«Sono partito per Londra e ho cominciato facendo il barista. E come primo intervento al museo, ho rifatto i bagni»
Non capita spesso a uno nato in un paese bergamasco di stringere la mano al Re d’Inghilterra. Livio Mazzoleni, 34 anni, padre elettricista, madre negoziante, diploma al Mascheroni e laurea in Architettura e Ingegneria a Lecco, è stato premiato dalla Regione come Voce lombarda nel mondo.
Mazzoleni, una lunga strada da Villa d’Adda ai reali inglesi.
«Ho iniziato nello studio di architettura di Gianluca Gelmini a Sotto il Monte, come assistente. Ho collaborato al rifugio alla diga del Gleno, al restauro dell’Albergo diurno, al ritorno della salma di Papa Giovanni».
Poi decide di partire.
«Le prospettive di lavoro erano limitate, poi avevo sempre vissuto e studiato fra Bergamo e Lecco, e volevo fare esperienza all’estero. Anche lo stesso Gelmini mi aveva consigliato di partire per allargare gli orizzonti. Era il 2019 e non c’era ancora la Brexit».
È partito da zero?
«Durante l’università avevo fatto uno stage con il Georgian Group, che si occupa della protezione dell’architettura del diciottesimo secolo e che fa uno po’ da Soprintendenza. Ho sempre avuto la passione per l’architettura storica».
Come ha trovato lavoro?
«È stato un mix di fortuna e di andarsela a cercare. Gli unici contatti a Londra erano con l’associazione Bergamaschi nel mondo. Non avendo esperienza in Gran Bretagna non trovavo lavoro come architetto, ma visto che dovevo pagare l’affitto ho cominciato a lavorare in un bar, in un negozio di arredamento, in una catena di mobili come designer. Ma intanto seguivo seminari e lezioni, anche per conoscere un po’ di gente».
E ha funzionato.
«A un seminario qualcuno mi ha detto che la National Gallery cercava personale per il Building Department. Non ci si pensa, ma nei grandi musei ci sono settori interi che si occupano di manutenzione e restauro. Ho fatto il colloquio e mi hanno preso».
Primo intervento?
«Ho rifatto dei bagni».
Cominciamo bene.
«Ero solo assistente del Project manager. Dopo qualche anno quell’incarico è andato a me. Noi interni ci occupiamo di progetti di media dimensione, fino a qualche milione di sterline, per quelli più importanti chiamano gli architetti famosi con i loro team».
Infine si è occupato del restauro dell’ingresso storico del principale museo d’arte inglese.
«Non viene più utilizzato, ma è il più noto e vistoso, essendo affacciato su Trafalgar Square. Un intervento durato quattro anni perché realizzato in varie fasi e anche sugli altri ingressi. Con lo smog di Londra c’erano statue completamente annerite. Siamo intervenuti sull’interno dell’ingresso, le pareti, le decorazioni, il marmo, le colonne, le dorature. E anche al restauro di gallerie interne e della Room 21 dove ci sono le opere di Van Dyck. Era parte di un progetto più ampio per i 200 anni dalla National Gallery».
Per questo è arrivato anche Re Carlo?
«Lui è molto vicino alla National Gallery, è venuto un po’ di volte a visitare i lavori, e in maggio è arrivato a inaugurare ufficialmente il nuovo ingresso, il nuovo allestimento e due ritratti ufficiali».
Cosa si pensa quando ci si trova davanti un re?
«Ci hanno detto di stare in piedi in attesa, non era del tutto previsto che passasse anche da noi. Ma è venuto a stringerci le mani e salutarci. È stato emozionante e surreale, non capita tutti i giorni».
È stato premiato come Voce lombarda: che cosa ha esportato di bergamasco?
«La testardaggine, la capacità di adattarci e di lavorare a testa bassa».
In Italia avrebbe avuto le stesse opportunità?
«Da ciò che sento credo che sia più difficile lavorare nel settore della cultura e avere uno stipendio con cui sostenersi. I musei inglesi hanno le difficoltà di tutto il settore ma sono ben finanziati».
Serve coraggio per partire.
«Iniziare da zero non è facile. Anche io a volte, all’inizio, mi dicevo: cosa sto facendo? Ma volevo comunque fare un’esperienza che mi portasse lontano dalla provincia. Devi avere motivazioni più forti oltre al lavoro, ed essere disposto a fare sacrifici e compromessi per arrivare dove vuoi arrivare. E rinunciare a tante cose, a partire dal cibo».
Si è adattato al cibo inglese?
«Per mangiare bene a Londra devi sapere dove andare. Alcuni ristoranti italiani non sono male».
27 dicembre 2025
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