Quando il film passa in America, cambia aria. “New York — New York, New Amsterdam, come vuoi chiamarla — deve sembrare fresca, luminosa, piena di sole”. Gli spazi, dice Bader, devono avere una qualità “da legno appena tagliato”, più netta, più aperta. Ed è curioso come lui e Fastvold arrivino allo stesso riferimento “indipendentemente”: “Ci siamo ritrovati a convergere su Hammershøi”, con i suoi “blu polverosi” e con gli scuri che diventano “neri gessosi”. Nei costumi entrano “tocchi di giallo, tocchi di rosso”. E anche il mondo Shaker, a quel punto, cambia registro. “Diventa più leggero, più esposto”, in armonia con paesaggio e luce, e impone una ricerca sulle sfumature che quasi non si vedono. “Non so quanti test avremo fatto” per infissi, panche, porte e finestre, perché “è una tonalità sottilissima” e “doveva essere perfetta” contro i costumi.