezione di scrittura e ritmo, capace di passare dal grottesco al tragico nel giro di poche battute.

Mr Inbetween non cerca di stupire con colpi di scena roboanti o con una mitologia complessa, ma si evolve lentamente accumulando tensione per poi colpire e e lasciare il segno. In definitiva, è proprio la sua apparente semplicità a renderla una delle serie crime più autentiche e riuscite degli ultimi anni. Se amate Breaking Bad, Barry o i ritratti criminali senza filtri, è davvero il momento di recuperarla su Disney+.

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Foto: Hulu

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