La scorsa settimana è uscito anche in Italia Una pallottola spuntata, quarto film di una delle saghe comiche demenziali più apprezzate degli anni Novanta, tratta a sua volta da una popolare serie tv. Diversamente da altri recenti tentativi di rilanciare serie comiche del passato, come Ghostbusters o Zoolander, finora Una pallottola spuntata è stato accolto in maniera prevalentemente positiva dalla critica, che ha apprezzato il lavoro di Akiva Schaffer, il regista del film, e la sua capacità di aggiornare i toni e la comicità della trilogia originale per adattarli a un pubblico diverso.
Sul sito specializzato Rogerebert.com il critico Brian Tallerico ha lodato soprattutto le molte trovate metanarrative – cioè i momenti in cui il film prende in giro sé stesso e alcuni meccanismi del racconto – che Schaffer ha inserito nel film per coinvolgere il pubblico e creare alcuni momenti di “rottura della quarta parete” (ossia in cui i personaggi si dimostrano consapevoli del fatto di essere personaggi di finzione). Come quando, in una delle prime scene, un criminale apre una cassetta di sicurezza per recuperare un misterioso oggetto etichettato “P.L.O.T. Device” (“espediente narrativo”), ossia un elemento inserito soltanto per far avanzare la trama.
Manohla Dargis del New York Times si è invece soffermata sul ritmo del film, che funziona anche grazie alla rapida successione di trovate tipiche della trilogia originale, come doppi sensi, freddure e gag slapstick, cioè che coinvolgono la fisicità dei personaggi. «Prese singolarmente molte delle battute potrebbero non funzionare, ma quando ci si trova in una bufera di neve non si nota ogni singolo fiocco», ha scritto Dargis.
Ha parlato bene del film anche Peter Bradshaw del Guardian, un critico piuttosto severo nei confronti di operazioni nostalgiche di questo tipo. Secondo Bradshaw, che ha assegnato al film 4 stelle su 5, Una pallottola spuntata ha funzionato perché Schaffer non si è limitato a omaggiare e riproporre l’umorismo tipico della trilogia originale, ma lo ha esasperato al massimo. In questo modo ha creato una specie di «parodia della parodia» che tutto sommato fa il suo dovere, ossia essere «divertente, godibile e dimenticabile».
Una delle recensioni più positive è stata quella di Chris Nashawaty, che su Esquire ha definito Una pallottola spuntata «il film di cui l’America ha bisogno in questo momento», sottolineando come il suo umorismo volutamente posticcio e fine a sé stesso, che molti considerano anacronistico e superato, sia in realtà ancora «il modo migliore (tra quelli legali) per divertirsi un paio d’ore spendendo meno di 20 dollari». Secondo Bilge Ebiri di Vulture, Una pallottola spuntata «potrebbe essere il primo passo per curare l’allergia di Hollywood alle commedie pure», cioè quelle in cui si ride semplicemente per il gusto di ridere, senza messaggi particolari, ironie troppo sofisticate o ambizioni di altro tipo.
L’altro aspetto apprezzato da praticamente tutte le recensioni uscite finora è l’interpretazione del nuovo protagonista di Una pallottola spuntata, Liam Neeson. Non era scontato, dato che la scelta di affidargli la parte aveva generato una certa perplessità tra addetti ai lavori e appassionati della serie.
Il film precedente, Una pallottola spuntata 33⅓ – L’insulto finale, era uscito nel 1994 ed era stato l’ultimo in cui a interpretare Frank Drebin, il serioso e maldestro tenente di polizia protagonista della saga, era stato Leslie Nielsen, attore di culto per i suoi molti ruoli in commedie demenziali come L’aereo più pazzo del mondo, Scary Movie 3, Dracula morto e contento e per l’appunto la trilogia di Una pallottola spuntata.
Neeson invece aveva un curriculum di altro tipo, quasi opposto. È conosciuto principalmente per i suoi ruoli drammatici (nel 1994 ottenne una nomination all’Oscar come miglior attore protagonista per Schindler’s List), e per questo motivo era considerato un attore troppo austero e impostato per interpretare in modo riuscito Frank Drebin Jr., figlio del protagonista dei primi tre film.
E invece, nonostante gli scetticismi iniziali, ha funzionato. Secondo Tallerico Neeson è stato «l’arma segreta del film», e ha saputo enfatizzare al massimo la sua apparente inflessibilità per rendere più efficaci le gag di Una pallottola spuntata: «la sua serietà imperturbabile si sposa perfettamente con il tono del film: un attore capace di essere incredibilmente intenso mentre fa cose assolutamente assurde», ha scritto.
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