di
Edoardo Semmola
Il cantautore che vive dov’è nato, sull’Appennino tosco-emiliano: «Se pensate che nel 1911 ci vivevano 7.000 persone, e che oggi sono appena 1.400… Si è svuotato quasi tutto, è rimasto molto poco»
Ripubblichiamo l’intervista di Edoardo Semmola a Francesco Guccini, pubblicata a marzo, una delle più apprezzate dalle nostre lettrici e dai nostri lettori
La casa sul confine dei ricordi / la stessa sempre, come tu la sai / E tu ricerchi là le tue radici / se vuoi capire l’anima che hai.
È passato mezzo secolo da questi versi dedicati alla sua Pavana, Francesco Guccini. La casa è sempre la stessa, quella dei suoi genitori. I ricordi idem. Ma la vita lassù sull’Appennino pistoiese?
«Raccontare cos’è diventata la vita qui è un discorso molto vasto, quasi quanto il comune di Sambuca Pistoiese che si estende per 77 chilometri quadrati ed circondato da tre fiumi: se pensate che nel 1911 ci vivevano 7.000 persone, e che oggi sono appena 1.400… Si è svuotato quasi tutto, è rimasto molto poco».
La sua Pavana è un po’ il centro di riferimento di tutto il Comune, a cavallo tra dialetti e culture che prendono dal toscano e dall’emiliano in egual misura.
«È la frazione più popolosa con i suoi 700 abitanti, ma distante diversi chilometri dagli altri due paesi principali, Sambuca in alto sul monte, e Treppio. Ma sono numerosissimi i piccoli borghi da una quindicina di abitanti ciascuno intorno, molti completamente disabitati per tutto l’anno tranne l’estate, con distanze proibitive da coprire per qualsiasi cosa. Con Porretta che sta a 4 km parliamo anche un dialetto diverso, che a sua volta è diverso anche dal sambucano. Il Comune è uno, ma sono mondi diversi».
Il sindaco Breschi ha scritto una lettera, un appello, per sensibilizzare le persone ai problemi del territorio.
«È un territorio povero, dove è rimasto solo il terziario come settore produttivo, non esiste nessun altro tipo di attività, solo una schiera di pensionati».
Da quando registrate questa situazione?
«Dal dopoguerra è stato un lento declino, ma senza più giovani, e senza negozi che aprono, cos’altro pensiamo possa accadere?»
Rimane un forte orgoglio da comunità resistente.
«Orgogli, al plurale. Perché i pavanesi non si sentono sambucani o treppiantesi. C’è anche qualche contrasto tra noi».
Il sindaco parla di una cultura millenaria che tiene duro.
«Tiene… si fa per dire. Prima ogni piccola frazione aveva la sua scuola, ora ne è rimasta solo una, a Pavana, elementare e media insieme. Ma stanno pensando di chiudere anche quella: non ci sono più bambini. Gli unici rimasti sono i figli degli Elfi, gli hippy».
L’emergenza principale è quella del medico, che non c’è.
«Ce n’è solo uno, bravissimo, Ettore, che però è sceso a Pistoia e non ha un sostituto. Ma ci vuole bene e ci segue. Poi c’è Lucia, l’unica infermiera di tutta la montagna, che si dà da fare moltissimo. Vanno su e giù per i monti, instancabili. Senza la loro buona volontà, no so cosa potremmo fare».
Nonostante tutte le difficoltà, nonostante i suoi quasi 85 anni, lei molto tempo fa ha deciso di tornare a vivere lassù dov’è nato.
«Mio padre era pavanese dai tempi in cui era ancora provincia di Firenze. Ci sono tornato per tanti motivi legati alle radici e ai sentimenti. Per l’infanzia soprattutto».
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25 dicembre 2025 ( modifica il 25 dicembre 2025 | 16:59)
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